"TEMPO DI BILANCI?
PAROLA A DON ALBERTO"
All’alba del nono anno di ministero pastorale nella nostra parrocchia, il nostro Parroco si racconta e riflette sul mondo attuale
da "Ritrovarci": anno XXVIII - numero 4 - dicembre 2005

Lucotti Antonio, Abelli Martina e Belluzzi Giuseppe

TEMPO DI BILANCI?
PAROLA A DON ALBERTO
All’alba del nono anno di ministero pastorale nella nostra parrocchia, il nostro Parroco si racconta e riflette sul mondo attuale

C’è chi sostiene che nove anni sono un’eternità. Altri invece vivono ogni anno di questi nove come una nuova sfida, un nuovo traguardo da raggiungere, ma soprattutto, un nuovo punto da dove ripartire, facendo tesoro dell’esperienza dei precedenti anni, cercando sempre di migliorare. All’alba del suo nono anno di servizio nella nostra Parrocchia di Santo Stefano, Don Alberto Franzini si è concesso ai nostri taccuini per tirare un primo bilancio della sua esperienza nella nostra Comunità. Programmi, attività nel sociale, famiglia e vita in Parrocchia, questi i temi trattati nel nostro incontro con Don Alberto.


Novembre tempo di bilanci, dunque… In questi oltre otto anni come si è trovato nella nostra comunità, quali difficoltà ha trovato e quali aspetti positivi in generale ha notato?
“Innanzitutto ci sono voluti diversi anni per rendersi conto della Parrocchia, delle sue potenzialità, dei suoi problemi, della gente, delle tradizioni e delle tante realtà che la compongono. Le difficoltà maggiori sono derivate dal fatto che venivo da una vita completamente diversa da questa, cioè quella della direzione del Centro Pastorale Diocesano e dell’insegnamento di teologia presso il nostro Seminario, lo studentato dei Padri Cappuccini e l’Università Cattolica di Cremona. Ovviamente a cinquant’anni il salto non è stato indifferente: sono stato catapultato in una Parrocchia abbastanza vasta senza quasi alcuna esperienza parrocchiale, se non un’attività abbastanza limitata nelle parrocchie di Sant’Imerio e Cristo Re, entrambe nella città di Cremona”.


Quali sono stati i primi punti che ha voluto chiarire, appena arrivato a Casalmaggiore? Pensa che i parrocchiani abbiano recepito?
“Alcune situazioni avevano bisogno di essere definite, mentre altre si sono definite e si vanno definendo col passare del tempo, sempre che la Provvidenza mi voglia ancora per un po’ a Casalmaggiore. La prima priorità è stata la Casa dell’Accoglienza, realtà complessa avviata dal mio predecessore, una benemerita istituzione che tuttavia necessitava di alcune messe a punto di carattere logistico, sanitario, educativo. Dopo la partenza di Don Paolo mi sono trovato nella necessità di dare una direzione alla Casa dell’Accoglienza, incarico che non ero in grado di assolvere, perché mi sembrava sufficiente il mio nuovo incarico di parroco. La questione, insieme al Vescovo di allora Mons. Nicolini, è stata risolta affidando la direzione alla Caritas diocesana. Gli altri problemi che si presentavano erano essenzialmente i problemi classici di una qualsiasi Parrocchia: la liturgia, da preparare con cura, la catechesi, la formazione permanente degli adulti e la carità. Nei primi due ambiti mi sembra di essere riuscito, con l’aiuto dei preti collaboratori e dei parrocchiani, ad impostare correttamente una certa metodicità: nel campo liturgico, ad esempio, abbiamo dato vita a due Corali, una di adulti e una di ragazze, che animano le celebrazioni festive e le solennità più importanti. Per quanto riguarda il settore della carità, invece, mi trovo un po’ spiazzato, in quanto non abbiamo ancora una Caritas parrocchiale e quindi il servizio è ancora scoperto”.


Soffermiamoci un attimo sul problema della catechesi, spesso oggetto di abbandono dopo la Cresima da parte di molti ragazzi. Qual è il motivo di questo allontanamento dalla vita cristiana nei giovani, e come si può fare per attirarli di nuovo verso l’Oratorio?
“Il problema della catechesi ai giovani è molto complesso, perché sappiamo tutti quali sono le tendenze dei ragazzi di oggi, in primo luogo quella di concepire la Cresima come un traguardo che spesso costituisce un momento di distacco dalla vita di Chiesa e di Comunità. Per ovviare a questo fenomeno sono già state definite alcune linee a livello nazionale e diocesano per reimpostare il cammino dell’iniziazione cristiana. Ritengo, in ogni caso, che il vero problema sia la cultura di oggi, una cultura molto libertaria, soggettivistica, relativistica, per cui in ogni settore domina il fai-da-te. Si vive soprattutto di emozioni, di sentimenti, di piaceri momentanei, mentre manca quella che si potrebbe definire una proposta educativa seria ed impegnativa, che faccia davvero innamorare i giovani di Gesù Cristo e del Vangelo. Il tema principale è la qualità della cultura odierna, che spinge ad un forte disimpegno in tutti i campi della vita, quasi ad una banalizzazione della vita stessa”.


Recentemente si leggeva sui giornali che in alcuni paesi preti e genitori si erano accordati per modificare gli orari delle catechesi, che interferivano con gli allenamenti sportivi e gli impegni dei ragazzi e dei bambini…
“Questo è un problema organizzativo e secondario. Il vero obiettivo è come far tornare il messaggio di Gesù affascinante per le giovani generazioni, a fronte di un mercato che non offre oggi progetti esistenzialmente credibili. E’ evidente che se la fede cristiana diventa una delle tante attività da incastrare nell’agenda quotidiana, allora la fede perde sicuramente di sapore e di qualità. Se invece il perno, il centro della vita di un giovane è la fede in Gesù come a Colui che dà senso al vivere umano, allora possono starci dentro anche lo sport e il divertimento. Ciò che manca oggi è il senso. Il pane necessario per vivere non manca, ma manca il “pane del senso”.


La sua posizione su questo argomento è molto chiara e decisa, abbiamo notato… Ma l’avvicinamento alla fede passa anche dai luoghi che ospitano la nostra Comunità: quali sono state le principali iniziative per la conservazione delle strutture architettoniche e dei beni culturali della Parrocchia?
“In materia di conservazione del notevole patrimonio artistico della nostra Parrocchia, alcune opere sono già state avviate e concluse, per esempio il restauro delle campane della torre campanaria, l’impianto d’illuminazione e il quasi completo restauro della quadreria del Duomo. Un altro progetto quasi avviato è quello che riguarda l’organo del Duomo, uno dei più notevoli del nostro territorio casalasco, per il quale ci sono già pervenuti tre progetti, che si aggirano intorno ai 200.000 euro e che stiamo valutando in questi giorni. E’ già avviata la costruzione di una rampa di accesso al Duomo, per disabili, anziani e carrozzelle. C’è da pensare soprattutto al restauro dell’ex palazzo abbaziale, la cui progettazione è già stata avviata, ma che richiede finanziamenti per i quali ci stiamo muovendo. A concorrere a questi finanziamenti è anche la vendita di tutto l’ex collegio don Bosco, compreso il suo campo sportivo, visto che la Parrocchia non ha altre risorse a cui attingere. Siamo ormai in fase di avanzamento per quanto riguarda l’alienazione del campo e di tutti gli stabili del don Bosco, tranne ovviamente la Casa dell’Accoglienza”.


A cosa è finalizzato il restauro del palazzo abbaziale?
“Il restauro è necessario, dal momento che, se verrà lasciato ancora in queste condizioni, l’edificio negli anni crollerà. La destinazione è comunque pastorale: sale per incontri formativi, ristrutturazione delle aule per il catechismo, una rinnovata sede per l’archivio e la preziosa biblioteca parrocchiale, appartamenti per preti con servizi comunitari…”.


Cosa può dire, invece, in ambito culturale?

“In tutti questi anni la mia preoccupazione è stata anche quella di mostrare come la vita di una parrocchia comprenda anche momenti culturalmente alti: la promozione di conferenze, gli incontri mensili di Agorà presso il centro post-universitario Santa Chiara sulle tematiche principali del momento; l’offerta ai parrocchiani di concerti di musica sacra; la programmazione di percorsi di formazione rivolti alle famiglie su tematiche prettamente educative, grazie anche alla nascita dell’Associazione delle Famiglie di Santo Stefano”.


In questo senso la parrocchia è una specie di oasi nel deserto nel nostro territorio, dove raramente vengono proposte iniziative culturali di qualità…
“E’ importante introdurre nella vita della gente momenti di riflessione, che sono soprattutto educativi, dal momento che non si può vivere solo di “Sesso, droga e rock’n roll”, come si diceva ai miei tempi. Anche gli stessi viaggi e gite organizzati in questi anni, sia le mete giornaliere, intitolate “Percorsi tra fede e arte”, sia i viaggi lunghi e all’estero, non avevano come scopo il puro divertimento, ma un intento culturale ed educativo. Faccio qualche esempio: il pellegrinaggio in Terra Santa, in Turchia, in Andalusia, il viaggio in Grecia, in Portogallo, in Russia, nei grandi santuari dell’Europa, da Lourdes a Fatima. Ciascuno di questi è stato promosso con l’intento di far conoscere il patrimonio artistico e religioso cristiano, di andare alle fonti storiche della nostra fede, dal Medioevo e dal Monachesimo, fino al Rinascimento. Lo scopo, invece, delle gite di un giorno, che hanno toccato quasi tutte le città vicine, è quello di mostrare le opere e la cultura che la fede cristiana ha generato, grazie alla passione cristiana dei nostri padri. Quando una religione od un movimento di pensiero e di testimonianza di vita, è capace di produrre un’arte, che comprende anche dei capolavori, significa che siamo davanti a fenomeni vivi e profondi. L’arte diventa il segno che la radice che sta sotto è viva e sostanziale”.


Sappiamo che questa sua predisposizione alle attività turistiche le ha procurato il soprannome di “don tour operator”...
“Meglio questo nomignolo di tanti altri!”.


Per quanto riguarda i mezzi di comunicazione, come si è mossa la Parrocchia in questi anni?

“Grazie all’aiuto di don Davide e di molti altri collaboratori è stata messa a punto la cura degli strumenti della comunicazione sociale in parrocchia: il giornale parrocchiale è stato rinnovato, anche graficamente, con la cura dei particolari e soprattutto dei contenuti; il sito internet è visitato in media da una settantina di persone, con punte di novanta visite giornaliere; sono stati pubblicati numerosi fascicoli, in media cinque o sei all’anno (siamo ormai giunti al numero 51), che hanno aiutato la gente a pensare con serietà agli avvenimenti dell’oggi, il che è di grande importanza per non essere vittima dei cosiddetti maitre à penser, i predicatori che si impongono attraverso i media, non sempre oggettivi nei confronti del fenomeno religioso in generale, e in particolare del cristianesimo e della Chiesa cattolica”.


Ne ha parlato spesso anche nel suo libro “A tutto campo”…

“Sì, il libro rappresenta una sintesi e insieme anche un’analisi di quanto abbiamo detto. Si tratta di una ripresa analitica di alcuni pronunciamenti e di alcune riflessioni, in forma di intervista, che il parroco e la parrocchia hanno elaborato in questi anni, riguardo ad avvenimenti di portata mondiale e di tematiche. Penso ad esempio al tema dell’olocausto degli ebrei, al quale abbiamo ritenuto di associare anche la memoria di altri olocausti, dimenticati dalla cultura corrente, come l’olocausto dell’aborto, l’olocausto degli armeni, l’olocausto perpetrato dai regimi comunisti nel secolo scorso. Penso anche al documento redatto in occasione dell’11 settembre 2001 dai giovani dell’oratorio, un documento che era stato intercettato e pubblicato integralmente su Il Foglio e che aveva portato i giovani a partecipare al programma televisivo Excalibur. Il libro dunque raccoglie, oltre alle mie riflessioni sui temi di attualità (come ad esempio le radici cristiane dell’Europa, il rapporto con l’Islam, la presenza dei segni religiosi nell’ambito pubblico, la pace cristiana che è altro rispetto all’ideologia pacifista, il ruolo dei cattolici nella vita politica…), anche alcuni interventi pubblici che sono stati diffusi tramite il giornale, il sito internet, oppure distribuiti in chiesa al termine della messa o in occasione delle consultazioni elettorali. La Chiesa non è estranea alla vicenda politica, ovviamente rispettando le competenze e la legittima autonomia delle realtà terrene, senza comunque dimenticare che l’autonomia della politica dalla Chiesa non vuol dire autonomia dalla morale”.


Diciamo però che il suo rapporto con la politica non è stato facile. Spesso è stato accusato di essere politicamente schierato…

“Anche il Papa e il Cardinal Ruini sono accusati di fare politica. Mi trovo in buona compagnia! Del resto la Chiesa non ha soltanto una proposta spirituale, ma ha elaborato anche una dottrina sociale, alle quale cerco di ispirarmi e che è ancora troppo spesso sconosciuta a tanti cristiani, oppure è utilizzata solo in maniera ideologica e strumentale in base alle proprie opzioni partitiche.


Tutte queste proposte culturali di cui abbiamo parlato, sono state recepite e accolte adeguatamente dai parrocchiani? Insomma Lei è contento dei suoi parrocchiani?
“Un parroco è sempre contento, ma allo stesso tempo non è mai contento. Sempre contento perché un gruppo di persone segue con interesse, maturato sempre più in questi anni, gli incontri e le iniziative messe in cantiere dalla parrocchia. Mai contento, perché vorrebbe che l’affezione a questi temi fosse maggiore e creasse maggior opinione anche nella nostra stessa Casalmaggiore, che appare un po’ troppo apatica e indifferente di fronte alle grandi tematiche dell’oggi. Occorre non impaurirsi mai del numero, ma sfido chiunque a proporre oggi iniziative culturali di un certo calibro ed ottenere l’attenzione della masse. L’importante è non desistere dalla proposta culturale, che deve rimanere popolare, ma nello stesso tempo alta e robusta: questo vale per l’omelia della messa, per gli incontri di Agorà, per la catechesi settimanale, per gli interventi sui media…. E poi non bisogna dimenticare le tante persone che contribuiscono, volontariamente e gratuitamente, alla vita della comunità cristiana: dalle catechiste alle donne che accudiscono le nostre chiese, da coloro che distribuiscono il giornale parrocchiale ai volontari dell’oratorio, da chi cura l’archivio parrocchiale a chi presta il suo contributo per l’amministrazione della parrocchia…”.


Ci parli proprio della catechesi: come ha voluto impostarlo e quali sono le priorità?

La catechesi è un momento molto importante per una comunità cristiana, chiamata ad essere ‘perseverante nell’insegnamento degli Apostoli’, come ci suggeriscono gli Atti degli Apostoli. Quindi al centro deve rimanere la Parola di Dio, la conoscenza della Sacra Scrittura, per testimoniarla poi nella vita. Ho voluto dare agli incontri un’impostazione prevalentemente biblica, senza fermarci, ovviamente, al testo biblico, ma attualizzandolo nella nostra vita”.


Quindi giustamente dobbiamo impegnarci con assiduità a ritrovare le nostre radici, in modo da capire meglio aspetti della nostra fede e della nostra vita, che acquistano un senso vero e profondo se radicate nella tradizione.
“Certo, le nostre fondamenta sono importantissime ed è urgente riscoprirle e valorizzarle, cosa che manca nell’Italia e nell’Europa di oggi, che si rifiuta di riconoscerle, ma che ne ha assoluto bisogno per dar forma e contenuto alla propria identità, che sta smarrendo. A questo proposito anticipo che verranno organizzati due viaggi, proprio alla scoperta delle radici cristiane dell’Europa. Il primo avrà come meta la Polonia, sui passi di Giovanni Paolo II. Oltre all’apprendimento della grande eredità che questo Papa ci ha lasciato, si visiteranno i luoghi significativi della sua vita. Un viaggio nel cuore dell’Europa aiuta a riscoprire le radici cristiane di noi europei. L’altro viaggio previsto per l’anno prossimo avrà come meta il Benelux, alla scoperta dei grandi monumenti cristiani del centro e del nord dell’Europa e dell’arte fiamminga in particolare”.


E in campo sociale come si è mossa in questi anni la parrocchia?
“Insieme all’oratorio abbiamo promosso attività di una certa consistenza: il Grest e l’ ACR per i bambini, il doposcuola, che da tre anni è portato avanti da generosi volontari, l’Associazione Famiglie di Santo Stefano, che ripropone in sede locale le istanze del Forum Nazionale dell’Associazione Famiglie, l’Associazione della San Vincenzo, a cui abbiamo assegnato una sede sotto il campanile del Duomo e che eroga cibi e vestiario alle persone in difficoltà, gli aiuti caritativi che il Parroco fa personalmente, anche in forma di prestito, per situazioni personali e familiari di particolare difficoltà e che rimangono ovviamente coperte da discrezione. Inoltre, grazie alla Fondazione per l’assistenza ai minori, abbiamo aperto un Micronido, che viene incontro ai bisogni delle nostre famiglie. Proprio in questi giorni è giunta notizia che le suore Ancelle della Carità non potranno più gestire la scuola materna, per mancanza di personale. Dopo aver discusso a lungo con la direzione di Brescia delle Ancelle della Carità e la diocesi di Cremona, a cui dobbiamo un sentito ringraziamento, quest’ultima si prenderà carico della direzione dell’asilo tramite la cooperativa diocesana Cittanova a partire dal settembre 2006. Con questo nuovo accordo Casalmaggiore potrà ancora usufruire dell’ausilio delle Ancelle della Carità”.


A proposito di scuola, si era parlato di una possibile apertura a Casalmaggiore di una scuola elementare di ispirazione cattolica…

“L’idea non è mai stata abbandonata e ci si sta pensando da un paio d’anni. Le principali difficoltà sono logistiche, per la difficoltà di trovare un luogo idoneo, e finanziarie, a causa della mancanza di fondi statali verso le scuole non statali, il che rende difficoltosa la libertà educativa delle famiglie. Se si riuscirà ad attivare il progetto, di certo la scuola costituirà una risorsa culturalmente importante per il nostro territorio”.


Quindi una proposta di libertà educativa…
“La costituzione italiana, come tutte le grandi costituzione europee, parla di libertà educativa dei genitori, cioè parla della possibilità di mandare i propri figli nella scuola che è maggiormente in sintonia con il patrimonio e la visione educativa delle rispettive famiglie. In Italia però sulle scuole non statali grava ancora una cappa ideologica, perché si pensa che la scuola pubblica sia solo quella a gestione statale, quando in tutta Europa, in America e in altre parti del mondo le scuole sono gestite non solo dallo stato, ma anche da associazioni ed enti privati. Il compito dello stato deve essere quello di garantire al cittadino un’istruzione adeguata alle sue esigenze e alle esigenze della società, e qualsiasi monopolio statale dell’istruzione rappresenta un impoverimento della stessa società. Lo stato non dovrebbe impedire, anzi è chiamato a favorire, secondo il principio di sussidiarietà, gli enti e le persone che volessero aprire scuole conformemente alle leggi quadro dello stato. E’ compito delle stato mantenere il pluralismo educativo e scolastico, che attualmente in Italia fa molta fatica ad esistere, in conseguenza di perduranti pregiudizi ideologici, di gramsciana memoria.


Come si possono trovare le risorse per portare avanti questo progetto?

“Le risorse innanzitutto vengono dalle rette che le famiglie pagano per l’istruzione dei figli, perché in Italia le scuole non statali non sono sovvenzionate dallo stato, se non in misura minima. Ulteriori fondi possono arrivare da quelle famiglie che credono nella sfida educativa di una scuola di ispirazione cattolica, oppure da aziende o enti che sono interessati a iniziative di questo tipo”.


Abbiamo parlato di tante iniziative, ma la parrocchia ha anche una sua routine…
“Certamente. La preoccupazione prima di una parrocchia è la cura della formazione alla fede cristiana, con i mezzi più semplici e tradizionali: la Messa festiva, la celebrazione dei Sacramenti, i funerali, l’incontro con le famiglie in difficoltà e che attraversano momenti di dolore, la visita ai malati, gli incontri con le persone: tutto questo porta a stare a diretto contatto con la gente. Penso che al di là di tutto la parrocchia sia ancora quella istituzione ben radicata sul territorio, che, privato della sua presenza, sarebbe di certo meno ricco anche dal punto di vista sociale. La realtà della parrocchia si incrocia, nei momenti belli come nei momenti difficili, con la vita delle persone e rappresenta ancora un punto di riferimento forte, per tanti forse l’unico”.


Ha mai avuto rimpianti o momenti di nostalgia?
“Rimpianti sinceramente non ne ho mai avuti. Qualche punta di nostalgia per la vita dello studio c’è stata, ma certamente la vita parrocchiale e pastorale è molto più ricca e provocatoria. Personalmente credo di essere maturato molto più negli otto anni di ministero a Casalmaggiore che nei venticinque anni d’insegnamento. Ma aggiungo anche che senza i tanti anni di studio e di insegnamento sarei stato molto più sprovveduto nell’arte pastorale”.


Che cosa raccomanda in particolare ai parrocchiani?
“Che si innamorino un po’ di più di Gesù Cristo e del Vangelo e che si rendano conto della grande fortuna che hanno di appartenere alla Chiesa Cattolica, la quale, nonostante i limiti e i difetti della sua storia, ha prodotto una santità popolare, una sapienza di vita, un’arte, un patrimonio educativo, che non ha eguali al mondo. Bisogna proprio essere fuori dalla realtà per ostinarsi a coltivare un pensiero anticlericale, come succede ancora nella nostra Italia. La Chiesa è troppo radicata nella nostra terra per nutrire o far sorgere atteggiamenti anticlericali. Non che tutti debbano diventare cristiani, il che certo non mi rattristerebbe: ma bisogna essere miopi e culturalmente disonesti per non riconoscere la presenza di valore e di testimonianza della Chiesa cattolica nella società italiana, che anche gli avversari più seri riconoscono. Basti pensare ai plausi che la stragrande maggioranza dei parlamentari italiani ha tributato a Giovanni Paolo II in occasione del suo discorso di due anni fa al Parlamento”.


La conclusione la riserviamo sui temi di attualità: coppie di fatto, famiglia…
“Lo stato non può trascurare l’esistenza delle coppie di fatto, ma non c’è bisogno di equipararle alla famiglia fondata sul matrimonio. La famiglia è sicuramente cambiata rispetto alla generazione precedente, anche a causa dell’introduzione di leggi quali: il divorzio, reso sempre più facile e che ha contribuito a modificare l’idea di stabilità e di responsabilità; e l’aborto, che affidando alla sola donna il potere di scelta, ha finito per creare una sostanziale disimmetria fra uomo e donna. Il clima relativistico di oggi mette in questione tutte le scelte fondamentali della vita, le quali, anziché affascinare e attrarre, mettono paura e generano ritorni adolescenziali. E’ cambiata la scala dei valori: oggi al primo posto c’è il profitto, il guadagno, l’apparenza, piuttosto che la bontà o la giustizia o la bellezza. In Italia non è mai iniziata una vera politica a favore della famiglia, che si è trovata abbandonata a se stessa. Invece di chiedere il riconoscimento delle coppie di fatto o addirittura delle coppie omosessuali e la loro equiparazione alla famiglia naturale, la politica e la società dovrebbero avere più a cuore i veri problemi della famiglia, secondo i principi della costituzione italiana. Se vien meno la famiglia, è l’intera impalcatura della società a crollare. Torna in primo piano la sfida educativa: l’educazione è la ‘vera emergenza’ dell’Italia di oggi, come un recente appello, al quale cordialmente mi associo, mette in evidenza”.

Lucotti Antonio
Abelli Martina
Belluzzi Giuseppe


torna su