LETTERA APERTA
L'intervento di Carlo Sante Gardani mi offre ancora l'occasione
per approfondire alcuni temi, da lui stesso richiamati. E
lo faccio in forma di lettera aperta, anche per i legami umani
e cristiani che ho sempre avuto con lui.
Caro Carlo,
1. Anzitutto nessun rancore personale: non capisco perché,
ogni volta che si entra in un libero dibattito, si debba temere
di turbare i rapporti personali. Se il confronto rimane sulle
idee, ben vengano i confronti. In una società libera
e democratica, la battaglia sulle idee non può che
essere la benvenuta, perché il confronto e il dibattito
sono il sale del dialogo e della democrazia, purchè
di confronto davvero si tratti. C'è da temere, piuttosto,
una comunità dove non ci si confronta e non si dialoga.
2. Condivido anche alcune idee e preoccupazioni espresse da
te espresse: le chiese vuote, le responsabilità di
noi preti
.Ma esistono anche le responsabilità
dei laici e chiedo che anche verso i preti si viva la carità
cristiana e si abbia il coraggio umano di entrare in dialogo
con i propri preti. Circa le chiese vuote: la Chiesa non è
un'agenzia elettorale, a caccia di consenso e di potere. I
cristiani sono chiamati alla fedeltà e alla testimonianza,
pochi o tanti che siano. Quante volte San Paolo ci ammonisce
a non conformarci alla mentalità di questo mondo e
a non cedere alle lusinghe della sapienza mondana: o vogliamo
andar dietro al verso del legno, per aver le chiese piene?
Ti ricordo che proprio nel mondo protestante, dove maggiore
è stata l'apertura alle istanze della modernità,
le chiese e le comunità cristiane sono molto più
sguarnite delle nostre. Ma non erano e non sono queste le
questioni che ho posto sul tappeto.
3. Non ho fatto un discorso pastorale all'interno della Chiesa.
La Parola di Dio è sufficientemente chiara in tema
di matrimonio e la Chiesa non ha il potere di cambiare i progetti
di Dio, chiaramente espressi nella Bibbia ("L'uomo si
unirà alla sua donna e i due saranno una carne sola
"E l'uomo non separi ciò che Dio ha unito",
aggiunge e completa Gesù). La Chiesa, in nome della
carità cristiana, non può inseguire le esigenze
del mercato e quindi mettere sullo stesso piano il sacramento
del matrimonio con altre forme di unione: senza entrare nel
giudizio delle persone, che vanno sempre trattate e accolte
da persone, anche quando stanno vivendo momenti e situazioni
di difficoltà. Permettimi un rilievo personalissimo:
quante volte mi capita di incontrare, nel mio ministero, coppie
di fatto, che chiedono magari il battesimo per il loro bambino.
Credo che nessuna di loro mi possa incolpare di intransigenza
fondamentalista o di mancanza di carità. Ho sempre
accolto la richiesta del battesimo per i loro figli, ovviamente
chiedendo loro le condizioni minimali perché il battesimo
potesse essere responsabilmente celebrato. E ho anche prospettato
loro - laddove non c'erano impedimenti di altra natura e nel
pieno rispetto delle loro libere scelte - il matrimonio cristiano
o, laddove questo non era possibile, almeno quello civile.
Insomma: la Chiesa non può non essere fedele a Dio
e fedele all'uomo. Per essere fedele a Dio, la Chiesa annuncia
a tutti i battezzati che non può esistere altra forma
bella e umanamente ricca di unione fra uomo e donna se non
quella del sacramento del matrimonio. Per essere fedele all'uomo,
la Chiesa non può non tenere conto delle varie situazioni,
dei tempi e delle fasi di maturazione, del cammino educativo,
ma sempre prospettando (e non mai imponendo
.) la verità:
proprio perché ritiene che la verità sia la
prima forma di carità, senza imporre nulla, ma anche
senza far sconti, che sarebbero e anzi sono delle vere e proprie
falsificazioni. Certo, il giudizio ultimo spetta a Dio, come
tu affermi: ma Dio ci ha dato anche una coscienza e soprattutto
una Parola che rende possibile una valutazione etica dei comportamenti
umani. Altrimenti l'uomo sarebbe davvero e tragicamente "in
balia solo di se stesso e delle proprie voglie" (Benedetto
XVI). Ma proprio qui permane la confusione: massima carità
verso le persone, ma non posso - in nome della carità
- far passare di tutto, annullando ogni differenza fra bene
e male, fra verità ed errore. L'uomo è un cercatore
di verità: e non si accontenta, se non episodicamente
e illusoriamente, delle sue contraffazioni. Così come
l'uomo è un assetato di Dio: e non si accontenta delle
sue falsificazioni, ossia delle "scimmie" e dei
fantocci che gli vengono proposti. Radicalizzo volutamente:
massima carità anche verso gli uccisori di Tommy, ma
non posso sostenere, in nome della carità, che l'uccisione
di Tommy sia un bene, nè posso pretendere che tale
uccisione venga giuridicamente condonata; massima carità
anche verso una persona pedofila: ma non posso accettare come
moralmente buoni gli atti di pedofilia, né posso pretendere
che la legge giustifichi e approvi qualsiasi violenza sessuale,
in nome della legittimità e bontà, oggi ampiamente
sbandierate, di qualsivoglia orientamento sessuale.
4. Io ho impostato la riflessione sul piano civile: che cosa
sono i Pacs? Quali obiettivi vogliono raggiungere? La società
ha davvero bisogno di mettere sullo stesso piano la famiglia
fondata sul matrimonio e i Pacs? Si possono concedere diritti,
senza pretendere anche i rispettivi doveri? E sul piano educativo,
quali conseguenze per le giovani generazioni in tema di stima
per le relazioni stabili e feconde, per le responsabilità
e gli impegni anche sociali? C'è il rischio oggi di
una soggettivizzazione esasperata, ossia di una assurda pretesa
di trasformare in diritto ogni desiderio soggettivo. Il che
si ritorce a danno della stessa società, oltre che
delle stesse persone coinvolte. Già lo stesso card.
Martini - considerato uno degli uomini di Chiesa più
aperti alle istanze del pensiero moderno - in un celebre Discorso
alla Città di Milano del 6 dicembre 2000 sul tema "Famiglia
e politica", insisteva sul ruolo pubblico e sociale della
famiglia fondata sul matrimonio: un ruolo, sosteneva Martini,
che non può essere equiparato ad altre forme di convivenza,
soprattutto per i valori della stabilità e della fecondità,
che richiedono per la famiglia una tutela di carattere giuridico
e perfino economico che non può essere riconosciuta
ad altre unioni di natura privatistica. Si potrà almeno
discutere su questi temi? Anche perché la stessa formazione
politica alla quale - mi pare - tu fai riferimento, ossia
la Margherita, nelle persone dei suoi responsabili nazionali
appare una delle più risolute, nello schieramento di
centrosinistra - anche nelle legislazioni regionali - a non
mettere sullo stesso piano l'istituto del matrimonio, così
come è configurato dalla nostra stessa Costituzione,
e altre forme di unione, senza che ciò possa ledere
i diritti fondamentali e le scelte private delle persone.
5. C'è un ultimo punto nell'articolo, che il giornalista
rileva non capisco da quale fonte, riguardante spostamenti
di fedeli da una parrocchia all'altra. Che cosa si vuol dire:
che esistono le parrocchie di centrosinistra e quelle di centrodestra?
Ma si può, in nome di legittime preferenze politiche,
spaccare la fraternità cristiana? La divisione, soprattutto
se cercata e favorita, è sempre opera luciferina. Cesare
è forse più importante di Dio? Si vuole una
religione di Stato, o una religione del principe? La Chiesa
ha i suoi responsabili, che non sono i capi partito e i capi
fazione. L'attuale parroco, fin che rimane parroco di Santo
Stefano, vuol dire che gode della fiducia del suo Vescovo.
Vogliamo le parrocchie ad immagine dei partiti? Andiamo a
caccia del prete che ha le stesse nostre simpatie politiche?
E' una ricchezza ed è una sfida per le nostre comunità
cristiane anche la legittima differenza delle opzioni politiche
dei fedeli: purchè si professi e si testimoni un unico
credo, e si viva nell'obbedienza ai propri pastori. Ed è
proprio la comunione con i propri pastori - non la sudditanza
ai capi e capetti politici - la fonte della autentica libertas
Ecclesiae: una libertà, quella della Chiesa, che l'ha
preservata in occidente dal cesaropapismo. C'è sempre
il pericolo - lo ricordava papa Benedetto XVI nell'ultima
udienza generale del 5 aprile - di perdere la fede e così
anche di perdere l'amore e la fraternità. Il Papa ricordava
quel che dice la Prima Lettera di San Giovanni: "Sono
usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se fossero
stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma doveva rendersi
manifesto che non tutti sono dei nostri" (2,19). Non
scherziamo su queste cose!
Un fraterno saluto
Don Alberto Franzini
10 aprile 2006
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