La "Santa Federici"
A volte è difficile immaginare le meraviglie che possono essere
costruite da un gruppo di Famiglie legate tra di loro da unico scopo:
rendere felici i propri figli. E' difficile quantificare l'affetto ed
il bene che una coppia di genitori sa dare ai propri figli, anche se questi
ultimi sono "diversi" dagli altri, anche se questo dono di Dio
è diversamente abile. Proprio nella nostra Casalmaggiore nel 1981
prende vita la Santa Federici, Cooperativa nata dalla collaborazione di
un gruppo di genitori di ragazzi disabili (con il Dott. Volta) e con la
finalità di rispondere alle esigenze dei propri figli. La Santa
Federici negli anni è cresciuta, diventando un punto di riferimento
importante per le famiglie con figli diversamente abili. Grazie alla disponibilità
della Responsabile della Santa Federici Cristina Cozzini siamo riusciti
a fare un viaggio nel mondo di quello che è e quello che offre
questa stupenda realtà.
Quali sono i principali servizi che offre la vostra cooperativa?
Oggi la Santa Federici gestisce un Centro Diurno per disabili, in cui
abbiamo inserito dodici ragazzi con disabilità gravissime, e un
Centro Socio-Educativo, il vecchio Servizio di Formazione all'Autonomia,
di cui usufruiscono una ventina di ragazzi con disabilità medio-gravi.
Questo ha comportato una cambiamento nell'organizzazione rispetto alle
origini della cooperativa, che è sempre stata gestita interamente
dai genitori e da volontari, con l'assunzione di due sole persone, mentre
oggi i dipendenti sono dieci, di cui sette sono educatori professionali.
Il servizio che offriamo non è di tipo residenziale: alla mattina
passiamo a prendere i ragazzi nelle loro case, e li riportiamo al pomeriggio.
Quindi è evidente che il rapporto con la famiglia è fondamentale
nella nostra attività.
Affiancata alla Santa Federici c'è anche la cooperativa Storti,
nata tre anni fa, che ha come scopo l'inserimento lavorativo. Qui i ragazzi
hanno la possibilità di fare qualcosa, anche se poca cosa, per
la società, e soprattutto di realizzarsi anche dal punto di vista
concreto. Che attività svolgete in cooperativa con i ragazzi?
Le attività interne hanno lo scopo di far acquisire ai ragazzi
delle piccole autonomie, partendo dai gesti più quotidiani come
lavarsi le mani o prepararsi un panino, fino ad arrivare ad azioni più
complesse. Alcuni di loro, per esempio, sono in grado di utilizzare il
computer, di realizzare oggetti con il decoupage, che vengono poi venduti
per il sostentamento della cooperativa. Molto spesso capita di uscire
dai locali della cooperativa, anche solo per una passeggiata o per mangiare
una pizza. Da tre anni a questa parte organizziamo i progetti Sollievo,
cioè delle gite di un week-end in zone climatiche. Il loro scopo,
oltre a quello di far vivere ai ragazzi un'esperienza nuova, è
quello di concedere ai genitori qualche giorno di tranquillità,
per ritrovarsi anche come coppia, dal momento che un figlio disabile in
casa tende ad attirare su di sé le attenzioni dei genitori.
Ci sono delle particolari iniziative che state portando avanti in collaborazione
con altri enti?
Col tempo siamo riusciti a costruire una rete di rapporti istituzionali
molto fitta. Per esempio i ragazzi frequentano l'associazione Futura di
Cremona, che offre ai disabili servizi di tipo motorio, come l'ippoterapia.
Collaboriamo anche con l'associazione Sistema Salute di Casalmaggiore,
che invia fisioterapisti ogni settimana e che ci affianca nelle attività
di idroterapia in piscina. Una volta alla settimana svolgiamo attività
sportive con l'Atletica Interflumina e con lo Space, e recentemente abbiamo
messo in piedi una squadra di calcetto, partecipando anche a dei tornei
provinciali e regionali.
Nel corso degli anni avete trovato a Casalmaggiore un ambiente favorevole?
Devo dire che a Casalmaggiore ho trovato molte persone disponibili e aperte
nei confronti del nostro lavoro e dei nostri ragazzi, nonostante spesso
sia difficile rapportarsi al mondo della disabilità. Spesso infatti,
trovandosi a contatto con disabili, vengono a galla anche i nostri stessi
limiti, e questo può spaventare specialmente chi non ha scelto
la strada dell'educatore.
Per quanto riguarda l'adesione dei volontari la partecipazione è
alta, anche tra i giovani. E non si tratta di un volontariato fatto per
pietà e compatimento, ma di una scelta di ragione, una sincera
voglia di passare del tempo con queste persone.
Vi è mai capitato di assistere a casi di intolleranza nei confronti
di un disabile?
Per fortuna no, e francamente se fosse successa una cosa del genere la
mia reazione non sarebbe stata leggera. Questi episodi sono sempre accaduti,
e accadono anche oggi, come a volte sentiamo in televisione o sui giornali.
Io penso però che sia sbagliato dare troppo risalto a certi atti
violenza e bullismo che esistono da sempre, per il solo scopo di far notizia.
Non mi sento davvero di colpevolizzare più di tanto gli autori
di questi comportamenti, ma ritengo che la vera colpa sia stata quella
di voler parlare a tutti i costi di integrazione, senza agire di conseguenza
nella scuola e nella società. Devo riconoscere però che
oggi nel mondo dei giovani le parole "maturità", "responsabilità"
e "solidarietà" faticano ad essere pronunciate, e a volte
può esserci chi non è in grado di riconoscere i propri limiti,
ai quali la disabilità ti mette di fronte.
Qual è il suo rapporto con la disabilità, anche nell'ambito
del suo lavoro?
Sono innamorata del mio lavoro e dei miei ragazzi, e il mio obiettivo
è quello di essere sempre in grado di rispondere ai loro bisogni.
Penso che questo lavoro sia sostanzialmente una specie di vocazione, che
spinge ad avvicinarsi alle persone disabili, a vedere in loro la stessa
umanità e bellezza che c'è nelle persone con cui normalmente
abbiamo a che fare. Dobbiamo però capire, noi che facciamo parte
di questo ambiente, che non tutti possono vivere la disabilità
come noi la viviamo: non ci si improvvisa educatori di persone disabili,
occorre un percorso di formazione e anche una naturale predisposizione
e forza d'animo.
Lavorare in questo ambiente dà molte soddisfazioni, si dà
molto ma si riceve anche molto, non solo dal punto di vista emotivo, ma
anche nel vedere questi ragazzi realizzati in qualche cosa. Stare dentro
questo mondo aiuta ad apprezzare ogni momento della vita, in tutte le
circostanze quotidiane, e insegna a comunicare in modo più profondo
di quanto non si faccia di solito, usando lo sguardo e i gesti. Il mondo
della disabilità è un mondo bello e felice, se solo si ha
il coraggio di tirare fuori il meglio e di dargli spazio.
Qual è lo spirito che anima la vostra cooperativa?
Il messaggio che la Santa Federici vuole lanciare è che la disabilità
è una risorsa, sia dal punto di vista produttivo - la cooperativa
Storti lo ha dimostrato ampiamente - sia relazionale ed emotivo, e come
tale va aiutata a crescere e a svilupparsi. Tengo a sottolineare che la
Santa Federici oggi è quella che è grazie ad una storia,
una tradizione di volontariato fatto col cuore e di amore per le persone
disabili, sentimento che rimane tuttora e permette alla nostra cooperativa
di continuare a svolgere il suo prezioso compito.
A cura di
Martina Abelli
Giuseppe Belluzzi
Antonio Lucotti
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