LA VITA DONATA:
UN SACRIFICIO FECONDO. IERI E OGGI.
di Don Alberto Franzini, parroco, 25 aprile 2006 - In occasione
della S. Messa a suffragio dei caduti di tutte le guerre celebrata
nella chiesa di San Francesco).
Ci ritroviamo come ogni anno qui, in chiesa, per fare memoria
delle tante vittime della II guerra mondiale, che ha ridotto
lEuropa e lItalia a un cumulo di lutti e di macerie
anche materiali: per fare memoria di tutte le vittime, senza
distinzione di appartenenze politiche e di schieramenti ideologici,
perché davanti a Dio ogni vita umana è sacra.
Siamo qui anche per un debito di riconoscenza verso le vittime:
perché la libertà, in Italia e in altre parti
dEuropa, è stata riconquistata anche grazie al
loro sacrificio, pagato con la vita. Non possiamo dimenticare,
infatti, il sacrificio di quegli italiani e anche dei tanti
soldati non italiani ne sono testimonianza i cimiteri
di guerra, numerosi sul nostro territorio nazionale
che hanno donato la loro giovane vita per tutti noi, preparando
così unEuropa libera dalle dittature e dalle
tante miserie e povertà, unEuropa che ha potuto
godere in questi sessantanni, insieme alla libertà,
anche di un certo benessere civile, sociale ed economico,
di cui le giovani generazioni debbono essere rese consapevoli,
proprio per non smarrire il senso della memoria e della gratitudine,
e anche il senso di un impegno e di una responsabilità
verso il futuro.
La memoria del passato si ridurrebbe ad unoperazione
puramente celebrativa, a volte anche subdolamente strumentale
ad altri fini, se non scuotesse anche il nostro presente.
Ed è proprio la lezione che ci viene dal sacrificio
delle vittime a scuoterci: perché loro hanno offerto
la vita, hanno offerto la loro giovinezza. Se la guerra è
sempre una tragedia, non vi è dubbio che, misteriosamente,
il sacrificio della vita basta guardare al Crocifisso
non è mai un atto banale e infruttuoso.
Il loro sacrificio è un esempio anche per noi: a fare
della nostra vita un atto di donazione.
Sacrifichiamo la nostra vita, quando ad esempio non cediamo
alle lusinghe della menzogna e alle seduzioni del potere e
del denaro, per essere invece fedeli alla verità, costi
quel che costi.
Doniamo la nostra vita, quando compiamo il nostro dovere,
sempre, anche quando è scomodo, anche quando nessuno
ci vede e ci applaude, anche quando non sempre conviene.
Doniamo la nostra vita, quando educhiamo i nostri figli e
i nostri ragazzi alle cose nobili, belle e impegnative della
vita, quando testimoniamo loro che il mestiere di vivere comporta
anche sacrifici personali e assunzione di responsabilità,
comporta fedeltà alla parola data e un profondo rispetto
verso tutti, anche verso coloro che la pensano diversamente.
Doniamo la nostra vita, quando siamo fedeli alla nostra vocazione,
alle nostre scelte di vita più profonde: noi preti
nel sacerdozio, tanti di voi nella vita matrimoniale e familiare.
Senza fedeltà alla propria vocazione, non si cammina
a lungo nella vita.
Doniamo la nostra vita, quando aiutiamo gli altri, soprattutto
quando si trovano in uno stato di povertà, di bisogno,
di solitudine, di depressione
(pensiamo ai tanti anziani,
alle tante persone sole, a chi non trova un lavoro, a chi
è colpito da tribolazioni e da sofferenze fisiche e
spirituali).
Doniamo la nostra vita quando combattiamo le tante forme di
male che seducono il nostro cuore e sono presenti nella nostra
società e aiutiamo le tante forme di bene, che sono
presenti nella vita delle persone e della società.
La memoria dei nostri caduti e delle tante vittime delle guerre,
del terrorismo, della ingiustizie e delle violenze, ci impegni
a tenere alta la misura della nostra vita e a coltivare sempre
più il nostro spirito, oggi diventato un po sfiorito
e a volte inospitale. Alla bulimia materiale, da cui è
affetto il nostro Occidente, corrisponde spesso lanoressia
spirituale, il decadimento morale, lo sfiancamento esistenziale,
per cui stiamo diventando sempre meno attrezzati per affrontare
le inevitabili difficoltà che accompagnano il cammino
del nostro vivere, sempre meno capaci di scelte definitive,
sempre più insofferenti e deboli di fronte ai sacrifici
della vita.
Siamo appena tornati - eravamo oltre 80 persone da
un viaggio nel cuore dellEuropa, in Polonia, dove abbiamo
visto e toccato i segni del male (i campi di concentramento
di Auschwitz e di Birkenau) e i segni del bene (il santuario
mariano di Chestochowa e il santuario della Divina Misericordia
di suor Faustina Kowalska alla periferia di Cracovia) e dove
abbiamo visto lidentità di un popolo, quello
polacco, che ha sempre saputo resistere alle tante prepotenze
subite nel corso della storia proprio grazie al radicamento
nella fede cristiana. Possiamo dire che il bene è sempre
più grande del male e, alla fine, vince.
Per chi di noi si riconosce ancora cristiano, la memoria dei
caduti ci apra alla contemplazione del Figlio di Dio, anchEgli
caduto crocifisso sul Golgota, ma risorto a vita nuova. Di
fronte a Lui, comprendiamo che il mondo come ebbe a
dire lo scorso anno Benedetto XVI viene salvato dal
Crocifisso, non dai crocifissori. Di questo Crocifisso, che
ha cambiato il corso e il senso della storia umana, come anche
il senso della vita di ciascuno di noi, facciamo ora memoria
sacramentale nella celebrazione delleucaristia, che
offriamo a Dio perché la nostra comunità civile
ed ecclesiale di Casalmaggiore ritrovi le radici e la forza
della sua crescita e del suo sviluppo, materiale e spirituale,
civile e religioso: perché una società non può
vivere a lungo senza radici culturali, spirituali e religiose.
25 aprile 2006
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