Nella diocesi piemontese di Ivrea un dirigente scolastico
vieta la visita del Vescovo nella scuola del suo paese, Aglié,
perché questa ha anche allievi "romeni e cinesi",
"appartenenti ad altre religioni".
Ma i rumeni sono prevalentemente cristiani ortodossi (ce ne
sono in realtà anche di cattolici) e i cinesi presenti
nell'Italia settentrionale sono in buona parte cristiani protestanti.
Dunque il riferimento agli alunni di "religione non cristiana"
andrebbe verificato nei fatti.
Prima ancora che scoppiasse il caso di Ofena (circa il crocifisso
nella scuola), un'indagine sulla religione condotta dai sociologi
Garelli, Guizzardi e Pace ("Un singolare pluralismo")
aveva chiesto agli italiani se volessero mantenere il crocifisso
nelle scuole. L'84 per cento degli italiani aveva risposto
di sì, ed è significativo notare, incrociando
i dati, che al crocifisso erano favorevoli anche la maggioranza
degli italiani che si dichiarano non credenti. Quei non credenti
si sono dimostrati più saggi del dirigente scolastico
di Aglié.
La religione cattolica, il cuore della storia e della civiltà
italiana, non può essere imposta a nessuno, ma non
può nemmeno essere cacciata dalla scuola.
Solo il rispetto dei diritti della maggioranza garantisce
la possibilità di rispettare anche i diritti delle
minoranze. Altrimenti siamo alla dittatura della minoranza.
Ma questo non sarebbe segno di democrazia. E nemmeno di civile
rispetto degli altri.
|