Oggi il Papa compie 83 anni. Tanti ne sono passati da quel
giorno di Sabato Santo a Marktl am Inn, in Baviera, quando
si aspettò, in una notte di neve, l`alba di Pasqua
per fare battezzare quel bambino con l`acqua appena benedetta,
con l`acqua "nuova". E già questo particolare
dice della provenienza da un cristianesimo profondo, ereditato
con il respiro prima che con le parole da una madre e da
un padre. Da questo humus viene Benedetto XVI, e da una
storia che a noi, che potremmo essere suoi figli, appare
remota e spaventevole. La guerra, e il nazismo incalzante.
E un ragazzo di 17 anni, richiamato al Servizio lavorativo
del Reich, che un vecchio ufficiale una notte in caserma
cerca di indurre all`arruolamento "volontario"
nelle SS. «Io con alcuni altri ebbi la fortuna di
poter rispondere che volevo diventare prete cattolico»,
ha raccontato Ratzinger nella sua autobiografia, e ha aggiunto:
«Venimmo ricoperti di scherni e di insulti».
Agli insulti e agli attacchi in ragione della sua fede il
Papa s`è abituato presto; e non sono quelli di oggi,
crediamo, a poterlo turbare - se non, forse, per l`eco di
una avversione più grande, oltre la sua persona,
alla Chiesa intera, di cui alcuni titoli mostrano il riverbero.
Più degli attacchi forse pesa il dolore per un male
per cui, ancora ieri, il Papa ha invocato «penitenza».
E allora per i suoi 83 anni, Santità, più
che una solidarietà oggi vorremmo dirle di una gratitudine.
Una gratitudine profonda per ciò che lei testimonia
ed è; con quella sua storia iniziata per noi in un
tempo lontano, ma arrivata limpida e fedele ad oggi. Per
una sensibilità che si incontra nelle sue parole,
dalla "Spe Salvi" al "Gesù di Nazareth",
e che va diritta alle domande e ai dubbi dei cristiani di
questo momento storico. Perché è strano: stupisce,
in un uomo cresciuto naturaliter cristiano, che sia così
intensamente cosciente dei dubbi della generazione successiva,
quasi inconsapevolmente invece formata nel relativismo.
Un Papa che in una enciclica domanda: «La fede cristiana
è anche per noi oggi una speranza che trasforma e
sorregge la vita, o è ormai soltanto una informazione
accantonata?» mostra di ben conoscere il tarlo che
educatamente ci rode e sussurra che, via, la verità
dei Vangeli è antiquata, e non regge il confronto
con le splendide sorti dell`umano progresso, e del "libero"
pensiero. Mapoi che appassionata istruttoria, nella stessa
"Spe salvi", a mostrare la bruciante contem- poraneità
delle antiche parole: «Spe salvi fatti sumus»,
nella speranza siamo stati salvati. Passione e insieme lucidità,
rigoroso uso della ragione. Anche di questo, grazie. Perla
sfida che da anni conduce, prima e dopo Ratisbona: il Dio
in cui crediamo non mutila, in niente, l`uso pieno della
nostra umana ragione. (Grazie, perché nei licei del
dopo`68 a molti di noi hanno insegnato che il cristianesimo
era una speranza da illusi). E grazie, in questo compleanno
in giorni amari, della disarmante audacia della Lettera
ai cattolici d`Irlanda. Della sollecitudine per gli innocenti,
in realtà già mostrata nelle linee guida della
Congregazione per la dottrina della fede, dove si affermava
che in qualsiasi momento del procedimento canonico al vescovo
locale è conferito «il potere di tutelare i
bambini». Della coscienza, nella Lettera agli irlandesi
evidente, che «nulla può cancellare il male
sopportato» dalle vittime. (Nulla, tranne Cristo:
il cui amore è più grande di ogni male). E
grazie, ancora, dell`esempio indicato nel "Gesù
di Nazareth": il «vir desiderrioi-um» del
Libro del profeta Daniele, l`«uomo dei desideri»,
che «non si accontenta della realtà esistente
e non soffoca l`inquietudine del cuore, quell`inquietudine
che rimanda l`uomo a qualcosa di più grande».
E lo sappiamo in fondo, che tanti attacchi affondano radici
in qualcosa che va oltre tutte le accuse espresse. E la
radicale opposizione della Chiesa alla mentalità
del "mondo", ciò che alimenta una ostilità
che cova e lievita, e a tratti sbuca alla superficie. E
la pretesa cristiana di insegnare ai figli un altro senso,
e tutta un`altra logica, da quella che ci vorrebbe docilmente
allineare. E la fedeltà al «non conformatevi»
di Paolo, il duro antico nodo dello scontro. Quel «non
conformatevi» che vede in lei, Santità, un
testimone. Tenace nella storia attraversata. Come tagliato
da una roccia antica.
Marina Corradi
(Avvenire, 16 aprile 2010)