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        La prossima consultazione referendaria chiama i cittadini italiani ad 
        una scelta fra le più impegnative e le più cariche di futuro. 
        Se entro nel merito, è per il motivo che la posta in gioco è 
        troppo alta, per confinare la consultazione referendaria tra le "faccende 
        di questo mondo", nelle quali non potrebbe legittimamente entrare 
        la comunità cristiana, chiamata a più alti e spirituali 
        compiti. La vita, infatti, è una cosa troppo seria, per lasciarla 
        solo ai politici e ai politicanti. Le questioni, regolate e contenute 
        nella legge 40, sulla procreazione medicalmente assistita, riguardano 
        tutti, ma proprio tutti. E dunque anche una parrocchia - dove vive e viene 
        educata alla fede cristiana e alla vita civile una parte non trascurabile 
        della popolazione - ha tutto il diritto e il dovere di intervenire, anzitutto 
        per coloro che frequentano la parrocchia stessa ed anche per coloro che, 
        pur vivendo ai suoi margini, fossero interessati alla posta in gioco e 
        fossero sinceramente aperti alla conoscenza delle cose. 
        Certo, la legge 40 non è una "legge cattolica", non traduce 
        in legge dello Stato la morale cattolica, come si è accusato da 
        più parti. (Apro una parentesi: i cittadini cattolici hanno comunque 
        tutto il diritto e anche il dovere di proporre a tutti, attraverso gli 
        strumenti della democrazia e del confronto culturale, la visione della 
        vita ricevuta in dono dal Vangelo, soprattutto laddove tale visione si 
        presentasse ricca di significato e di prospettive per tutti i cittadini 
        e dunque per l'intera società. O l'essere cattolici costituisce 
        una vergogna, un disonore, addirittura una reato da perseguire?). Non 
        possiamo infatti condividerla almeno su tre punti. Il primo consiste nel 
        fatto che non assicura integrità e salvaguardia della vita di tutti 
        gli embrioni. Il secondo sta nel fatto che concede l'accesso alla fecondazione 
        artificiale alle coppie di fatto, e non solo a quelle legittimamente coniugate. 
        Il terzo sta nella stessa metodica della procreazione in vitro, che dalla 
        Chiesa non è consentita per il motivo che tale tecnica viene a 
        sostituire l'atto coniugale e quindi viola quella profonda connessione 
        tra i due significati - quello unitivo e quello procreativo - che costituisce 
        il senso e il mistero profondo dell'atto coniugale, l'unico che la Chiesa 
        ritiene degno e pienamente adeguato per l'accensione della vita umana. 
        Il generare, insomma, deve essere rispettoso della dignità di chi 
        viene generato. E poiché chi viene generato è una persona 
        appartenente alla specie umana, anche la modalità del generare 
        deve essere contrassegnata in senso umano. Solo l'atto d'amore tra due 
        coniugi - afferma la Chiesa - assicura pienamente l'umanità del 
        generare umano. Un figlio ha il diritto di venire al mondo con un atto 
        vero e pieno di maternità e di paternità, non assicurato 
        né assicurabile dalle tecniche procreative.  
        Ciò premesso, nell'attuale situazione italiana la legge 40 costituisce 
        una "buona legge", per i seguenti motivi. 
        Anzitutto - ed è il punto cruciale - l'articolo 1 "assicura 
        i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito". 
        E' di grande importanza che il legislatore abbia introdotto questa affermazione, 
        in quanto essa tutela finalmente la dignità dell'embrione, che 
        è "uno di noi". Non hanno molto senso e appaiono molto 
        sofistiche le questioni - sollevate in queste settimane - che discettano 
        se e quando la vita umana concepita può essere dichiarata "persona". 
        Non tocca né alla scienza, né alla politica, né al 
        diritto, né allo Stato decidere quando il concepito è persona. 
        Si tratta, infatti, di un problema squisitamente filosofico. Il diritto 
        è chiamato semplicemente a prendere atto della realtà. Dal 
        punto vista biologico, la realtà è che quando lo spermatozoo 
        penetra l'ovulo, siamo subito in presenza di un individuo: e non di un 
        individuo vegetale o minerale o animale, ma di un individuo umano, appartenente 
        alla famiglia umana. E l'essere umano, indipendentemente dal suo stadio 
        di sviluppo, è sempre un fine, mai un mezzo! Dal momento della 
        fecondazione, la vita umana non può essere sottoposta ad alcuna 
        negoziabilità, ad alcuna manipolazione che ne interrompa lo sviluppo 
        e la crescita. Da qui il divieto, espresso nella legge 40, di compiere 
        qualsiasi tipo di sperimentazione sugli embrioni, tranne nel caso in cui 
        vengano perseguite finalità terapeutiche, volte alla tutela della 
        salute dell'embrione stesso. Embrione quindi come soggetto di diritto, 
        non come oggetto di manipolazione. Da qui appare ovvio anche il divieto 
        di produzione di un numero maggiore di tre embrioni contemporaneamente 
        (artt. 13-14), con l'intento di evitare selezioni preimpianto e produzione 
        soprannumeraria.  
        Un secondo pilastro positivo della legge 40 sta nell'aver stabilito che 
        il desiderio della donna o della coppia di avere figli non può 
        superare il limite costituito dal rispetto della vita altrui. Insomma, 
        il desiderio di uno non può essere assunto come criterio escludente 
        il diritto di un altro; così come il desiderio di avere figli, 
        in sé legittimo, non può essere fatto coincidere con la 
        pretesa di averli ad ogni costo e a qualsiasi prezzo: il figlio infatti 
        non è una cosa da possedere, ma un dono da accogliere. Il desiderio 
        non è e non può essere l'unico criterio, e neppure può 
        pretendere qualsiasi protezione giuridica. Ci sono dei limiti al delirio 
        di onnipotenza dei desideri, che la legislazione è chiamata a proteggere, 
        per il bene stesso della vita umana. Non tutto ciò che è 
        tecnicamente possibile è eticamente legittimo. 
        Un terzo aspetto positivo: l'esclusione della fecondazione eterologa, 
        ossia del ricorso a gameti prelevati da persone esterne alla coppia che 
        vuole avere figli. In tal senso la legge 40 promuove garanzie anche per 
        il diritto di famiglia, tutelando la stabilità della coppia e soprattutto 
        il diritto del nascituro ad avere una famiglia con genitori noti.  
        I quattro quesiti referendari sono stati promossi proprio per annullare 
        questi pilastri, con il pretesto - assai pretestuoso! - che la legge 40 
        non solo sarebbe un freno alla ricerca scientifica, ma impedirebbe la 
        guarigione di tante malattie, possibile solo con il prelevamento di cellule 
        staminali dagli embrioni. Fior di scienziati hanno già sconfessato 
        questa menzogna, in quanto le grandi conquiste terapeutiche attuali sono 
        dovute non alle cellule staminali embrionali, ma a quelle adulte, prelevate 
        da vari tessuti dell'organismo adulto.  
        Per tutti questi motivi la posizione che sta raccogliendo i maggiori consensi 
        non solo in tanti organismi di ispirazione cattolica (fra i quali è 
        da ricordare, per esempio, il quotidiano Avvenire, i 173 consultori familiari, 
        i direttori dei settimanali cattolici), ma anche nel Comitato "Scienza 
        e vita", composto da oltre 110 personalità del mondo scientifico, 
        culturale, politico e associativo, è quello del "doppio no": 
        un no al contenuto dei quesiti referendari e un no all'uso distorto del 
        referendum in materia di fecondazione. Da qui la scelta di proporre ai 
        cittadini italiani, che condividono i contenuti della legge, di non andare 
        a votare. Per dire un sì pieno alla vita e alla famiglia!  
        Con la grazia di Cristo risorto, buona Pasqua a tutti! 
         
        Don Alberto 
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