Fateli parlare. Non cè altro che chiediamo
e che, adesso, ci aspettiamo: fateli parlare. Fate parlare
una buona volta, riconoscete e fate conoscere quelli come
Mario Melazzini (nella foto), come Fulvio De Nigris, come
Mariapia Bonanate e suo marito, Angelo Carboni, Rosy Facciani,
Simone Schonsberg e la mamma Gloria, Moira Quaresmini e
la sua famiglia. Lo diciamo a ogni network e a ogni emittente
di questo nostro Paese, ai colleghi della carta stampata.
Ma prima che a ogni altro lo diciamo a coloro che stanno
in Rai e costruiscono, dirigono e amministrano la televisione
che dovrebbe, ancora e sempre, essere di tutti. Se dire
Rai significa davvero dire servizio pubblico
e non evocare un privato strumento di propaganda di un conduttore
di successo e dei suoi selezionatissimi amici e ospiti,
fateli parlare.
Fabio Fazio in dosato e infine esplosivo crescendo
sta dando spazio e voce solo ai profeti
delleutanasia? Rendetevene conto presidente
Garimberti, direttore generale Masi, direttore Ruffini
e fate dare conto delle voci cancellate e negate, delle
vite e delle storie umiliate. Fazio e Saviano hanno deciso
di riconoscere e far conoscere, a senso unico, le vicende
e le battaglie «libertarie» e infine di morte
condotte da Englaro e Welby e dalle lobby radunate attorno
a loro (guarda caso le stesse dello spot eutanasico che
si vorrebbe far dilagare in tv)? Hanno pontificato e lasciato
argomentare sulla non dignità della condizione di
malati e malate? Hanno scatenato indignazione tra le gente
vera, i malati e le loro famiglie, che nessuno o quasi si
preoccupa di considerare? Siate la Rai, e date un segnale:
date voce alle voci umiliate e negate, alle altre voci,
alle voci di chi vive e lotta e soffre e non molla.
Fate parlare uno come Mario Melazzini, un malato di Sla
che più di chiunque altro può dire che cosa
significa combattere il male. Un medico che, da uomo di
scienza e da persona messa alla prova, sa che cosa vuol
dire investigare, curare e resistere con dignità
vivente e tenace gioia alla fascinazione del sonno e della
morte che tutto placano, che cancellano la lotta e la speranza,
il dolore e i giorni.
Fate parlare uno come Fulvio De Nigris, un uomo che ha sperimentato
la fatica di vegliare e accudire un figlio che cè
e che sembra non ci sia, un padre che sa ormai e
testimonia dellimpossibile per un maschio:
il custodire, il nutrire, laspettare come in
una gravidanza il figlio che ti è stato dato
e che hai come perso, ma che forse ti rinasce e che, risvegliandosi
o non risvegliandosi, comunque ti risveglia al senso della
vita e della dignità e dello stare accanto.
Fate parlare una come Maria Pia Bonanate, una donna che
vive con lamore di sempre anche la vita «chiusa
dentro» di suo marito e ha visto capovolta la quotidianità
sua e della sua famiglia. Una moglie e una madre, unintellettuale,
che sa dellamore e dello strazio, della pazienza e
dellansia di giustizia, della fede in Dio e della
fiducia nella buona scienza, della solitudine in cui ti
precipitano indifferenze (e inadempienze) e della forza
che può sprigionarsi dal fare rete, dal
mettere in comunicazione vite e storie.
Fateli parlare, e non per «par condicio» e per
«far dibattito». Ma perché la loro è
lotta vera, è umanità vera. Certo, è
vera anche la parola di chi anela alla libertà
del burrone perché ritiene che in se stesso
in unautodeterminazione, in unidea di
dignità, in una fine può risolvere
anche il mondo. Ma se appena ci si pensa, se Fazio
e Saviano ci riflettono e con loro lo fanno gli amministratrori
e i direttori della Rai e ogni giornalista lumanità
di Mario e Fulvio e Maria Pia dice molto di più della
nostra umanità e della nostra attesa. Perché
racconta della tenacia e della speranza. Siamo uomini e
donne e non ci salviamo e risolviamo in solitudine
perché amiamo e teniamo duro, non ci fermiamo
alle apparenze e non ci arrendiamo al male. Fate parlare,
allora, Mario, Fulvio e Maria Pia... Non lasciateli
umiliare ancora, non negate loro la voce.
Da Avvenire, 19 novembre 2010