Posto che per qualunque prete, come per qualunque cristiano, la questione
principale è quella di essere discepoli il più possibile
autentici di quel Signore un giorno li ha chiamati e che ogni giorno invita
a rinnovare la libera risposta di adesione, si nota nelle parrocchie della
nostra Italia la gran ventata di ipocrisia che le attraversa.
Se non piace la parola ipocrisia, dopo aver letto queste righe se ne potranno
indicare di più appropriate, più o meno soft.
La sostanza è quella di una tradizione che rimane in piedi vigorosa
in alcuni settori della pratica religiosa e che conosce, invece, un declino
in altri. Grande successo hanno i sacramenti della comunione e della cresima
dei ragazzi. Grande declino hanno le catechesi degli adulti e degli adolescenti.
I matrimoni religiosi precipitano, come i fidanzamenti nutriti dalla Parola
del Verbo e sostenuti dalla morale cattolica.
Poiché Nostro Signore non si è mai rassegnato alla tiepidezza
del discepolo che tiene il piede in due scarpe vien voglia di ribellarsi.
Vien voglia di andare sul pulpito o sui gradini del comune e di dire a
tutti: "Adesso basta! Adesso abbiam passato il segno!".
Basta con gli aspiranti al matrimonio religioso che son anni che non si
fanno vedere in Chiesa, che frequentano il corso per onor di firma e che
pronunciato il fatidico Sì spariscono per sempre dalla vita parrocchiale
fino ad essere ripescati al battesimo del primo figlio.
Basta con i genitori che ti portano i figli per la dottrina mai poi mai
li vedi a Messa, all'oratorio, alla catechesi degli adulti.
Basta con quelli che vengono a Messa ma entrano sempre in ritardo, basta
con quegli altri che si ricordano del prete se hanno bisogno dei tavoli
e delle sedie per la grigliata in giardino o del gazebo perché
si ricordano che l'oratorio dovrebbe avercelo.
Basta, adesso basta. Signore e signori, la festa è finita, si cambia.
Si cambia, ma non per proporre il nuovo. Si cambia per proporre il vecchio,
cioè il ritorno alle origini. A fare le cose per davvero. A chiedere
il giusto impegno che le cose serie della vita richiedono.
Verrebbe voglia ma non lo si fa, perché Chiesa è prudente,
perché la chiesa è buona. E' una mamma. E per fortuna che
lo è.
Perché si sceglie l'altra strada: si cerca di far innamorare di
Gesù cercando di proporre il Vangelo nel modo migliore possibile
(facendo bene la liturgia, la Messa con uno stile comunitario, ecclesiale,
partecipato ed eucaristico
) e chiudendo due occhi su come i fedeli
(preti compresi, io compreso) vivono la risposta alla pro-posta. Si lascia
tanto, insomma, alla coscienza del singolo l'arbitraggio ultimo, il giudizio.
E il prete sempre a proporre, sempre ad esortare, sempre a sollecitare.
Sempre sorridente, sempre a braccia aperte, sempre buono, sempre padre
misericordioso e buon samaritano.
Ci dimentichiamo però che nostra madre (nostra mamma, scusate,
è più soft) qualche ceffone (scappellotto), stile Gesù
tra le bancarelle del tempio, ce lo ha pure dato. Eccome se ci è
servito! Ma la Chiesa, si dice, non può dare scappellotti, non
è correct. Non sarebbe più missionaria perché essere
missionari oggi vuol dire accogliere più che testimoniare e annunciare.
Mah! Per il prete c'è il rischio di adagiarsi e diventare una specie
di funzionario statale che compilate le sue carte, esperiti i documenti
e gli attestati distribuisce i sacramenti lasciando poi fare allo Spirito
Santo il resto. Come è giusto che faccia anche Lui la sua parte.
Ma se guardo alla testimonianza dei martiri, ben altro piglio avevano!
E torna a venirmi voglia di andare sul pulpito e urlare che ben peggio
di Sodoma e Gomorra
e ridire a tutti gli adolescenti che vadano
pure ai loro student party e alle loro lezioni di danza ai loro allenamenti
ma che non vengano tra una decina d'anni a chiedermi di sposarli in Chiesa
perché Vangelo alla mano gli direi non vi conosco!
Ma in fondo sono un vicario, e per fortuna certe mandorle le lascio sbucciare
ai parroci. Visto che per il momento posso ancora farlo. E farlo conviene
a me e pure al mio fegato. Rientrando un po' anch'io in quella realtà
di ipocrisia che così ho battezzato all'inizio non avendo avuto
sufficiente fantasia per trovare un parola più appropriata e meno
urtante
Don Davide
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