Sì alla moratoria
Lettera di adesione del parroco all'appello per la moratoria
per l'aborto, lanciata da Giuliano Ferrara, direttore de
"Il Foglio", il 19 dicembre 207
Caro Direttore,
aderisco cordialmente e convintamene alla Sua proposta di
una moratoria per laborto. Finalmente, il Suo appello
del 19 dicembre scorso ha sdoganato questo tema cruciale,
finora o chiuso nel perimetro del popolo cattolico
(comunque anchesso parte integrante del popolo italiano!,
e quindi con tutto il diritto e il dovere, costituzionalmente
garantito dallart. 21, di manifestare liberamente
il proprio pensiero) o univocamente monopolizzato da
coloro che, usciti vincitori dal referendum sulla 194, non
hanno mai contrastando gli elementari diritti di ogni
matura democrazia, e perfino silenziando chi, fino ad oggi
(compreso il card. Ruini), pur non approvando la 194, ne ha
ripetutamente chiesto lapplicazione integrale
voluto riaprire il problema, ribadendo, con pervicacia irrazionale,
che la 194 non si tocca. Anche Benedetto XVI,
con il garbo che gli è abituale nella scelta del lessico,
ma con la fermezza che gli è altrettanto abituale sui
contenuti, ha auspicato lapertura di un pubblico dibattito
- che non è mai venuto meno nella Chiesa cattolica
sulla sacralità della vita umana.
Si è aggiunta in questi giorni la riflessione del ministro
Amato, per tanti aspetti condivisibile e apprezzabile, laddove
afferma che la legge 194 doveva servire come una iniezione
di consapevolezza, di responsabilità, di disponibilità
di supporti e di aiuti, e proprio per attuare lo spirito
della legge, la quale afferma non già un diritto,
ma la liceità penale di una scelta tragica. Ma
è davvero così? Nella cultura di massa, invece,
laborto è diventato un diritto e chi ha tentato
di rimuovere, secondo lo spirito e la lettera della stessa
194, le cause di una scelta tragica, è
stato messo alla gogna e accusato di oscurantismo e di negazionismo
dei diritti fondamentali.
Trovo invece almeno due contraddizioni nella riflessione di
Amato.
La prima: non cogliere la profonda analogia delle due moratorie.
Si tratta in realtà di evitare pericolose schizofrenie
culturali, piuttosto frequenti nel nostro tempo, e che sono
debitrici nientaltro che a posizioni ideologiche. La
vita che non può esser negata neppure al peggior delinquente,
perché dovrebbe essere sacrificata nel caso dellembrione?
Non si tratta della stessa sostanza umana? Dello stesso palpito
umano? Si faccia vedere a un bambino qualsiasi di una qualsiasi
scuola elementare lecografia di un feto e chiedetegli:
è qualcuno o è qualcosa? Appartiene alle cose
o appartiene allumanità? La risposta sarà
meravigliosamente univoca. Dunque, le due moratorie sono strettamente
imparentate, anzi, sono due facce dello stesso rispetto della
vita. Amato scrive: Ho sempre chiamato bambino, non
feto, la creatura che cresce nel ventre materno. Che
cosa impedisce allora ad Amato, alla sua razionalità,
alla sua onestà intellettuale, di essere conseguente
fino in fondo, se non una schiavitù ideologica, ossia
la dipendenza da un concetto di progresso che vuole a tutti
i costi ridurre a cosa lembrione e vuole
a tutti i costi rendere la madre proprietaria di una vita
che, una volta accesa, è da lei distinta e quindi chiede
il sommo amore, appunto il diritto di nascere
e tutto laiuto possibile a nascere?
La seconda contraddizione. Amato è debitore di un altro
luogo comune, quando vorrebbe mettere insieme, mentre in realtà
cade in una pericolosa deriva che sfiora il razzismo, gli
embrioni e i bambini del Darfur e i figli degli immigrati.
Proprio perché bisogna amare gli embrioni come
i bambini e i bambini come gli embrioni, che senso ha
lanciare un grido di pietà verso i bambini poveri e
derelitti del mondo e non impedire che 50 milioni allanno
di embrioni siano privati della vita? I primi contano forse
più dei secondi, se anche gli embrioni sono bambini?
Quando una società diventa incapace di tutelare il
più debole dei suoi membri, che è il cucciolo
umano, può autodefinirsi emancipata fin che vuole,
ma in realtà è così affetta dal morbo
del cinismo e del soggettivismo da conferire un sapore di
sinistra ipocrisia a tutte le sue denuncie sui mali della
società, a tutte le sue lacrime sui dolori del mondo,
a tutte le sue proteste sui disastri ecologici, a tutte le
sue marce contro la guerra.
I diritti umani non consentono scelte arbitrarie: simul stabunt,
simul cadunt. Ogni selezione porta inevitabilmente a forme
di discriminazione e di ingiustizia.
Caro Ferrara, siamo in tanti con lei, perché siamo
in tanti con la vita. Grazie.
Don Alberto Franzini
Parroco di Santo Stefano
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