Senza Dio i conti non tornano
Benedetto XVI a Ratisbona, in una magistrale lezione, torna su uno
dei temi a lui cari: il rapporto tra fede e ragione. La razionalità,
ben intesa, è amica di Dio: come dimostra il nesso profondo tra
il pensiero greco, il patrimonio di Roma e lesperienza cristiana.
Senza Dio, è luomo a uscirne ridotto. Bisogna dunque riprendere
il coraggio di aprirsi allampiezza della ragione. E ricordarsi che
la vera tolleranza comprende il timor di Dio. Solo credendo nel Dio di
Gesù Cristo possiamo liberarci dalle tante paure del mondo e dallangoscia
di una esistenza vuota e senza senso.
Nella nostra università cera una stranezza: due facoltà
che si occupavano di una cosa che non esiste: Dio. Di nuovo in cattedra,
nellateneo in cui ha insegnato dogmatica dal 1969 al 1977, Benedetto
XVI esordisce con una serie di ricordi. Tra i quali cè anche
questa frase di un docente dei suoi tempi, che così cercava di
sminuire lo status scientifico della teologia. Trentanni
dopo, al Papa che torna nelluniversità di Ratisbona (12 facoltà,
25mila studenti), quella frase serve, invece, per ribadire che credere
è ragionevole, per affermare che Dio agisce con
ragione e parola (logos) e che, dunque, non lo si può ridurre
a problema prescientifico. Anzi, allargare i confini
della ragione e del suo uso, includendovi le domande fondamentali
sulluomo, è necessario specie oggi che abbiamo bisogno di
dialogo vero con le culture e le religioni. Un dialogo urgente
anche per disinnescare due opposti fondamentalismi. Quello irragionevole
appunto, che mira a diffondere la fede mediante la violenza
(chiaro il riferimento alle diverse guerre sante: La violenza è
in contrasto con la natura di Dio e la natura dellanima),
ma anche quello, tutto occidentale, che riduce la ragione alla sola scienza
empirica.
Papa Ratzinger pronuncia il suo discorso di fronte ai rappresentanti della
scienza, nellaula magna dellateneo, gremita di docenti e studenti,
che allarrivo gli tributano anche un breve omaggio musicale. Il
tema è quello che più gli è caro. Il rapporto tra
fede e ragione. E il Papa non risparmia le critiche al pensiero scientista.
Una ragione, che di fronte al divino è sorda e respinge la
religione nellambito delle sottoculture afferma infatti
è incapace di inserirsi nel dialogo delle culture. Specie
quelle culture profondamente religiose che vedono proprio in questa
esclusione del divino un attacco alle loro convinzione più intime.
E un pensiero su cui il Papa si era già intrattenuto due
giorni prima, durante lomelia della messa a Monaco di Baviera, parlando
delle popolazioni dellAsia e dellAfrica, che rimangono spaventate
dal cinismo dellOccidente. La vera minaccia per la loro identità
aveva affermato a Monaco il Papa non la vedono nella fede
cristiana, ma invece nel disprezzo di Dio e nel cinismo che considera
il dileggio del sacro un diritto della libertà ed eleva lutilità
a supremo criterio morale per i futuri successi della ricerca. Cari amici
continuava Benedetto XVI questo cinismo non è il
tipo di tolleranza e di apertura culturale che i popoli aspettano e che
tutti noi desideriamo. La tolleranza di cui abbiamo urgente bisogno comprende
il timor di Dio, il rispetto di ciò che per altri è cosa
sacra. Questo rispetto per ciò che gli altri ritengono sacro presuppone
che noi stessi impariamo nuovamente il timor di Dio.
Il riferimento non è solo allislam. Ben più ampio
è infatti il quadro tracciato dal Papa, che spiega, ad esempio,
lincontro tra pensiero greco e fede cristiana, ricordando come proprio
questo incontro, al quale si aggiunge successivamente il patrimonio
di Roma, ha creato lEuropa.
Proprio perciò egli mette in guardia dai tentativi di disellenizzazione
del cristianesimo, succedutisi dal 500 ad oggi. In particolare Benedetto
XVI contesta la tesi secondo cui soltanto il tipo di certezza derivante
dalla sinergia di matematica ed empiria ci permette di parlare di scientificità.
Questo metodo infatti esclude il problema Dio, facendolo apparire
come ascientifico o prescientifico. In questo modo, argomenta il Papa,
gli interrogativi propriamente umani, cioè quelli del da
dove e del verso dove non possono trovare posto nello
spazio della comune ragione descritta dalla scienza e devono
essere spostati nellambito del soggettivo. Il pericolo è
evidente. Lo costatiamo nelle patologie minacciose della religione
e della ragione.
Che cosa bisogna fare, dunque? Benedetto XVI precisa che dobbiamo allargare
il nostro concetto di ragione. E ciò sarà possibile
se superiamo la limitazione autodecretata della ragione e ciò
che è verificabile nellesperimento, e dischiudiamo ad essa
nuovamente tutta la sua ampiezza. Anche le grandi esperienze
e convinzioni religiose dellumanità, specialmente quella
della fede cristiana, costituiscono una fonte di conoscenza. E perciò
anche la teologia, come interrogativo sulla ragione della fede,
deve avere il suo posto nelluniversità e nel vasto dialogo
delle scienze. Con buona pace del suo antico collega e di quanti
la pensano come lui.
Durante la messa del mattino a Ratisbona, Benedetto XVI nellomelia
aveva anche affermato che allorigine di tutta la realtà cè
il Verbo eterno, la Ragione e non lIrrazionalità. Per
questo motivo, credere è ragionevole. E se fin dallilluminismo
la scienza è stata tentata di considerare superfluo Dio, in realtà
senza Dio appare evidente che i conti non tornano. La prova
si ha guardando alla storia delluomo. Oggi conosciamo le patologie
e le malattie mortali della religione e della ragione prosegue
il Papa le distruzioni dellimmagine di Dio a causa dellodio
e del fanatismo. E sappiamo anche che proprio a causa della paura
di Dio nacque lateismo moderno. Per curare queste malattie,
afferma Papa Benedetto XVI, è importante dire con chiarezza
in quale Dio noi crediamo e professare convinti questo volto umano di
Dio. Solo questo Dio ci salva dalla paura del mondo e dallansia
di fronte al vuoto della propria esistenza.
|