Parrocchie di Santo Stefano e San Leonardo
Casalmaggiore
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COMUNICATO DEL 26 APRILE 2006


PER DOVERE DI CRONACA
Nelle cronache dei quotidiani locali riguardanti le celebrazioni del 25 aprile, è stato dato pochissimo rilievo alla S. Messa a suffragio dei caduti di tutte le guerre concelebrata da tutti i sacerdoti dell'Urbe al cospetto dei fedeli e delle autorità cittadine. Per dovere di informazione pubblichiamo l'omelia tenuta da don Alberto, parroco di Santo Stefano.

LA VITA DONATA: UN SACRIFICIO FECONDO. IERI E OGGI.
di Don Alberto Franzini, parroco, 25 aprile 2006 - In occasione della S. Messa a suffragio dei caduti di tutte le guerre celebrata nella chiesa di San Francesco).

Ci ritroviamo come ogni anno qui, in chiesa, per fare memoria delle tante vittime della II guerra mondiale, che ha ridotto l’Europa e l’Italia a un cumulo di lutti e di macerie anche materiali: per fare memoria di tutte le vittime, senza distinzione di appartenenze politiche e di schieramenti ideologici, perché davanti a Dio ogni vita umana è sacra. Siamo qui anche per un debito di riconoscenza verso le vittime: perché la libertà, in Italia e in altre parti d’Europa, è stata riconquistata anche grazie al loro sacrificio, pagato con la vita. Non possiamo dimenticare, infatti, il sacrificio di quegli italiani e anche dei tanti soldati non italiani – ne sono testimonianza i cimiteri di guerra, numerosi sul nostro territorio nazionale – che hanno donato la loro giovane vita per tutti noi, preparando così un’Europa libera dalle dittature e dalle tante miserie e povertà, un’Europa che ha potuto godere in questi sessant’anni, insieme alla libertà, anche di un certo benessere civile, sociale ed economico, di cui le giovani generazioni debbono essere rese consapevoli, proprio per non smarrire il senso della memoria e della gratitudine, e anche il senso di un impegno e di una responsabilità verso il futuro.
La memoria del passato si ridurrebbe ad un’operazione puramente celebrativa, a volte anche subdolamente strumentale ad altri fini, se non scuotesse anche il nostro presente. Ed è proprio la lezione che ci viene dal sacrificio delle vittime a scuoterci: perché loro hanno offerto la vita, hanno offerto la loro giovinezza. Se la guerra è sempre una tragedia, non vi è dubbio che, misteriosamente, il sacrificio della vita – basta guardare al Crocifisso – non è mai un atto banale e infruttuoso.
Il loro sacrificio è un esempio anche per noi: a fare della nostra vita un atto di donazione.
Sacrifichiamo la nostra vita, quando ad esempio non cediamo alle lusinghe della menzogna e alle seduzioni del potere e del denaro, per essere invece fedeli alla verità, costi quel che costi.
Doniamo la nostra vita, quando compiamo il nostro dovere, sempre, anche quando è scomodo, anche quando nessuno ci vede e ci applaude, anche quando non sempre conviene.
Doniamo la nostra vita, quando educhiamo i nostri figli e i nostri ragazzi alle cose nobili, belle e impegnative della vita, quando testimoniamo loro che il mestiere di vivere comporta anche sacrifici personali e assunzione di responsabilità, comporta fedeltà alla parola data e un profondo rispetto verso tutti, anche verso coloro che la pensano diversamente.
Doniamo la nostra vita, quando siamo fedeli alla nostra vocazione, alle nostre scelte di vita più profonde: noi preti nel sacerdozio, tanti di voi nella vita matrimoniale e familiare. Senza fedeltà alla propria vocazione, non si cammina a lungo nella vita.
Doniamo la nostra vita, quando aiutiamo gli altri, soprattutto quando si trovano in uno stato di povertà, di bisogno, di solitudine, di depressione… (pensiamo ai tanti anziani, alle tante persone sole, a chi non trova un lavoro, a chi è colpito da tribolazioni e da sofferenze fisiche e spirituali).
Doniamo la nostra vita quando combattiamo le tante forme di male che seducono il nostro cuore e sono presenti nella nostra società e aiutiamo le tante forme di bene, che sono presenti nella vita delle persone e della società.
La memoria dei nostri caduti e delle tante vittime delle guerre, del terrorismo, della ingiustizie e delle violenze, ci impegni a tenere alta la misura della nostra vita e a coltivare sempre più il nostro spirito, oggi diventato un po’ sfiorito e a volte inospitale. Alla bulimia materiale, da cui è affetto il nostro Occidente, corrisponde spesso l’anoressia spirituale, il decadimento morale, lo sfiancamento esistenziale, per cui stiamo diventando sempre meno attrezzati per affrontare le inevitabili difficoltà che accompagnano il cammino del nostro vivere, sempre meno capaci di scelte definitive, sempre più insofferenti e deboli di fronte ai sacrifici della vita.
Siamo appena tornati - eravamo oltre 80 persone – da un viaggio nel cuore dell’Europa, in Polonia, dove abbiamo visto e toccato i segni del male (i campi di concentramento di Auschwitz e di Birkenau) e i segni del bene (il santuario mariano di Chestochowa e il santuario della Divina Misericordia di suor Faustina Kowalska alla periferia di Cracovia) e dove abbiamo visto l’identità di un popolo, quello polacco, che ha sempre saputo resistere alle tante prepotenze subite nel corso della storia proprio grazie al radicamento nella fede cristiana. Possiamo dire che il bene è sempre più grande del male e, alla fine, vince.
Per chi di noi si riconosce ancora cristiano, la memoria dei caduti ci apra alla contemplazione del Figlio di Dio, anch’Egli caduto crocifisso sul Golgota, ma risorto a vita nuova. Di fronte a Lui, comprendiamo che il mondo – come ebbe a dire lo scorso anno Benedetto XVI – viene salvato dal Crocifisso, non dai crocifissori. Di questo Crocifisso, che ha cambiato il corso e il senso della storia umana, come anche il senso della vita di ciascuno di noi, facciamo ora memoria sacramentale nella celebrazione dell’eucaristia, che offriamo a Dio perché la nostra comunità civile ed ecclesiale di Casalmaggiore ritrovi le radici e la forza della sua crescita e del suo sviluppo, materiale e spirituale, civile e religioso: perché una società non può vivere a lungo senza radici culturali, spirituali e religiose.

25 aprile 2006

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