"Cari amici
": è l'espressione nuova, diventata
ormai familiare - continuamente ricorrente nei suoi discorsi - con cui
Benedetto XVI ha scelto di rivolgersi ai suoi interlocutori, quasi eco
dello stesso Gesù, che preferiva chiamare i suoi discepoli "amici".
L'ha usata anche con i musulmani, perché l'amicizia è disponibilità
e disposizione umanissima all'incontro e al dialogo con tutti.
"Più idee che slogan" ha detto qualcuno commentando i
discorsi di Benedetto XVI a Colonia. Sì, "questo Papa - ha
scritto Avvenire presentando i suoi discorsi - è un catechista
straordinario. Limpido ed efficacissimo". A lui è riuscito
il miracolo di dire cose ardue, profonde e coraggiose in modo semplice,
e quasi sottovoce, in punta di piedi, con uno stile fraterno e rispettoso,
e nello stesso tempo senza fare sconti sulla verità.
La grande stampa - e non solo quella tedesca - si è trovata spiazzata,
perché si attendeva e forse si augurava un grande flop. E invece
ha dovuto prendere atto: non solo della statura morale e intellettuale
di questo Papa, ma anche della gioia dei giovani di incontrare nuovamente
Pietro in quell' "umile servitore della vigna del Signore",
di sentir parlare liberamente di Gesù Cristo e di poterLo adorare
come il Signore di tutti e di tutto, in un'Europa che fa sempre più
fatica ad ascoltarne e a pronunciarne il nome.
Papa Ratzinger ha messo la sua enorme preparazione teologica e culturale
e la sua esperienza spirituale al servizio della nuova missione di Successore
di Pietro e quindi di Pastore della Chiesa universale.
E tutti lo hanno capito. Hanno capito che non bastano gli slogan: occorre
scendere in profondità, avere il coraggio di cercare e soprattutto
l'umiltà di ricevere i doni di un Dio che non è rimasto
nell'astrattezza e nella fumosità dei concetti, e nemmeno può
essere ritagliato sulla misura delle altalenanze dei sentimenti individuali
(è la religione del "fai-da-te"), ma si è rivelato
in una storia - la storia della salvezza - facendosi carne e volto nel
Figlio Gesù Cristo, raggiungibile attraverso la Sacra Scrittura,
la compagnia della Chiesa, i Sacramenti.
Benedetto XVI va dicendo - sulle orme di Giovanni Paolo II - che l'esilio
di Dio dall'orizzonte della storia contemporanea e dal più recente
pensiero europeo e occidentale ha finito per produrre l'eclisse dell'uomo,
la sconfitta della sua dignità, l'ottenebramento della sua ragione
circa il senso pieno dell'avventura umana e l'accecamento della sua coscienza
che porta ad abbattere ogni distinzione fra bene e male, fra verità
e menzogna.
Suonano fresche e cariche di speranza e di futuro quelle parole del Papa
ai giovani, pronunciate nel cuore della nostra vecchia Europa: "Spalancate
il vostro cuore a Dio, lasciatevi sorprendere da Cristo. Concedetegli
il diritto di parlarvi. Aprite le porte della vostra libertà al
suo amore misericordioso". Sì, perché forse i capipopolo
dell'Occidente - sempre più afferrati dal morbo di una modernità
intesa in modo rabbiosamente laicistico - hanno spento o stanno spegnendo
nelle nostre terre quelle radici, umanistiche e cristiane, che hanno alimentato
la linfa culturale ed esistenziale che ha reso grande la nostra storia,
fecondata dalla testimonianza di tanti santi, che sono "la scia luminosa
di Dio" e dai quali soltanto, in quanto adoratori di Dio, può
venire la "vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo".
"Non sono le ideologie che salvano il mondo - ha proclamato Papa
Benedetto ai giovani - ma soltanto il volgersi al Dio vivente, che è
il nostro creatore, il garante della nostra libertà, il garante
di ciò che è veramente buono e vero".
Ce n'è abbastanza per riandare e per nutrirsi di questo messaggio.
Consegniamo non solo ai giovani, ma a tutta la nostra comunità
parrocchiale alcuni fra i più importanti discorsi del Papa a Colonia.
Per non disperdere quella ricchezza e per alimentare la gioia "di
appartenere a questa grande famiglia" che è la Chiesa, la
quale "comprende il cielo e la terra, il passato, il presente e il
futuro e tutte le parti della terra".
|