"La vita è cosa grande"
In merito ai prossimi referendum: emerge sempre più la necessità di un doppio no (un no al voto e un no ad un uso strumentale e ideologico del referendum, per affermare un sì convinto alla vita e alla famiglia
da "Ritrovarci": anno XXVIII - numero 1 - marzo 2005

di Don Alberto

La prossima consultazione referendaria chiama i cittadini italiani ad una scelta fra le più impegnative e le più cariche di futuro. Se entro nel merito, è per il motivo che la posta in gioco è troppo alta, per confinare la consultazione referendaria tra le "faccende di questo mondo", nelle quali non potrebbe legittimamente entrare la comunità cristiana, chiamata a più alti e spirituali compiti. La vita, infatti, è una cosa troppo seria, per lasciarla solo ai politici e ai politicanti. Le questioni, regolate e contenute nella legge 40, sulla procreazione medicalmente assistita, riguardano tutti, ma proprio tutti. E dunque anche una parrocchia - dove vive e viene educata alla fede cristiana e alla vita civile una parte non trascurabile della popolazione - ha tutto il diritto e il dovere di intervenire, anzitutto per coloro che frequentano la parrocchia stessa ed anche per coloro che, pur vivendo ai suoi margini, fossero interessati alla posta in gioco e fossero sinceramente aperti alla conoscenza delle cose.
Certo, la legge 40 non è una "legge cattolica", non traduce in legge dello Stato la morale cattolica, come si è accusato da più parti. (Apro una parentesi: i cittadini cattolici hanno comunque tutto il diritto e anche il dovere di proporre a tutti, attraverso gli strumenti della democrazia e del confronto culturale, la visione della vita ricevuta in dono dal Vangelo, soprattutto laddove tale visione si presentasse ricca di significato e di prospettive per tutti i cittadini e dunque per l'intera società. O l'essere cattolici costituisce una vergogna, un disonore, addirittura una reato da perseguire?). Non possiamo infatti condividerla almeno su tre punti. Il primo consiste nel fatto che non assicura integrità e salvaguardia della vita di tutti gli embrioni. Il secondo sta nel fatto che concede l'accesso alla fecondazione artificiale alle coppie di fatto, e non solo a quelle legittimamente coniugate. Il terzo sta nella stessa metodica della procreazione in vitro, che dalla Chiesa non è consentita per il motivo che tale tecnica viene a sostituire l'atto coniugale e quindi viola quella profonda connessione tra i due significati - quello unitivo e quello procreativo - che costituisce il senso e il mistero profondo dell'atto coniugale, l'unico che la Chiesa ritiene degno e pienamente adeguato per l'accensione della vita umana. Il generare, insomma, deve essere rispettoso della dignità di chi viene generato. E poiché chi viene generato è una persona appartenente alla specie umana, anche la modalità del generare deve essere contrassegnata in senso umano. Solo l'atto d'amore tra due coniugi - afferma la Chiesa - assicura pienamente l'umanità del generare umano. Un figlio ha il diritto di venire al mondo con un atto vero e pieno di maternità e di paternità, non assicurato né assicurabile dalle tecniche procreative.
Ciò premesso, nell'attuale situazione italiana la legge 40 costituisce una "buona legge", per i seguenti motivi.
Anzitutto - ed è il punto cruciale - l'articolo 1 "assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito". E' di grande importanza che il legislatore abbia introdotto questa affermazione, in quanto essa tutela finalmente la dignità dell'embrione, che è "uno di noi". Non hanno molto senso e appaiono molto sofistiche le questioni - sollevate in queste settimane - che discettano se e quando la vita umana concepita può essere dichiarata "persona". Non tocca né alla scienza, né alla politica, né al diritto, né allo Stato decidere quando il concepito è persona. Si tratta, infatti, di un problema squisitamente filosofico. Il diritto è chiamato semplicemente a prendere atto della realtà. Dal punto vista biologico, la realtà è che quando lo spermatozoo penetra l'ovulo, siamo subito in presenza di un individuo: e non di un individuo vegetale o minerale o animale, ma di un individuo umano, appartenente alla famiglia umana. E l'essere umano, indipendentemente dal suo stadio di sviluppo, è sempre un fine, mai un mezzo! Dal momento della fecondazione, la vita umana non può essere sottoposta ad alcuna negoziabilità, ad alcuna manipolazione che ne interrompa lo sviluppo e la crescita. Da qui il divieto, espresso nella legge 40, di compiere qualsiasi tipo di sperimentazione sugli embrioni, tranne nel caso in cui vengano perseguite finalità terapeutiche, volte alla tutela della salute dell'embrione stesso. Embrione quindi come soggetto di diritto, non come oggetto di manipolazione. Da qui appare ovvio anche il divieto di produzione di un numero maggiore di tre embrioni contemporaneamente (artt. 13-14), con l'intento di evitare selezioni preimpianto e produzione soprannumeraria.
Un secondo pilastro positivo della legge 40 sta nell'aver stabilito che il desiderio della donna o della coppia di avere figli non può superare il limite costituito dal rispetto della vita altrui. Insomma, il desiderio di uno non può essere assunto come criterio escludente il diritto di un altro; così come il desiderio di avere figli, in sé legittimo, non può essere fatto coincidere con la pretesa di averli ad ogni costo e a qualsiasi prezzo: il figlio infatti non è una cosa da possedere, ma un dono da accogliere. Il desiderio non è e non può essere l'unico criterio, e neppure può pretendere qualsiasi protezione giuridica. Ci sono dei limiti al delirio di onnipotenza dei desideri, che la legislazione è chiamata a proteggere, per il bene stesso della vita umana. Non tutto ciò che è tecnicamente possibile è eticamente legittimo.
Un terzo aspetto positivo: l'esclusione della fecondazione eterologa, ossia del ricorso a gameti prelevati da persone esterne alla coppia che vuole avere figli. In tal senso la legge 40 promuove garanzie anche per il diritto di famiglia, tutelando la stabilità della coppia e soprattutto il diritto del nascituro ad avere una famiglia con genitori noti.
I quattro quesiti referendari sono stati promossi proprio per annullare questi pilastri, con il pretesto - assai pretestuoso! - che la legge 40 non solo sarebbe un freno alla ricerca scientifica, ma impedirebbe la guarigione di tante malattie, possibile solo con il prelevamento di cellule staminali dagli embrioni. Fior di scienziati hanno già sconfessato questa menzogna, in quanto le grandi conquiste terapeutiche attuali sono dovute non alle cellule staminali embrionali, ma a quelle adulte, prelevate da vari tessuti dell'organismo adulto.
Per tutti questi motivi la posizione che sta raccogliendo i maggiori consensi non solo in tanti organismi di ispirazione cattolica (fra i quali è da ricordare, per esempio, il quotidiano Avvenire, i 173 consultori familiari, i direttori dei settimanali cattolici), ma anche nel Comitato "Scienza e vita", composto da oltre 110 personalità del mondo scientifico, culturale, politico e associativo, è quello del "doppio no": un no al contenuto dei quesiti referendari e un no all'uso distorto del referendum in materia di fecondazione. Da qui la scelta di proporre ai cittadini italiani, che condividono i contenuti della legge, di non andare a votare. Per dire un sì pieno alla vita e alla famiglia!
Con la grazia di Cristo risorto, buona Pasqua a tutti!

Don Alberto


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