Una tradizione
L'Oratorio parrocchiale "Giacomo Maffei" vanta una ricca tradizione
di valenti vicari, che vi hanno prestato il loro servizio sacerdotale,
e di giovani, oggi magari, sposi o nonni, che ne hanno frequentato gli
ambienti. E' la stessa esperienza di tutti gli oratori della lombardia,
quella del cortile per il gioco e delle aule della catechesi e che negli
anni si è arricchita tante iniziative: cinema parrocchiali, associazioni
polisportive, gruppi culturali
Ma l'Oratorio è un ambiente vivo, un ambiente che respira l'aria
del territorio nel quale la parrocchia stessa è collocata. E dall'ambiente
riceve stimoli, provocazioni, domande cui non sempre è immediato
rispondere. L'Oratorio nasce per l'educazione umana e cristiana dei ragazzi.
Chi lo fa nascere è l'intuizione di un singolo, come don Bosco;
chi lo porta avanti è una comunità, la famiglia Salesiana,
il gruppo educatori, la famiglia di famiglie che è la parrocchia.
Molto è cambiato attorno a noi
Tuttavia, se gli ideali restano tali, il contesto cambia. E oggi sempre
più velocemente di ieri.
Oggi la comunità cristiana locale spesso latita: a fronte del moltiplicarsi
delle proposte, dei sussidi, delle riunioni e delle commissioni, la comunità
non risponde più con la coesione di popolo di cui raccontano, ancora,
gli anziani. E' cambiato, infatti, il modo di vivere (i ritmi giornalieri
della famiglia sono più frenetici e disomogenei) e la mentalità
è intaccata dal laicismo e dalla cristianizzazione.
E' cambiato anche l'Oratorio che non può più vivere senza
la presenza della famiglie. Se prima per i genitori mandare il figlio
all'Oratorio era garanzia di saperlo accudito e al sicuro, oggi non è
più così. Prima esisteva un controllo sociale per cui qualunque
adulto si sentiva autorizzato ad intervenire sul comportamento scorretto
di qualsiasi minore. Prima l'intervento del prete su un ragazzo era, comunque,
accettato: oggi rischia la denuncia. Ma le famiglie sembrano non avvertire
più l'importanza di un supporto esterno per l'educazione cristiana;
e, comunque, avendo il tempo materiale per offrire una presenza educativa
stabile, spesso vivono di deleghe: ai nonni, alle associazioni, ai doposcuola.
Anche i giovani, ieri vero perno della comunità educante, oggi,
sembrano avere meno tempo e, forse anche meno carica ideale, tanto da
non poter più offrire una presenza quotidiana, ma un collaborazione,
preziosissima questa, per iniziative programmate.
Questioni locali
A tutto questo si aggiunge una situazione sociale tutta casalasca.
Nella nostra bella cittadina, infatti, il confluire di moltissimi immigrati
ha ormai mutato il contesto sociale.
Chi viene da fuori, in genere, appartiene a famiglie che non hanno conosciuto
l'esperienza oratoriana: ad esse il nostro ambiente si presenta innanzitutto
nel suo aspetto ricreativo e socializzante e, anche per la disaffezione
della comunità di cui sopra, a fatica riescono ad intuire il progetto
educativo soggiacente.
L'integrazione procede, complessivamente e non solo negli ambienti parrocchiali,
a strappi : la politica urbanistica-abitativa, l'inserimento scolastico
sin dalla materna, la frequentazione nei centri di ritrovo, infatti, rivelano
un disagio e segnalano l'emergenza dovuta ad un non ancora chiaro indirizzo
nell'affrontare la questione.
L'Oratorio feriale aveva conosciuto ultimamente una impennata nelle frequenze
e ma, anche, nella difficoltà di gestione delle stesse. Ormai le
figure del prete e della barista, questi, sostanzialmente, gli educatori
presenti con regolarità, non bastano anche a causa di una distribuzione
vasta ma disorganica degli spazi oratoriani. Comportamenti scorretti non
possono essere sempre giustificati e accolti con comprensione adducendo
la situazione familiare o l'estrazione sociale: occorre anche riconoscere
una responsabilità personale dei ragazzi i quali, così,
ritornano ed essere protagonisti della propria crescita.
Come in ogni cittadina di medie dimensioni, ai fini del nostro discorso,
è da rilevare, inoltre, la presenza, comunque benedetta, di una
molteplicità di offerte per il tempo libero dei ragazzi. Scuola,
società sportive, associazioni culturali presentano proposte allettanti,
ben strutturate che, tuttavia, inevitabilmente occupano spazi che non
sono più disponibili per l'oratorio. L'oratorio, per intenderci,
può educare anche senza aver tutte queste attività, in un
oratorio può, ad esempio, anche non esserci lo sport senza che
venga sminuita la sua proposta educativa. Certo che, senza sport, l'oratorio
ha uno strumento in meno per aggregare ed educare i ragazzi.
Sempre più appare chiaro che la vera "arma", la sola
probabilmente, è quella di una proposta educativa chiara, dalla
precisa identità: quella cristiana. Nel nostro contesto, cioè,
sarà cioè la famiglia stessa a scegliere i "poveri
e magari più costosi mezzi dell'oratorio" a fronte delle lusinghe
di altri enti perché nell'oratorio troverà ciò che
in altri ambienti, per ovvie ragioni, non troverà mai: una proposta
esplicitamente cristiana.
E in questa Quaresima il Maffei è cambiato
In fondo, martedì 8 febbraio, nonostante le insinuazioni dell'articolista
de "il Corriere" della domenica successiva, non è accaduto
nulla di particolarmente grave, tanto da prevedere la chiusura dell'oratorio.
Si è verificato, nel bar dell'oratori, l'ennesimo episodio scorretto
e di scarso rispetto nei confronti di un ambiente che non vuole rinunciare
ai propri ideali di servizio educativo.
Episodi che hanno confermato l'esistenza di un clima non appropriato per
un luogo che, pur con le sue carenze strutturali, aspira alla decorosa
accoglienza verso tutti: piccoli e grandi, adolescenti e famiglie, "indigeni"
e immigrati, praticanti e non.
Episodi che, per il resto delle proposte, hanno reso un peso, anziché
un momento di proficua relazione, l'attività informale di accoglienza
nel bar .
E allora la decisione è stata di chiudere per la Quaresima proprio
questa proposta di accoglienza che ha nella stagione invernale il suo
luogo identificativo nel bar. Con questa decisione si rinuncia temporaneamente
ad una grossa fetta della tradizione oratoriana: la popolarità,
la scommessa di essere aperti sulla strada a tutti pronti ad allacciare
relazioni con chi entra perché l'oratorio non diventi aperto a
tutto. Ma se nel bar non ci sono più persone sufficienti per intrecciare
il dialogo educativo, l'oratorio diventa più pericoloso di una
strada perché per la strada, almeno ogni tanto, qualcuno passa
e vede. Nel cortile, invece
il rischio c'è.
Il Maffei è rimasto attivo, invece, su tutto il fronte della proposta
strutturata che, naturalmente, ha acquistato molta più visibilità.
Prime impressioni
Nella Quaresima il prete, in oratorio è sicuramente più
occupato ma più disteso. Più occupato perché tutte
le varie attività, per un verso o per l'altro passano attraverso
di lui che, tra l'altro si è messo a fare gli allenamenti di calcio
con i ragazzi. Più disteso perché si è accorto di
quante energie nervose assorbe la gestione di un bar aperto sulla strada:
entra chiunque, non sai mai cosa possa capitare, occorre una presenza
costante pur avendo anche altre sollecitazioni che richiamano la sua presenza
altrove. L'ambiente è sicuramente più vivibile da chi lo
frequenta per una determinata attività e, complessivamente, è
disponibile per essere ripopolato da figure che prima ne erano escluse.
Certamente, però, la sospensione della proposta dell'aggregazione
informale hanno lasciato un vuoto: un vuoto nei ragazzi, sinceramente
perplessi nella consapevolezza di dover ricomprendere un ambiente che
era ormai loro; un vuoto nel prete, che nell'oratorio ha scoperto la propria
vocazione, un vuoto nel personale del bar che solo lo spirito di servizio
gratuito e la condivisione degli ideali ha trattenuto al proprio posto
anche nei momenti più difficili.
Nodi che restano e il futuro immaginabile
Resta, in città, un problema sociale, di integrazione e di carenza
di proposta educativa, di cui nessuno, neppure l'oratorio, può
disinteressarsi. La questione, se spinta fuori dalla porta, infatti, tornerebbe,
comunque, a farsi viva, esaltata nella sua complessità, a medio
termine perché chiunque viva in un territorio, nessuno escluso,
ne riceve gli influssi e i riflessi. La questione educativa è irrinunciabile
e va affrontata!
Si potrebbe pensare ad un oratorio come un circolo privato, con tanto
di tessere; si potrebbe pensare ad una specie di patente a punti a scalare
fino all'esaurimento e alla espulsione; si potrebbe pensare ad un albo
degli "indesiderati"
tante, a dire, il vero le proposte.
Ma per la verità più che chiudere un oratorio o aprirlo,
la questione è un'altra: chiuderla una volta per tutte con la pseudo
o non-educazione e di aprire, finalmente, con una nuova primavera dell'impegno
educativo
Don Davide
|