Monsignor Luigi Brioni
“sacerdote fedelissimo”
Il 5 agosto scorso ricorreva il quindicesimo anniversario della morte di mons. Luigi Brioni, abate e parroco della nostra parrocchia dal 1956 al 1978. Il nipote, padre Luigi Brioni, missionario saveriano in Sierra Leone, per l’occasione ha presieduto la santa Messa nel Duomo di Santo Stefano. E ha pronunciato l’omelia, che qui riportiamo.
Sono 15 anni oggi che mio zio, mons. Luigi Brioni, terminava la sua esistenza terrena. Aveva 84 anni, 22 dei quali – dal 1956 al 1978 – li aveva vissuti qui a Casalmaggiore, con voi e per voi. Ed il Duomo, più che la canonica, era diventata la sua casa, dove passava ore ed era contento di pregare, celebrare, predicare.
Durante quei 22 anni io ero già diventato missionario saveriano, a Parma, negli Usa, in Sierra Leone, ma la profonda comunione di affetto e di fede non venne mai meno fra noi due. Sono dunque orgoglioso di portarne il nome e il cognome.
Non è certo mio compito tracciare un profilo storico di mons. Brioni. Siamo qui prima e soprattutto per farne la sua memoria liturgica, per vivere insieme, tra noi e con lui, la comunione dei santi, per dire ancora una volta allo zio, all’Abate, al pastore, al Direttore di anime, il nostro grazie più sincero per i suoi doni di sapienza, di bontà, di santità.
Per chi di voi si ferma al cimitero di Villanova, sul loculo di mons. Brioni, oltre al nome e alle date di nascita e di morte, troverà solo due parole: “sacerdote fedelissimo”. Parole che bene sintetizzano la sua vita, la sua vocazione e il suo ministero.
Anzitutto, sacerdote: colui che rende Dio presente in mezzo a noi, il mediatore del sacro, del Vangelo, della croce e risurrezione di Cristo. E quanto sacerdote fu mons. Brioni! Sempre, in ogni luogo, con tutti! Il sacerdozio era diventato per lui una seconda natura: per essere la guida spirituale di tanti, per donare i sacramenti, per fare Chiesa e Regno di Dio.
Fedelissimo: cioè pieno di fede e di fiducia nel Signore, al di sopra e al di là delle fatiche, dei disagi, delle sofferenze, delle incertezze, delle contraddizioni. Appariva talvolta stanco, addolorato, deluso…, mai sfiduciato. Gli era frequente sulle sue labbra l’espressione di S. Paolo ai Colossesi (3,1), che ritroviamo proprio nella seconda lettura della messa di oggi: “Cercate le cose di lassù”, “quae sursum sunt, quaerite”, come amava dire in latino. E queste parole lui le cercava di vivere fino in fondo, personalmente, senza mezze misure, nella totalità del suo essere!
Oggi, se io pure sono sacerdote, lo devo tutto a lui. Già dall’età di cinque anni, dopo la morte della mamma, ero stato accolto da lui, prima a Cremona, durante la guerra, in una stagione di povertà, e poi a Commessaggio e qui a Casalmaggiore. La sua contentezza di essere prete mi fu contagiosa e non vedevo per me altro futuro che quello di diventare prete, e prete come lui.
Nel “fedelissimo sacerdozio” di mons. Brioni non posso dimenticare tre aspetti pastorali significativi: l’amore ai poveri, con bontà e discrezione, con magnanimità di cuore; la gioia di preparare i piccoli alla Prima Comunione il primo di maggio; la incondizionata fedeltà ai principi cristiani, insieme all’accoglienza verso tutti, particolarmente sperimentata nei colloqui privati.
Da qui, oggi, la nostra memoria di mons. Brioni, la nostra Messa in suo suffragio.
A differenza dello stolto del Vangelo di oggi, lui non ha tenuto per sé le cose della terra, non ne fu mai preoccupato, ma le usò tutte e bene per gli altri, perché gli altri avessero la vita, la vera vita.
Preghiamo il Signore, perché attraverso l’intercessione di mons. Brioni, ci doni di capire la stoltezza delle cose che passano e ci dia di vivere l’eternità delle relazioni, la grazia per tutti noi della vera sapienza, della santità della vita. Chi non condivide le cose della terra con i fratelli, come può chiamare Dio “Padre nostro”? La vita, infatti, non consiste in ciò che si ha, ma nella relazione di amore con Dio e con tutti.
Colgo l’opportunità e la grazia di questo giorno per affidarvi la mia missione della Sierra Leone. Dopo tanti anni di evangelizzazione, dopo una lunga guerra, noi cattolici siamo solo al 2 per cento della popolazione. La Sierra Leone è al penultimo posto nel mondo tra i Paesi più poveri, nonostante le ingenti risorse naturali che possiede. Ma la comunità cristiana è viva e fedele: canta, danza e si impegna, perché vuole essere, insieme a tutti noi, la vera famiglia di Dio.
Fra pochi giorni riparto per la missione: ma con voi e con la vostra fede e la vostra preghiera nel mio cuore. |