E scontro tra il ministro Rosy Bindi e LOsservatore
Romano
Alle dichiarazioni del ministro per la Famiglia, on. Rosy
Bindi, rilasciate sul Corriere della Sera di ieri, 22 maggio
2006, riportiamo il commento, non firmato, de LOsservatore
Romano, il quotidiano della Santa Sede.
PACS intervento sul tema da parte di
un ministro
ACROBAZIE DIALETTICHE
A DANNO DELLA FAMIGLIA
Diciamo subito che non meraviglia il fatto di dover leggere
lennesima evoluzione acrobatica sul tema delle coppie
di fatto. Semmai qualche briciolo di meraviglia la si
prova nel constatare che a fronte dei tanti problemi che nel
Paese ci sono da affrontare, e in special modo quelli riguardanti
le molte difficoltà che le famiglie italiane devono
affrontare quotidianamente, ci si affretti con grande zelo
ad occuparsi di questioni che evidentemente invece stanno
molto a cuore a chi si occupa della cosa pubblica. Dobbiamo
dunque prendere atto di una teoria molto complessa: secondo
il ministero della Famiglia (famiglia al singolare)
quando si parla di coppie di fatto il diritto
privato non basta, perché poi, dice il ministro, il
diritto privato deve essere riconosciuto dai terzi, e quindi
diventa pubblico. Epperò guai a parlare di riconoscimento
pubblico alle coppie di fatto, perché altrimenti
il ministro apparirebbe come il ministro dei Pacs,
e questo, dice il ministro, non è vero.
Ora, a parte loriginale interpretazione relativista
del diritto privato (qualsiasi diritto per essere tale deve
essere opponibile a terzi, altrimenti non è diritto,
almeno stando a quello che viene insegnato in tutte le scuole
e le università), quello che colpisce è appunto
lo sforzo sovrumano di cercare argomenti per difendere posizioni
indifendibili, almeno dal punto di vista cattolico.
Sulla questione dei pacs, delle unioni civili,
delle coppie di fatto, in qualsiasi modo le si
vogliano chiamare, lOsservatore Romano è intervenuto
già da tempo, e vale la pena richiamare almeno il chiarissimo
intervento di Francesco DAgostino il 19 maggio scorso,
che ha il merito, fra gli altri, di sfrondare il campo dalla
pesante pellicola di ipocrisia che si posa inesorabilmente
sui tanti dibattiti che si tengono sul tema. Due considerazioni
vanno comunque riproposte: è necessario, nel dibattito,
distinguere fra coppie eterosessuali e omosessuali. E
una distinzione importante perché la convivenza fra
persone eterosessuali è già regolata nel diritto
civile attraverso il matrimonio (per il quale, va evidentemente
ricordato, cè bisogno delle cosiddette pubblicazioni)
e non si spiega perché lo Stato debba intervenire sulla
sfera privata per dare tutela pubblica a chi invece si è
già rifiutato di averla. A meno di non voler elaborare
un matrimonio light che francamente finisce per
contraddire le stesse sventolate esigenze dei conviventi.
Ma la questione è anche unaltra: limpressione
è che le convivenze eterosessuali siano usate semplicemente
come grimaldello, perché più diffuse
e maggiormente in grado di far convergere comprensione e benevolenza.
Il vero obiettivo appare essere un altro: la convivenza fra
coppie omosessuali, alle quali un riconoscimento pubblico
darebbe unarma formidabile al fine di accreditare lesistenza
di una forma alternativa di famiglia. E dove cè
famiglia, inevitabilmente, prima o poi, ci sono anche i figli.
E i loro diritti.
LOsservatore Romano
22-23 maggio 2006
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