NO DI 200 MEDICI CREMONESI ALLA SENTENZA
DEL PROPRIO ORDINE PROFESSIONALE SUL CASO WELBYWELBY
I medici, tanti medici, si mobilitano contro il proprio
Ordine, reo di aver "sdoganato" la strada verso
l'eutanasia. Succede a Cremona, dove duecento camici bianchi
ieri hanno presentato un documento al presidente del loro
Ordine provinciale per dire un secco no ad altri casi "Welby".
Di fatto, è una severa critica ai vertici della categoria
che il primo febbraio scorso, nell'ambito di una Commissione
disciplinare istituita ad hoc, ha giudicato deontologicamente
corretto l'operato del dottor Mario Riccio, l'anestesista
che nel dicembre scorso ha staccato la spina a Piergiorgio
Welby. Archiviato quel procedimento, ora i medici di Cremona
fanno sentire la propria voce e dichiarano di non riconoscersi
nelle deliberazioni unanimemente espresse dalla Commissione
Disciplinare. Tra i primi firmatari, i medici Paolo Emiliani
(chirurgo), Alessandro Inzoli (oncologo), Claudio Maffini
(psichiatra), Franco Pecchini (neurologo), Alberto Rigolli
(ginecologo) e Paolo Votta (chirurgo). I medici richiamano
con convinzione il fatto che il principio d'autodeterminazione
del paziente sancito dal codice deontologico della professione
medica agli articoli 20 e 35 non può prevaricare il
presupposto dell'inviolabilità della vita umana che
è garantito dalla Costituzione.Pubblichiamo INTEGRALMENTE
il testo della lettera.
Cremona, febbraio 2007
Egregio sig.Presidente,
in riferimento alle conclusioni assunte dalla Commissione
disciplinare dellOrdine da Lei presieduta, riteniamo
che non siano stati dissipati, dal punto di vista deontologico,
i dubbi che sin dallinizio hanno circondato la morte
del sig. Welby.
In particolare:
Riteniamo che il principio di autodeterminazione del paziente
- art.20 e 35 del codice deontologico - non possa prevaricare
il principio della inviolabilità della vita umana,
costituzionalmente sancito, che rappresenta il fondamento
non solo della professione medica, ma più in generale,
dello stato di diritto;
Riteniamo che la professione medica non debba subire una deriva
di tipo contrattuale tale da rendere il medico mero esecutore
dei desideri espressi dal paziente fra malato e medico
infatti deve crearsi unalleanza terapeutica allinterno
della quale il medico è chiamato ad agire in scienza
e coscienza;
Riteniamo che debba essere ribadito con forza che la relazione
medico paziente non può mai essere orientata a procurare
la morte del paziente (art 17 del codice deontologico:
il medico, anche su richiesta del paziente, non deve effettuare
né favorire trattamenti finalizzati a provocarne la
morte) ;
Riteniamo lesivo della nostra deontologia il fatto che la
professione medica, specialmente quando si faccia carico del
paziente terminale, cronico o gravemente disabile, si presti
a spettacolarizzazioni mediatiche e a campagne strumentali
per la legalizzazione di pratiche eutanasiche espressamente
vietate dal codice deontologico ;
Riteniamo che sia stato quantomeno discutibile qualificare
sostegni vitali essenziali ed efficaci- come respirazione
assistita, alimentazione e idratazione- alla stregua di terapie
inefficaci, futili, o sproporzionate, soprattutto dopo il
noto pronunciamento del Consiglio Superiore di Sanità;
Riteniamo che in attesa di conoscere le esatte cause di morte
del sig.Welby, per prudenza non si sarebbero dovuti emettere
giudizi capaci di condurre ad un paradossale conflitto fra
una condotta medica giudicata deontologicamente ineccepibile
e diritto penale;
Riteniamo che la vicenda Welby presenta aspetti che dovevano
lasciare quantomeno spazio ad un ragionevole dubbio, tenuto
conto anche delle funzioni di indirizzo dei pronunciamenti
dellOrdine;
Riteniamo che le decisioni assunte contraddicano la bimillenaria
tradizione ippocratica che ha reso possibile lo sviluppo della
medicina così come oggi la conosciamo e la pratichiamo,
a partire da una concezione che riconosce valore alla vita
umana quale che sia la sua condizione .
Pertanto i sottoscritti medici non si riconoscono nelle deliberazioni
unanimemente espresse dalla Commissione Disciplinare del proprio
Ordine di appartenenza
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