Nota del parroco dopo l'approvazione dello Statuto Comunale
da parte del Consiglio Comunale di Casalmaggiore. Nota apparsa
su "La Vita Cattolica" del 4 ottobre 2007
Per quanto mi è dato di capire attraverso la stampa
locale, il Consiglio Comunale di Casalmaggiore, nellapprovare
lo Statuto comunale, ha dichiarato doversi prendere atto
delle altre forme di convivenza fondate su legami affettivi
e, pur affermando la distinzione fra famiglia quale è
prevista dallordinamento costituzionale e le altre
unioni solidaristiche, ha altresì dichiarato la pari
opportunità di accesso di queste ultime alla rete
dei servizi sociali. Non so quale sia il valore giuridico
di tali dichiarazioni, che sono in contrasto con lattuale
dettato costituzionale, che prevede soltanto una tipologia
di famiglia, ossia lunione stabile fra uomo e donna
attraverso il patto matrimoniale. Certo è:
1. che se non si specifica almeno che le unioni che hanno
rilevanza sociale, per ovvii motivi, sono soltanto quelle
fra uomo e donna, si finisce per dare rilevanza sociale
a ogni tipo di unione affettiva, anche a quelle convivenze
che possiedono soltanto una finalità privatistica,
e sulle quali è bene che sia soltanto il diritto
privato a occuparsene. Una pubblica Amministrazione deve
venire incontro non a ogni tipo di unione e di convivenza
basata su vincoli affettivi, che può rispondere legittimamente
a desideri personali (come ad esempio le convivenze fra
due persone omosessuali, la convivenza di due amici, di
due fratelli, di una badante con una persona anziana
.),
ma a quelle unioni che hanno appunto rilevanza sociale,
e dunque si avvicinano in qualche modo alla istituzione-famiglia,
quali appunto le convivenze fra uomo e donna;
2. che il principio di non discriminazione che viene
sbandierato da coloro che sostengono la legalizzazione della
unioni di fatto vale soprattutto in senso contrario:
ossia è di fatto la famiglia fondata sul matrimonio
che viene discriminata nei confronti delle altre libere
convivenze. E discriminante, questo sì, qualsiasi
norma che trattasse in modo paritario situazioni che sono
oggettivamente differenti. Che senso di giustizia potrebbe
manifestare una società che mettesse sullo stesso
piano coloro che decidono di assumersi, oltre che i diritti,
anche tutti i doveri del matrimonio, e coloro che invece
liberamente scelgono un altro regime di convivenza, di tipo
non matrimoniale? Come si possono avanzare pretese sui diritti,
se liberamente si sceglie di respingere anche gli obblighi
e le responsabilità, e dunque anche i doveri
del matrimonio?;
3. che, con tali normative, si finisce per portare acqua
al mulino del relativismo e del conformismo, che già
affliggono il mondo giovanile. Le conseguenze sarebbero
devastanti, perché la nostra società, che
ha bisogno di una forte coesione, quale solo la famiglia
può assicurare, consentirebbe progetti di vita che
aumenterebbero il tasso di precarietà e di fragilità
relazionale e indebolirebbero la volontà di scelte
più impegnative e più stabili, le sole che
possono costruire una società più solida e
coesa, le sole che permettono e fondano uneducazione
serena e forte dei nostri ragazzi.