"Bagnasco: con serenità e chiarezza"
L'arcivescovo di Genova, monsignor Angelo Bagnasco, è stato nominato il 7 marzo scorso dal Papa a presiedere la Conferenza Episcopale Italiana, dopo i 16 anni del card. Ruini. Riportiamo i brani più significativi di un'intervista apparsa su Avvenire l'11 marzo.
da "Ritrovarci": anno XXX - numero 2 - marzo 2006

 

Lei raccoglie il testimone dal cardinale Ruini. Quali elementi della sua eredità vuole fare suoi?
"Due su tutti. Anzitutto il suo tipo di approccio a qualunque tipo di problema, che è sempre stato sostanzialmente pastorale. C'è poi la grande intuizione del Progetto culturale che al cuore ha la questione antropologica. Ruini c'è attivato prima di tutti, nel '94: già allora aveva capito che la cultura italiana sarebbe andata a misurarsi sull'identità della persona umana. Tutte le questioni eticamente sensibili hanno alla loro radice la visione dell'uomo".
Quale sarà il suo stile nella conduzione della Cei?
"Tra le molte cose lette in questi giorni, c'è una parola nella quale mi riconosco: 'serenità'. Mai lo scontro, ma fermezza sui principi. Il Papa ci dà l'esempio: garbato nel linguaggio, ma senza cedere su quello che conta. E' lo stile di chi vuol rendere il servizio della chiarezza".
La Chiesa richiama lo Stato ai suoi doveri, ma non tutti oggi gradiscono…
"Va ricordato con chiarezza che le scelte individuali hanno sempre riscontri di carattere comunitario. Uno Stato deve difendere la libertà individuale insieme al bene comune, che non è la somma di tanti singoli vantaggi, ma un organismo armonico retto su valori capaci di creare il bene di tutti: la famiglia e il rispetto per la vita, la libertà di educare i figli e la libertà religiosa… Uno Stato che sta a guardare, per il quale tutto dipende esclusivamente dalle scelte dell'individuo, non ha in mente una categoria di bene comune".
Vale anche per la famiglia?
"Certo. Legittimare qualsiasi istanza vuol dire andare contro un'esperienza millenaria, una tradizione universale; nella famiglia formata da uomo e donna e aperta a generare la vita l'umanità da sempre riconosce il luogo imprescindibile per la propria perpetuazione e per l'educazione alla vita stessa. La storia ci consegna questo patrimonio naturale, un dato oggettivo. La comunità sociale riconosce ogni nuova famiglia come soggetto importante, nucleo fondante della sua stessa sussistenza, e la tutela individuando in essa il requisito della stabilità e dell'impegno pubblico. I diritti derivano da questa funzione sociale. E' interesse della società tutelare la famiglia, perché così facendo tutela anche se stessa. Ecco perché occorre insistere in tutte le sedi perché siano attivate efficaci politiche per un vero rafforzamento della famiglia come bene prezioso di un Paese".
Si fa un gran parlare della necessità di "nuovi diritti"…
"Nessuna condanna per le convivenze, è inaccettabile invece creare un nuovo soggetto di diritto pubblico che si veda assegnati diritti e tutele in analogia alla famiglia. La legge ha anche una funzione pedagogica, crea costume e mentalità. I giovani già oggi disorientati si vedono proporre dallo Stato diversi modelli di famiglia e certo non vengono aiutati a diventare cittadini adulti. Molto di ciò che viene chiesto è già oggi garantito dal diritto privato, una via però rifiutata per creare un nuovo soggetto alternativo in nome di una pretesa ideologica".
Un altro nodo è quello relativo alla fine della vita. Su quale frontiera dovrà attestarsi la Chiesa?
"Una società che codifica l'assoluta libertà di ciascuno su se stesso, ad esempio con l'autodeterminazione senza alcun limite rispetto alla morte, si pone sulla via dell'implosione: l'assoluta libertà sciolta da ogni vincolo è la premessa per qualsiasi forma di violenza, di sopraffazione, di conflitto. E' necessario che la cultura di oggi torni a riconoscere il senso del limite. Sciolta da valori oggettivi, che è compito di una società riconoscere, la libertà si rivolta contro se stessa".
In un Paese lacerato su tutto è ancora possibile trovare un accordo non al ribasso su questi principi?
"Quando il Papa insiste sulla necessità di allargare gli spazi della razionalità, intende dire che la ragione non va mortificata riducendola a strumento che tutt'al più indaga sul funzionamento delle cose. Sono anche altri gli spazi che la ragione può esplorare, come il senso della vita e del mondo, della gioia e del lavoro, del dolore e della morte. Dove poi la ragione trova un orizzonte decisivo è sul terreno della questione etica, la capacità cioè di riconoscere il bene e il male indagando razionalmente sui valori. Va recuperata la dimensione della natura umana oggettiva, contro la quale si vede all'opera un accanimento culturale da parte di un'ideologia che descrive l'uomo come costruzione culturale variabile. La conseguenza è la sostituzione di qualsiasi valore assoluto con interessi e desideri transitori, sui quali si consuma una divisione senza fine. Il diritto positivo, privato del suo fondamento nel diritto naturale, diventa terreno di affermazione della prepotenza".
Che cosa direbbe agli uomini che oggi reggono le sorti della nostra vita pubblica?
"I politici che cercano il consenso rincorrendo alcuni aspetti parziali della società si allontanano dalla gente e dalla stessa idea del bene di tutti, oggi centrata sui grandi temi etici. La politica ha come scopo il bene comune, non l'inseguimento dei desideri".


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