Parrocchie di Santo Stefano e San Leonardo
Casalmaggiore
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Il 9 aprile 2006, Domenica delle palme, si è costituito l'UFFICO STAMPA della parrocchia attraverso il quale il parroco e gli organismi parrocchiali manifestano le proprie valutazioni e riflessioni sui maggiori temi della vita ecclesiale e civile.

 

COMUNICATO DEL 4 DICEMBRE 2006


Il papa Benedetto XVI ha compiuto (28 novembre - 1° dicembre 2006) un Viaggio Apostolico in Turchia. Questa riflessione di don Alberto compare sul settimanale diocesano "La Vita Cattolica" di giovedì 7 dicembre 2006.

Benedetto XVI in Turchia

Benedetto XVI ha osato. E ha avuto ragione di osare. Sì, perché ha sfidato impopolarità, pregiudizi, proteste, pericoli anche sulla sua incolumità personale. Dalla sua aveva la forza della fede e della ragione. In quattro giorni è riuscito – ma questo è un prodigio dello Spirito di Dio, che apre sempre strade nuove sui vecchi sentieri dell’uomo – ad abbattere il muro di ostilità e di diffidenza che non solo i lupi grigi, ma i pecoroni di tutte le chiese, laiche e religiose, avevano artatamente costruito: attorno a questo viaggio e attorno alla sua persona e alla sua limpida e coraggiosa predicazione.
Papa Benedetto XVI ha attinto, oltre che dal suo cuore, gioioso come quello di un fanciullo semplice, oltre che dalla sua fede, granitica come quella degli apostoli e dei padri della Chiesa, oltre che dalla sua intelligenza, fortemente radicata nella ragione, anche dal millenario patrimonio di una tradizione – ricca di martiri, di santi, di teologi, di testimoni - che non teme le tempeste: non perché non siano pericolose o anche disastrose, ma perché gli tsunami della storia e degli animi non possono travolgere la barca della Chiesa, guidata da un Timoniere che è passato attraverso i marosi della Passione e della Morte per darci la Vita.
E così Papa Benedetto XVI, fin dal suo incontro con i giornalisti sull’aereo che lo portava in Turchia, ha espresso, con la serenità dell’uomo di fede e con la robusta consapevolezza di una cultura che affonda nel profondo, il senso del suo viaggio: un viaggio che, ha tenuto a precisare, “non è un viaggio politico, ma pastorale”, con lo scopo di attivare finalmente un “dialogo autentico”. Non un dialogo proclamato con slogan inconcludenti e alla fine deludenti, non un dialogo sbandierato con svendite rassegnate della propria identità, non un dialogo offerto con sconti indecenti sulle proprie ragioni e sulla propria storia. Un dialogo che si radica invece sulla verità: una verità offerta sempre con l’umiltà di un “lavoratore della vigna” che porge alla libertà, al cuore e all’intelligenza del suo interlocutore cibi solidi e bevande inebrianti.
Che cosa ha detto di importante il Papa di Roma? Ha anzitutto confermato nella fede la piccola comunità cattolica, mostrando al mondo che la fecondità della fede non dipende dai numeri, ma dalla qualità cristiana del vivere, anche e soprattutto dentro alle difficoltà e alle strettoie di una testimonianza al Signore risorto che può richiedere lacrime e sangue. Ha abbracciato il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, al quale ha assicurato che “la Chiesa Cattolica è pronta a fare tutto il possibile per superare gli ostacoli” e per arrivare all’unità, anche identificando meglio “le vie nelle quali il ministero petrino potrebbe oggi essere esercitato, pur rispettandone la natura e l’essenza”. Con Bartolomeo I Papa Ratzinger ha firmato una “Dichiarazione comune”, per ribadire la necessità di annunciare insieme il Vangelo nel mondo di oggi, che corre i pericoli della secolarizzazione, del relativismo e del nichilismo. A più riprese ha riaffermato, con forza, il diritto alla libertà religiosa, “testimone e garante del rispetto di ogni altra libertà”. Ha ribadito l’incompatibilità (come non pensare al famoso discorso di Ratisbona?) fra violenza e fede religiosa: “l’uccisione di innocenti nel nome di Dio è un’offesa a Lui e alla dignità umana”. Dichiarando il suo profondo rispetto per l’islam e per la cultura turca, ha ricordato, proprio di fronte al Presidente per gli Affari Religiosi della Turchia, che cristiani e musulmani sono chiamati ad offrire nella società odierna una risposta credibile alla questione più importante, riguardante il significato e lo scopo della vita, per ogni individuo e per l’intera umanità, svuotando cosi alla radice quel secolarismo laicista che sembra essere diventato la nuova religione delle cancellerie occidentali e che il Papa stesso ha definito una “via cieca, senza uscita”: perché, impedendo all’uomo di aprirsi al trascendente, non riconoscendo a Dio il posto che Gli spetta, con l’esclusione ideologica del ruolo pubblico della religione, finisce con il creare deserti e desolazioni di ogni tipo. Ha rimarcato che “la missione della Chiesa non consiste nel difendere poteri, né ottenere ricchezze, ma è di donare Cristo”. Infine, il Papa ha pregato, anche in moschea: è stato forse il gesto che ha colpito di più, e non solo mediaticamente, perché ha esposto al mondo che la preghiera in un luogo sacro è l’atteggiamento più nobile e più alto, più vero e più libero, dell’uomo, di ogni uomo, ridando dignità pubblica all’esperienza religiosa.
Papa Benedetto ha mostrato, ancora una volta, di non essere un sottomesso: né al conformismo dilagante di una ragione debole e relativista, né alle violenze e alle minacce dei fondamentalismi e dei fanatismi fideistici. Si è finalmente avviata la stagione di un dialogo vero, a tutto campo? La sfida è stata aperta dal Papa di Roma. Troverà amici e compagni di viaggio in Occidente e in Oriente? O si troverà, ancora una volta, solo, abbandonato vilmente da chierici e da laici?

Don Alberto Franzini



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