GIOVANNI PAOLO II
A un anno dalla morte


... quell'aprile 2005



“Non abbiate paura. Cristo sa che cosa è dentro l’uomo. Solo Lui lo sa!”. Queste parole, pronunciate con forza all’inizio del suo ministero petrino il 22 ottobre 1978, costituiscono la sintesi della testimonianza e dell’insegnamento di Giovanni Paolo II. Sono parole che vengono da lontano: dalla sua vocazione al sacerdozio, dai suoi studi di filosofia e di teologia, dal suo insegnamento di professore di etica, dal suo ministero a Cracovia, dalla sua partecipazione al Concilio Vaticano II. L’insegnamento e la testimonianza di questo grande Papa sono stati la continua, insistente attualizzazione di questa ispirazione fondamentale, che spiega la profonda dignità della persona umana. Alla “verità” sull’uomo – pienamente realizzata ed esemplarmente rivelata in Cristo – ha dedicato l’intera sua vita Karol Wojtyla. La sua “forte antropologia” si radica nella convinzione che senza la dimensione religiosa l’uomo rimane un enigma indecifrabile e che tale dimensione religiosa trova il suo luogo veritativo e attuativo nella vicenda del Figlio di Dio che si fa uomo. La persona umana è fatta per la verità, non per la menzogna. E solo l’accesso alla verità, che si è fatta splendore nel Verbo incarnato, può liberare l’uomo da ogni manipolazione ideologica, da ogni cattura ideolatrica, da ogni strumentalizzazione politica. Questa “verità” piena sull’uomo Giovanni Paolo II l’ha predicata ai quattro venti, ai potenti e ai semplici, a Roma e sulle tante contrade del mondo, percorse in lungo e in largo senza risparmio di energie e senza sconti. E’ una verità che riguarda tutto l’uomo: dal suo concepimento nel grembo materno al suo tramonto, nella vita di famiglia e nel lavoro, nella Chiesa e nella società. Ogni dimensione della vita umana è affrontata secondo l’ottica della “verità”. La sua denuncia contro ogni forma di totalitarismo, di degrado umano, di relativismo morale, la sua ostinata predicazione sulle radici cristiane dell’Europa, sulla pace, sul mistero femminile, il suo amore a Cristo, alla Madonna e alla Chiesa non sono ascrivibili a nessun emporio culturale, ma sgorgano dal suo amore appassionato all’uomo, nel quale risplende l’immagine di Dio.
Il testamento che ci lascia è che, di fronte alle sfide dell’ora presente, non dobbiamo mai vergognarci di essere cristiani, ossia di percorrere quelle strade di verità e di libertà che hanno percorso i santi.

Don Alberto Franzini