Da marxista convinto, sulle questioni relative ai referendum,
non potevo che avere un unico metro di giudizio: la ragione.
E' così che ho accolto la battaglia culturale e antirelativista
in difesa della legge 40. Sia inteso, non sono tra coloro
che ritengono perfetta l'attuale normativa sulla procreazione
medicalmente assistita, ma quanto reputo è la logica
che ispira abrogazionisti. Ho sostenuto le tesi della mia
astensione pubblicamente; e Indymedia, con il classico armamentario
pseudoprogressista, ha attaccato il compagno venduto e svenduto
al clero. "Delirante" è l'aggettivazione
più sobria da me ricevuta. Eppure, anche scavando a
fondo non mi è riuscito di capire cosa accomuni la
sinistra con questa rincorsa alla modernità, al desiderio
tout court, alla sperimentazione. Hanno confuso la libertà
col liberismo. Hanno dimenticato Marx e la mercificazione
dell'uomo per rincorrere Zapatero e la dittatura della perfezione.
Stanno aprendo le porte all'eugenetica, ma farneticano di
diritti e di tutele. Sino a qualche mese fa si sono eretti
a paladini dell'alimentazione biologica, rifiutando per principio
mais transgenico anche in percentuali ridottissime, e oggi
sobriamente ci chiedono si selezionare embrioni, scartando
quelli imperfetti. Un delirio di onnipotenza sostenuto dalle
multinazionali del farmaco-bambino si è impadronito
degli eredi di Karl da Treviri. Io mi sono astenuto in onore
della ragione.
Fabio Cavallai
(in Avvenire, 14 giugno 2005)
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