"LA FAMIGLIA, OGGETTIVAMENTE SOGGETTO"
 
da "Ritrovarci": anno XXIX - numero 2 - aprile 2006

Trascrizione ed adattamento a cura dell'Associazione Famiglie S.Stefano

LA FAMIGLIA, OGGETTIVAMENTE SOGGETTO

Oggi la famiglia sembra attraversare una profonda crisi di identità. Sempre meno giovani la scelgono, attraverso il vincolo del matrimonio, quale terreno privilegiato di realizzazione delle aspirazioni umane più profonde di bene, di fedeltà, di amore. Perché sta accadendo questo? La famiglia può ancora essere considerata un prezioso bene sociale oltre che personale? La famiglia è soggetto sociale? Se si, esistono politiche che la riconoscano e la promuovano? E se non esistono si possono progettare ed attuare anche a livello locale?
Queste domande di fondo hanno spinto l'Associazione Famiglie S.Stefano insieme alla parrocchia di S.Stefano ad approfondire la questione invitando un esperto.
Mercoledì 22 febbraio, presso il centro post-universitario S.Chiara di Casalmaggiore il prof. Francesco Belletti, sociologo e direttore del C.I.S.F. (Centro Internazionale Studi Famiglia) ha risposto alle nostre domande con una interessantissima relazione. Folto pubblico, pochi gli amministratori presenti, seppure invitati espressamente. La famiglia non è ancora entrata a pieno titolo come soggetto degno di attenzione nelle agende delle amministrazioni locali. Esse peraltro non ne conoscono neppure le caratteristiche (a parte quelle che si rivolgono ai servizi sociali in qualità di richiedenti sussidi) poiché neppure anagraficamente la famiglia viene censita in quanto tale, ma solo come insieme di individui. Un dato per tutti: nel comune di Casalmaggiore le famiglie fino a tre componenti rappresentano l'80% della popolazione residente; non è dato sapere però come esse siano composte, cioè qualitativamente quale sia la loro struttura.
La serata è iniziata con una introduzione di don Alberto Franzini il quale ha esposto considerazioni di carattere etico-antropologico, ha presentato una famiglia quale patrimonio dell'umanità fondata sul diritto naturale, antecedente lo stato e quindi da esso non modificabile a piacimento. La stessa Costituzione Italiana all'articolo 29 descrive la famiglia come "società naturale fondata sul matrimonio", dunque sull'unione coniugale stabile e pubblicamente riconosciuta di un uomo e di una donna. In tutti questi decenni mai la Corte Costituzionale ha avallato l'idea di una equiparazione o di una possibile equiparabilità tra la famiglia fondata sul matrimonio e le unioni di fatto.
Dopo l'intervento introduttivo di don Alberto, ha preso la parola Gianfranco Salvatore, in rappresentanza dell'Associazione Famiglie S.Stefano e del Forum Provinciale delle Associazioni Familiari di Cremona introducendo la "questione famiglia" con dati riguardanti il costo dei figli, la difficile conciliabilità tra lavoro e famiglia, una evidente disparità di trattamento fiscale delle famiglie monoreddito rispetto a quello bireddito e di carico fiscale in presenza di familiari a carico.
Il prof. Belletti ha iniziato la sua trattazione parlando dell'evoluzione della famiglia nel corso degli anni, con il suo "dimagrimento" come numero di componenti dovuto al figlio unico come modello. Un aspetto importante delle famiglie di oggi è la presenza dei "giovani-adulti" che non se ne vogliono andare e che non vengono lasciati andare. C'è una alleanza perversa tra generazioni che non consente ai propri figli di diventare adulti. Altro problema serio è la forte presenza di anziani di cui le famiglie si fanno carico, facendolo gravare quasi esclusivamente sulla donna. Tra qualche anno due figli unici si sposeranno e quella donna sarà nella condizione di avere in casa quattro genitori anziani da accudire. Prevalendo il modello del figlio unico, inevitabilmente la capacità di cura delle famiglie italiane sarà sempre minore. A tutto questo la famiglia si è adattata riducendo il numero dei figli. Effettivamente un figlio diminuisce il tenore di vita del 30%; un bambino portato adulto costa 100/150 mila euro, nella migliore delle ipotesi. Inoltre oggi si è di fronte ad una fragilità del legame di coppia che è diventato anche statisticamente e quantitativamente forte. L'anno scorso sono stati 230.000 i matrimoni, 80.000 le separazioni e 40.000 i divorzi. I figli nati fuori dal matrimonio oggi sono l'11/12% e fino a 10/20 anni fa erano sotto il 5%. Quando si intervistano i giovani, l'80% mette al primo posto nei valori la famiglia, prima degli amici, prima del lavoro. Tutti si sono accorti dell'importanza della famiglia, peccato che non si capisca bene quale sia il contenuto e l'identità da difendere. L'attacco alla famiglia avviene attraverso la perversione delle parole: la legge per l'interruzione volontaria di gravidanza si chiama "per la tutela sociale della maternità" eppure consente l'aborto.
Quali sono le sfide per cui oggi la famiglia ha bisogno di un aiuto dall'esterno?
Una prima questione fa riferimento alla condizione economica. I recenti dati Istat sulla povertà ci dicono che tante famiglie non riescono più a tirare alla fine del mese. La seconda difficoltà è quella della difficile integrazione sociale: la famiglia isolata è una famiglia molto fragile, la famiglia che non sa a chi chiedere, di immigrati o extracomunitari che non hanno parenti, non conoscono la lingua, è una famiglia a rischio. Una terza situazione di fragilità è quella delle relazioni familiari che oggi tengono di meno, così come la relazione di coppia. Una quarta situazione che mette a dura prova la famiglia è la presenza di un membro debole; un anziano, un bambino disabile, un figlio con una forte devianza è una famiglia che da sola non ce la fa. Un'altra forte questione è quella che fa riferimento a temi etici quali l'accoglienza della vita, al lutto ed alla morte.
Ma la famiglia a chi può chiedere aiuto?
A livello locale prima di tutto si può parlare con le famiglie. Ascoltarle in quanto famiglie. Di solito le famiglie arrivano per ultime a sedersi attorno ad un tavolo.
L'esperienza dell'affido familiare ha detto molto su questo. L'affido è una esperienza nel settore pubblico ma la risorsa principale è una famiglia che fa servizio sociale in quanto famiglia, che è il suo "mestiere". Esiste la questione dei tempi e degli spazi. La legge 53 del 2000, sui congedi parentali, prevedeva l'individuazione, nei comuni sopra i 30.000 abitanti, di un responsabile dell'armonizzazione dei tempi, dei servizi, degli orari, dei trasporti. L'idea è che un po' tutta la città deve organizzarsi a misura di famiglia. Questo vuol dire che i rigidi orari dei nidi, ad esempio, non andavano bene. Infatti poco per volta il servizio è diventato flessibile. Sul lavoro invece non è stato possibile perché sembra che le regole del lavoro siano inviolabili. Oggi la flessibilità è sulla misura dell'azienda. Facciamo un esempio: i centri commerciali aperti di domenica. Problemi etici sollevati dalla Chiesa, dall'ufficio lavoro, problemi dei dipendenti che lavorano in questi esercizi e che rischiano di non avere più tempo per la famiglia, ma allo stesso tempo grande presenza di famiglie che usano il centro commerciale come spazio ricreativo e per passare il tempo libero. Questa scelta ha una conseguenza sulle famiglie che non è banale. E' l'intera collettività che deve ripensare l'organizzazione dei suoi tempi e dei suoi spazi pensando alla presenza della famiglia. Quale è il modello di lavoratore ideale? E' quello che non ha persone a carico, che non ha gente che si ammala a casa. Vogliamo costruire una società così? Ci va bene? Evidentemente no, ma chi è che si prende la briga di mettere in dubbio questo tipo di organizzazione? La vera sfida è una co-progettazione insieme agli amministratori pubblici. Una delle domande che le famiglie farebbero se avessero un po' più di voce è di avere una relazione privilegiata con un operatore di riferimento. Se uno ha un figlio disabile, per i compiti di cura deve parlare con mille persone, rivolgersi a mille uffici diversi, con linguaggi diversi e con parametri diversi. La famiglia accompagnata da un operatore affidabile si sentirebbe accolta ed aiutata nel percorso di sostegno alle difficoltà interne.
Parlare della centralità della famiglia significa avere un approccio sussidiario. Il criterio è che il responsabile della risposta ai bisogni è quello più vicino possibile al bisogno. La sussidiarietà dice: sei tu il primo che si deve riorganizzare. Poi possono intervenire altri soggetti quali la famiglia, la rete di amici, le associazioni, la società civile ed infine il sistema pubblico. Ovviamente deve esistere una società civile che possa farsi carico di questo in una ottica di solidarietà. Bisogna aiutare la gente ad aiutarsi. L'ente pubblico dovrebbe verificare i bisogni e progettare insieme con le famiglie gli interventi da fare. Un primo passo è quello di raccordare l'associazionismo, portare le famiglie insieme. Questo presuppone una amministrazione dialogante. Le politiche familiari a livello locale spesso vengono intrappolate nelle politiche sociali. Quanto di familiare c'è negli altri assessorati? L'idea di fondo che volevo fare passare è che le politiche familiari non stanno dentro le politiche sociali ma stanno sopra tutte le altre politiche, sono trasversali.
La serata si è conclusa con moltissime domande del pubblico. La richiesta finale è stata quella di un maggiore coinvolgimento delle Associazioni Familiari presenti sul territorio e di una maggiore attenzione alla famiglia in quanto "soggetto sociale". Non chiediamo sussidi ma riconoscimento quale risorsa già presente ed attiva sul territorio. Gli assessori presenti si sono dichiarati disponibili e questo ci fa ben sperare. Aspettiamo che i fatti confermino le intenzioni.

Trascrizione ed adattamento a cura dell'Associazione Famiglie S.Stefano


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