Parrocchie di Santo Stefano e San Leonardo
Casalmaggiore
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1 gennaio 2005

TAZEBAO

"Un Foucauld inedito"



Sui rapporti tra i principi della Francia, patria della laicità, e i valori dell'islam, Charles de Foucauld ebbe a scrivere parole decisamente precise e politicamente scorrette. Il religioso transalpino di recente beatificato scrisse a René Bazin, accademico di Francia e compilatore della prima, fondamentale biografia dell'ex soldato poi divenuto sacerdote, una missiva, sinora inedita in Italia, in cui riflette a voce alta sulle proprie convinzioni circa il rapporto tra nazionalità francese e appartenenza religiosa, in questo caso islamica.

Caro Bazin, (...) dei mussulmani possono diventare veramente francesi? In via eccezionale, sì. In maniera generale no. Molti dogmi fondamentali della religione islamica vi si oppongono; con alcuni di questi vi possono essere degli accomodamenti ma con uno, quello del madhi, non c'è spazio di mediazione: ogni mussulmano crede che, all'arrivo del giudizio ultimo, giungerà il madhi, dichiarerà la guerra santa e stabilirà l'islam su tutta la terra, dopo aver sterminato o sottomesso tutti i non mussulmani. All'interno di questa visione di fede, il mussulmano considera l'islam come la sua vera patria e ritiene che i popoli non mussulmani siano destinati ad essere presto o tardi sottomessi da lui, in quanto mussulmano, o al massimo dai suoi discendenti; se è governato da una nazione non mussulmana, egli ritiene questa situazione come una prova passeggera; la sua fede lo rassicura che ne uscirà e trionferà a sua volta su coloro i quali al momento lo tengono sottomesso. (...) Da questo deriva il fatto che i nostri algerini mussulmani sono così poco interessati a domandare la nazionalità francese: perchè chiedere di far parte di un popolo straniero che essi, lo sanno, in futuro verrà irrimediabilmente sconfitto e sottomesso da quella nazione alla quale oggi essi stessi appartengono? Questo cambio di nazionalità comporterebbe davvero una sorta di apostasia.

Charles de Foucauld, 29 luglio 1916
(citato in Avvenire del 30 dicembre 2005)


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