“Cari ragazzi,
vi racconto il mio Gesù”
Un piccolo gruppo di bambini della Prima Comunione, insieme alle loro mamme, alle catechiste e a don Alberto, sabato 15 ottobre hanno partecipato a Roma in Piazza San Pietro all’incontro con Papa Benedetto XVI. Circa 150 mila i presenti alla grande festa, provenienti dalle diverse parrocchie italiane. Riproponiamo le riflessioni della scrittore Davide Rondoni, apparse su Avvenire del 16 ottobre.
da "Ritrovarci": anno XXVIII - numero 4 - dicembre 2005

Davide Rondoni

“Cari ragazzi,
vi racconto il mio Gesù”
Un piccolo gruppo di bambini della Prima Comunione, insieme alle loro mamme, alle catechiste e a don Alberto, sabato 15 ottobre hanno partecipato a Roma in Piazza San Pietro all’incontro con Papa Benedetto XVI. Circa 150 mila i presenti alla grande festa, provenienti dalle diverse parrocchie italiane. Riproponiamo le riflessioni della scrittore Davide Rondoni, apparse su Avvenire del 16 ottobre.

Perché li ha voluti incontrare? Perché è un rivoluzionario. Perché chiamare questa folla di bambini? A cui il programma iniziale dell’incontro ha riservato la canzoncina di Povia a Santa Teresa di Lisieux, Lino Banfi e Amy Stewart, i clown rumeni di Milù che recuperano i ragazzini di strada? Cosa tratteranno loro, nella loro memoria, di quell’impasto di retorica, testimonianze toccanti, di canti ed emozioni leggere e forti? Le parole e la presenza elementari di lui. Di te, che hai scommesso di parlare con loro di quel che nessuno a loro dice quasi più. Hai voluto parlare a loro di Gesù. Rispondendo in modo semplice alle domande che i bambini ha fatto con accento romanesco un po’ strascicato e simpatico.
Hai parlato a braccio, innanzitutto con il tuo ricordo personale, rompendo la retorica un po’ alta di cui ti circondano in queste iniziative. La tua prima comunione di tanti anni fa. Perché la fede è prima di ogni cosa il racconto di una vita. Hai detto, rispondendo alla prima domanda, che la comunione è “un dono che vale più di tutto il resto della vita”. Ma come si fa a dire così a questi piccoli, e attraverso di loro ai piccoli del mondo, ai quali tutti parlano d’altro? A questi che vedono noi grandi affaccendarsi dietro a tutt’altro, correre dietro a tante cose “importanti” che non sono mai Lui…Con quale coraggio, con quale semplicità puoi dirlo, Papa? Qui, nel mondo dove manca il pane da mangiare e a molti il pane del significato del vivere?
Hai messo te in mezzo a loro, come noi facciamo così raramente, pensando che i nostri piccoli debbano essere intrattenuti, distratti, istruiti da educatori, maestri di ginnastica e video di ogni genere…
Hai parlato poco, in modo diretto, semplice. Lo hai voluto fare come a dire a tutti noi: così si può fare. Raccontate di voi, di quel rapporto con Gesù. Hai toccato le cose elementari del catechismo. La confessione come segno di un lavoro su di sé. Perché si fanno sempre gli stessi peccati… Non distruggete l’amicizia con Gesù. Che è invisibile ma, così come le cose portanti della vita sono invisibili - dall’intelligenza alla corrente elettrica - hanno effetti importanti.
E cosa serve andare a messa, e cosa serve fare la comunione…
Poi ti ho visto, ti hanno visto fare l’adorazione. Cioè come Lo guardi. E allora ho capito: parli di quel che ami. Sarà questo che vedranno i nostri bambini: che cosa amiamo. Chi amiamo. Lo faremo vedere male, forse lo faremo vedere poco, ma di questo si tratta. Cosa stiamo adorando, noi grandi, noi adulti, Papa?
Mio padre si ricorda ancora di quando bambino lo portarono la prima volta in piazza san Pietro. Altri tempi. Da allora sembra cambiato tutto. La situazione politica, sociale, culturale. Ma anche allora la Chiesa voleva dire a quei bambini che han fatto l’Italia: non abbiate paura della vostra vita libera. Ancora lo dici, Papa, a questi piccoli. Indicando, in mezzo ai difetti di tutti, che esiste un amico che non ti molla. E che la Chiesa è una casa semplice, in fondo. Una vita e non una serie di regole per il successo e per sentirsi bravi.
Quale sarà l’effetto di questo grande raduno di bambini? Di questi piccoli miracoli i cui occhi e i cui gesti ci commuovono, e il cui destino ci fa tremare? Non lo sappiamo, tu stesso accetti di non sapere. Perché la vita della Chiesa non si misura in consenso, o in voti.
Che ne sarà di loro? Hai accettato di tremare con noi genitori di fronte a quel che sarà di loro, al mistero della loro vita appena iniziata. Ma hai posto un segno, un gesto, una indicazione di metodo per tutti. Stando di fronte ai nostri piccoli parlando di ciò che ami, e guardandoLo, supplicandoLo che non li abbandoni, perché sono Suoi.

Davide Rondoni


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