BENEDETTO XVI
"IL PAPA DELLA FEDE"
 
da "Ritrovarci": anno XXVIII - numero 1 - marzo 2005

Don Alberto Franzini

Lo scorso mese di aprile si è aperto con l'agonia di Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyla, e si è chiuso con i primi passi del nuovo Papa, Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger: due uomini di Chiesa legati da una singolare e lunga amicizia, che risale al secondo conclave del 1978, dopo la morte di Giovanni Paolo I, quando l'allora card. Ratzinger, giovane arcivescovo cinquantunenne di Monaco, si trovò in sintonia con l'allora cinquantottenne card. Wojtyla, arcivescovo di Cracovia. "Occorre ritrovare - furono le parole stesse di Ratzinger - l'audacia di accettare, con cuore gioioso e senza tema di sminuirsi, la follia della verità". La Chiesa in quegli anni del dopo Concilio viveva al suo interno una stagione difficile, e nel suo rapporto con la modernità era tentata di essere risucchiata dallo "spirito dei tempi". Paolo VI visse nella sua carne quella stagione aspra e aggressiva, che ebbe il coraggio di denunciare con toni perfino drammatici, ma che non gli riuscì di sanare e di arginare.
I quasi ventisette anni di Giovanni Paolo II hanno affrontato e per certi aspetti risolto quella crisi: il mondo, dopo le prime incertezze e i primi sospetti circa il "Papa polacco", ha guardato con sempre maggior rispetto e simpatia, trascinato anche dalla sua personalità vivace e carismatica, a Giovanni Paolo II. La sua morte è stata la rivelazione - se ne ce ne fosse stato bisogno - della gratitudine di tutta la Chiesa e anche di una buona parte del mondo verso questo Papa, già definito "magno", ossia "grande", che ha abbattuto muri, ha denunciato i mali profondi del nostro tempo, ha ridato fiducia ai giovani, ha aperto strade di dialogo non solo con gli altri cristiani, ma anche con le altre religioni, ha difeso e tutelato - in tutti i modi - la dignità della persona umana in tutte le stagioni della vita, dal concepimento alla morte naturale, ha cantato la dignità del lavoro, la bellezza del matrimonio e della famiglia, il genio femminile, la fecondità del dolore e della sofferenza…Soprattutto ha avuto il coraggio di riannunciare il Signore Gesù Cristo come il vero "Redentore dell'uomo" in tutti gli angoli della Terra, con una dedizione infaticabile e con una fede intrepida, alimentata quotidianamente da una intensa vita di preghiera. E gli uomini di oggi hanno cominciato a guardare a Cristo e al Cristianesimo con occhi nuovi, proprio grazie alla testimonianza e alla personalità, umanamente così ricca e poliedrica, di Papa Wojtyla: hanno capito, proprio grazie a lui, che l'essere cristiani costituisce la fioritura, l'esplosione di tutto ciò che è genuinamente umano. La sua lunga malattia, portata con dignità fino alla fine e offerta a Dio e alla Madre di Dio ("Totus tuus" era il suo motto episcopale) con perseverante abbandono, non gli ha impedito di svolgere la sua missione di successore di Pietro, chiamato a confermare e ad irrobustire la fede dei suoi fratelli fino all'agonia e alla morte, vissute da centinaia di milioni di persone, unite al Papa morente anche in diretta televisiva.
"Dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore": queste le prime parole di Benedetto XVI, appena dopo la sua elezione, martedì 19 aprile, avvenuta in uno dei conclavi più fulminei della storia. Ha impressionato la celerità e dunque la pressoché totale compattezza e la quasi unanimità dei cardinali nel trovare un successore a Giovanni Paolo II, che volle accanto a sé Ratzinger fin dal 1981, come suo "braccio intellettuale" nel campo della tutela della "dottrina della fede". Ratzinger aveva partecipato come esperto ai lavori del Concilio Vaticano II e viene considerato uno dei teologi di maggior spessore della nostra epoca. Benedetto XVI è dunque preparato ad affrontare le sfide più profonde per il cristianesimo di oggi, riguardanti la conservazione e l'incarnazione della fede nella modernità, di fronte ad una cultura - quale è quella occidentale di oggi - pervasa dalla "dittatura del relativismo", dalle insidie del potere della scienza e della tecnica, dalla forza seduttiva di quelle ideologie idolatriche che fanno leva sul desiderio, anzi sul delirio di onnipotenza dell'individuo.
Forse non era mai successo ad un Papa di pronunciare la sua omelia programmatica il giorno prima dell'elezione, durante la messa "pro eligendo romano pontifice", quando, con una franchezza e con un coraggio degni di un grande Pastore, il card. Ratzinger ebbe, di fronte alla Chiesa e al mondo, a chiamare per nome le onde che agitano oggi la barca della Chiesa: "dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all'individualismo radicale; dall'ateismo ad un vago misticismo religioso; dall'agnosticismo al sincretismo"; non fermandosi, però, alla denuncia dei mali, ma suggerendo la terapia, ispirata ad una formula dell'apostolo Paolo: fare la verità nella carità. Così come era stata sorprendente la sua denuncia-confessione di un paio di settimane prima, durante la Via Crucis al Colosseo, quando nella sua meditazione sulla terza caduta di Gesù, il card. Ratzinger scriveva: "Quanta sporcizia c'è nella Chiesa… quanta superbia, quanta autosufficienza! … Abbi pietà della tua Chiesa!". Ratzinger conservatore? Si direbbe proprio il contrario, sulla linea di Giovanni Paolo II che aveva avuto il coraggio, durante l'Anno Giubilare del 2000, di chiedere perdono a Dio per i peccati dei figli della Chiesa lungo i secoli.
Benedetto XVI, il Papa della fede: così lo ha definito, a ragione, Dino Boffo, il direttore di Avvenire: perché "solo la fede - scrive Boffo - può dare alla morale ua consistenza non illusoria. Solo la fede - con l'antropologia che essa illumina - può preservare l'uomo moderno dalle auto-manipolazioni. Solo la fede può assicurare l'humus da cui le civiltà traggono i grandi valori della pace, della giustizia, della democrazia, senza che questi stessi valori ad un certo punto impazziscano".
Questo è apparso ai cardinali il lavoro essenziale per la Chiesa di oggi: rafforzare la fede. E credo che la rapidità stessa del conclave sia da leggersi come un segnale che i cardinali abbiano scelto l'uomo che, meglio di altri, potesse - per la sua prepazione dottrinale, la sua profonda spiritualità, la sua stima della grande tradizione ecclesiale, la sua conoscenza dei problemi della Chiesa universale, la sua consonanza con Giovanni Paolo II - affrontare le sfide dell'ora presente, senza cedimenti allo spirito del tempo, e traghettare la Chiesa verso porti più sicuri. Insomma, con Papa Ratzinger la Chiesa non ha scelto il minimo comun denominatore, non ha scelto di abbassare il livello: piuttosto ha scelto di puntare al massimo, ossia di mettere al sicuro la fede, che non è solo un patrimonio dottrinale, ma è soprattutto la fedeltà al Signore Gesù Cristo, unico Salvatore del cosmo e della storia, dentro al cammino avventuroso dell'esistenza, dove si gioca il proprio eterno destino.
E' sempre tremendamente attuale la misteriosa domanda di Gesù ai discepoli: "Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" (Luca 18,8). Benedetto XVI ci aiuti, come Giovanni Paolo II, a trovare la giusta risposta a questa provocazione del Signore.


Don Alberto Franzini


torna su