CIRCA LE UNIONI DI FATTO/2
"Una società non può perciò non
stabilire una graduatoria di
rilevanza tra varie istituzioni che si richiamano a modelli
familiari,
sulla base delle funzioni sociali che svolgono, della natura
relazionale
che presentano e della forza esemplare che esercitano. In
questa
linea le nuove forme di relazionalità non possono pretendere
tutte
quelle forme di legittimazione e di tutela che sono date alla
famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Solo
quest'ultima, infatti, riveste una piena funzione sociale,
dovuta al suo
progetto e impegno di stabilità e alla sua dimensione
di fecondità.
Le unioni omosessuali, pur potendo giungere, a certe condizioni,
a
testimoniare il valore di un affetto reciproco, comportano
la
negazione in radice di quella fecondità (non solo biologica)
che è la
base della sussistenza della società stessa. Le cosiddette
"famiglie di
fatto" pur potendosi aprire alla fecondità, hanno
un deficit
costitutivo di stabilità e di assunzione di impegno
che ne rende
precaria la credibilità relazionale e incerta la funzione
sociale. Esse
infatti rischiano costitutivamente di gettare a un certo punto
sulla
società i costi umani ed economici delle loro instabilità
e
inadempienze.".
Card. Carlo Maria Martini
Discorso alla città di Milano, 6 dicembre 200, in Parrocchia
di Santo Stefano, Fascicoli della parrocchia, n. 21,
"Famiglia e Politica" - 31 dicembre 2000
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