Parrocchie di Santo Stefano e San Leonardo
Casalmaggiore
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Il 9 aprile 2006, Domenica delle palme, si è costituito l'UFFICO STAMPA della parrocchia attraverso il quale il parroco e gli organismi parrocchiali manifestano le proprie valutazioni e riflessioni sui maggiori temi della vita ecclesiale e civile.

 

COMUNICATO DEL 27 GENNAIO 2010

Un contributo alla Giornata della Memoria
dello sterminio ebraico

Oggi, 27 gennaio 2010, Giornata della Memoria della Shoah, ci uniamo nel ricordo di tutte le vittime dei campi di concentramento nazisti e siamo vicini al popolo ebraico per quanto ha subìto nella sua millenaria storia, anche a causa di un antigiudaismo che è potuto crescere nella storia cristiana e di cui la Chiesa cattolica ha più volte chiesto perdono, anzitutto a Dio, oltre che al popolo ebraico.
Spiace che oggi, alla Camera dei Deputati, il Presidente Fini non abbia ricordato che, oltre agli ebrei e ad altre categorie di persone che sono state internate, non abbia fatto alcun riferimento ai cristiani, internati proprio in quanto cristiani. Spiace anche che il premio Nobel Elie Wiesel, nel suo nobile e applauditissimo discorso alla Camera, abbia ancora una volta insinuato il tema di un colpevole silenzio: “Il silenzio non ha mai aiutato le vittime”. Senza citarlo, è sempre e ancora Pio XII che viene messo sotto accusa, nonostante i radiomessaggi pontifici del Natale ‘42 e ‘43 siano una chiara denuncia della distruzione dell’uomo in nome della sua appartenenza a una razza piuttosto che a un’altra; nonostante l’opera intensa di accoglienza, da parte della Santa Sede, che ha salvato da morte certa circa 800 mila ebrei; nonostante sia stato più volte dimostrato che il suo silenzio è stato necessario per evitare stragi ancora maggiori; nonostante Golda Meir, primo ministro d’Israele dal 1969 al 1974 abbia detto: “Durante i dieci anni del terrore nazista, mentre il nostro popolo soffriva un martirio spaventoso, la voce del Papa (Pio XII) si levò per condannare i carnefici”; nonostante nel luglio del 1944, nella Roma appena liberata, una delegazione ufficiale di ebrei si recò dal Papa per ringraziarlo dell’aiuto della Chiesa durante la persecuzione; nonostante il silenzio di altri capi di Stato (vedi Francia, Inghilterra e Stati Uniti d’America), che sapevano ma non hanno mai parlato e ai quali nessuno mai ha rivolto le critiche che sono state, da un certo momento in poi, ingenerosamente rivolte a Pio XII.

Pubblichiamo, come contributo alla celebrazione di questa Giornata, due interventi. Il primo è di don Primo Mazzolari: è uno stralcio della sua omelia pronunciata nella sua chiesa di Bozzolo il giorno della morte di Pio XII (11 ottobre 1958). Il secondo è del nostro parroco, don Alberto Franzini, che scrisse una lettera, pubblicata dal giornale “Nuova Cronaca” il 7 febbraio 2001, sul tema degli Olocausti.

Dall’omelia di Don Primo Mazzolari
“Pio XII ha saputo parlare nell’ora in cui tutti tacevano”

“L’umanità in quei diciannove anni di pontificato di Pio XII ha attraversato i momenti, e non sono ancora terminati, più terribili della sua storia. L’oppressione e da una parte e dall’altra, l’indiscriminazione di una guerra che, ad un certo momento, era diventata una strage, il disprezzo della vita umana sotto tutti gli aspetti…e i poveri che ne soffrivano…e i principi fondamentali che reggono l’umanità calpestati…Chi ha gridato contro gli oppressori? Chi ha difeso i diritti dell’uomo? Chi ha salvato l’uomo come creatura di Dio? Chi non ha gridato, se non lui, contro tutti coloro che portavano la distruzione?
[…] Forse nessuno di coloro o pochi di coloro che , alla vigilia dei Natali tremendi ’40,’41, ’42,’43,’44, ascoltava alla radio forestiera i messaggi meravigliosi di difesa umana dei diritti dell’uomo forse s’è ricordato che tutti abbiamo un debito, anche se non crediamo, anche se non abbiamo la grazia di condividere la forza spirituale che gli ha dato la potenza e il rischio e il coraggio della parola. Dovevamo trovarci qui per dire un grazie a lui che ha saputo parlare nell’ora in cui tutti tacevano, perché tutti avevano paura, nell’ora in cui tutti accettavano il ludibrio dell’uomo. Bisognerebbe che fossero tutti qui, perché l’omaggio non va soltanto al padre della cristianità, al tutelatore dell’Italia nelle ore dolorose, ma al salvatore dell’umanità: colui che ha ricordato i principi del Vangelo che nessuno aveva più l’animo abbastanza forte e una dignità umana abbastanza elevata per poterli ricordare”.

Don Alberto Franzini


“Non dimentichiamo gli altri Olocausti”

Egregio direttore,
nulla da dire sulla necessità di tenere viva la memoria di quella profonda tragedia del Novecento che vide la Shoah, ossia l’olocausto di 6 milioni di persone che avevano l’unico torto di appartenere all’ebraismo. Come mai si è potuto arrivare a questo crimine contro l’uomo? Giovanni Paolo II ha dato una sua risposta, facendo visita, nel marzo dell’anno scorso, al Mausoleo di Yad Vaschem a Gerusalemme: “Solo un’ideologia senza Dio poteva programmare e portare a termine lo sterminio di un intero popolo”.
Da tempo però mi domando: come mai non si tiene viva la memoria di altri Olocausti che fanno parte integrante della storia del nostro Novecento, e che sarebbe ipocrisia rimuovere dalla nostra coscienza e dalla memoria delle generazioni più giovani? Parlo dell’Olocausto perpetrato dal socialismo reale: circa 100 milioni di morti in tutto il mondo; e parlo di quell’Olocausto silenzioso che produce 50 milioni di aborti all’anno: Olocausti sui quali la cultura dominante, gli operatori culturali, gli opinion leaders, i testi scolastici, tanti docenti e insegnanti – tutti coloro, insomma, che hanno l’incarico, spesso istituzionale, di illuminare e formare le coscienze - preferiscono far scendere un vergognoso e colpevole silenzio.
Se i lager meritano tutta la nostra condanna, i gulag non sono da meno. Che fine ha fatto la denuncia sui crimini del comunismo, pubblicata in Francia nel 1997 e tradotta l’anno dopo in Italia, a cura di Stéphane Courtois? Nel Libro nero del comunismo – così si intitola la pubblicazione – viene documentato – e non risultano smentite (anzi, qualcuno fra gli attuali dirigenti postcomunisti ha sentito subito il bisogno di dichiarare di non essere mai stato comunista!) – che al di là dei crimini individuali, i regimi comunisti, per consolidare i loro potere, hanno fatto del crimine di massa un autentico sistema di governo. Né si può dimenticare che i metodi usati da Lenin e da Stalin e dai loro seguaci (Mao-Tse-Tung, Kim Il Sung, Pol Pot…) non soltanto ricordano quelli nazisti, ma ne sono anche il precorrimento. E’ infatti documentato che Rudol Hoess, incaricato di creare il campo di Auschwitz, ricorda significativamente che era stata fatta pervenire in Germania dall’Unione Sovietica ampia documentazione sui campi di concentramento russi.
Come spiegare questo occultamento del terrore leninista e stalinista, a fronte dell’aperta condanna del nazismo? Certo, nulla o quasi si sapeva dei crimini del comunismo, anche se fin dal 1956 lo stesso Krusciov, nel famoso “rapporto segreto” reso noto durante il XX Congresso del Partito comunista dell’URSS, ha dovuto ammettere – non senza una grossa opposizione interna – le colpe di Stalin. Sono poi seguite le denuncie dei dissidenti sovietici, alcuni dei quali si sono rivelati scrittori di grande qualità (i vari Solzenicyn, Sacharov, Bukovskij…), che hanno pagato con l’esilio la loro dissidenza.
Ma perché l’Occidente ha dato prova di questa straordinaria cecità di fronte ai crimini del comunismo? Forse per il timore della potenza sovietica, forse perché il comunismo occidentale rivelava un volto più democratico e più “illuminato”, forse per il rispetto della divisione del mondo nei due blocchi decisa a Yalta, forse per il cinismo di politici e affaristi di ogni colore, che hanno costruito ingenti fortune col comunismo, oltre che con il variegato capitalismo. O forse perché, più subdolamente, come insinua lo stesso Courtois, dopo il 1945 il comunismo ha capito benissimo quanto potesse servire alla propria causa l’enfatizzazione dell’antinazismo e dell’antifascismo: la singolarità e l’eccezionalità del genocidio ebraico hanno finito per monopolizzare e per totalizzare l’idea stessa di terrore di massa, impedendo di percepire, anzi coprendo crimini del tutto simili perpetrati nel mondo comunista.
Oggi che è caduto l’impero sovietico e si sono aperti gli archivi dell’Est, dovremmo essere finalmente tutti più coraggiosamente liberi di fare i conti anche con il passato comunista, per ricostruire una storia europea che intenda davvero esaurire la grande questione del totalitarismo: un totalitarismo che ha conosciuto una versione hitleriana, ma anche una versione leninista e stalinista, come coraggiosamente il nostro Papa va dicendo da anni.
Quanto all’altro Olocausto, quello dell’aborto, tocchiamo un altro nervo scoperto della cultura dominante: basti dire che l’aborto è diventato, grazie allo stravolgimento linguistico artatamente usato, solo “interruzione di gravidanza”; che l’embrione e il feto sono solo “prodotto del concepimento”; che l’aborto viene iscritto fra i “diritti di libertà” della donna; che la “pillola del giorno dopo” viene fatta passare – in nome di una scienza ideologicamente pilotata - come semplice “pillola contraccettiva” (anziché, come è in realtà, pillola abortiva), per toccare con mano l’ipocrisia di una cultura che, ancora una volta, piange e scende sulle piazze protestando contro la pena di morte e le violenze sui minori, e copre scientemente di silenzio quel delitto, l’aborto, che il Concilio Ecumenico Vaticano II (non una setta di fondamentalisti, ma l’assemblea di tutti i vescovi della Chiesa cattolica) chiama “abominevole”, insieme all’infanticidio: abominevole, perché, colpisce la vita del più debole fra i deboli, del più indifeso fra gli indifesi. E quando una società diventa incapace di tutelare il più debole dei suoi membri, può autodefinirsi emancipata fin che vuole, ma in realtà è così affetta dal morbo del cinismo e dell’utilitarismo da conferire un sapore di sinistra ipocrisia a tutte le sue denuncie sul destino dell’uomo, a tutte le sue lacrime sui dolori del mondo, a tutte le sue proteste sui disastri ecologici.
E’ rimasta soltanto la Chiesa, con la Giornata per la Vita, a tenere deste le coscienze. Un domani, quando le generazioni future si accorgeranno del danno che sulle coscienze ha provocato la legislazione sull’aborto – un danno che, oltre a colpire milioni di esseri umani mai nati, sta portando la ragione dell’uomo ad un naufragio dalle incalcolabili conseguenze - chi si dovrà accusare di silenzio e di correità con la cultura necrofila? Quale tribunale potrà mai giudicare un tale “crimine contro l’umanità”?

Don Alberto Franzini
Parroco di S. Stefano in Casalmaggiore

Lettera a Nuova Cronaca, Casalmaggiore, 4 febbraio 2001



 

 

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