Il nodo dell`embrione umano continua ad essere al centro
della bioetica e biopolitica contemporanee, un punto nevralgico
in cui ne va del nostro futuro di esseri umani, del modo
con cui
pensiamo noi stessi e gli altri (compresi i concepiti) come
appartenenti all`unico genere umano. Riconferma questa crucialità
un intervento del senatore Ignazio Marino (Corriere della
Sera, 28
novembre), che solleva problemi delicati. Scrive il senatore
Marino: «Le tecniche per fare nascere un bimbo in
provetta servono a una coppia con problemi di sterilità
per coronare il loro progetto di famiglia, ma permettono
anche di individuare alcune malattie fin dai primi stadi
dello sviluppo
dell`embrione, prima del suo impianto nell`utero materno.
Sono malattie molto gravi come alcuni tumori o la talassemia».
Marino introduce poi l`ipotesi che un giorno gli esseri
umani potrebbero orientarsi in massa verso una riproduzione
in provetta per avere la certezza di mettere al mondo figli
sani. Quali orizzonti si aprono, domanda? E chiaro che per
raggiungere tale certezza si dovrebbe ricorrere a una selezione
eugenetica degli embrioni creati in vitro al fine di impiantare
solo quelli perfettamente sani. Eccoci dinanzi a un nodo
veramente cruciale: chi e che cosa è l`embrione umano?
Possiamo farne quello che vogliamo, praticando senza remore
di coscienza una vera e
propria eugenetica, sopprimendo gli embrioni difettosi prima
dell`impianto o congelandoli (e in tal modo negando loro
il diritto naturale allo sviluppo)? Questo è il punto.
Vi sono infatti ottime
probabilità di curare numerose malattie ricorrendo
alle cellule staminali non embrionali ma adulte (e dunque
non sopprimendo gli embrioni), mentre non risultano analoghe
possibilità di
oltrepassare il problema dinanzi ad un embrione umano creato
in vitro, e segnato da difetti più o meno gravi.
Qui non abbiamo la possibilità di ricorrere ad altre
vie d`uscita: o rispettiamo
l`embrione umano sino in fondo come un essere umano a pieno
titolo, oppure lo consideriamo una res nullius ed eugeneticamente
lo sopprimiamo o lo condanniamo alla crioconservazione.
Aggiungo che non stiamo parlando di terapie embrionali o
fetali che rimangono legittime, se non implicano la soppressione
del curato. Può darsi che in futuro si possano effettuare
diagnosi separate sui gameti maschile e femminile, onde
selezionare quelli migliori prima della fecondazione, ma
al di là dello stato attuale delle ricerche in merito,
ciò condurrebbe a una completa separazione tra
riproduzione in provetta e procreazione naturale, ossia
alla Fivet sempre e comunque, la quale infine induce a pensare
l`essere umano come mero prodotto di laboratorio: fatto,
non procreato.
Il problema più scottante per il nostro futuro di
uomini che intendano praticare un rispetto incondizionato
per il genere umano e per ogni suo appartenente, riguarda
l`illiceità della soppressione dell`embrione difettoso.
L`eugenetica attuale, levigata e democratica, rigetta con
orrore il sospetto di essere assimilata a quella nazista,
da cui non differisce poi enormemente: mentre i nazisti
praticavano un`eugenetica positiva mirando a migliorare
l`ariano, e una
negativa mediante la soppressione di razze ritenute inferiori
e di individui "tarati", l`attuale eugenetica
mira soprattutto a non far nascere i disabili. Essa si riserva
l`ultima parola su come
deve essere l`uomo per vedersi concesso il diritto di nascere,
sebbene il diritto alla sia pari a quello del sano. L`eugenetica
high tech, specializzata, utilitaristica suggerisce che
per i disabili valga il detto: "Meglio morti che vivi".
Per la mentalità eugenetica la strada è attaccare
la malattia sopprimendo il malato, non farle guerra rispettando
il paziente.
Vittorio Possenti
Da Avvenire del 04 Dicembre 2010