"Così fan tutti."
 
da "Ritrovarci": anno XXVII - numero 5 - dicembre 2004

di Don Davide

Posto che per qualunque prete, come per qualunque cristiano, la questione principale è quella di essere discepoli il più possibile autentici di quel Signore un giorno li ha chiamati e che ogni giorno invita a rinnovare la libera risposta di adesione, si nota nelle parrocchie della nostra Italia la gran ventata di ipocrisia che le attraversa.
Se non piace la parola ipocrisia, dopo aver letto queste righe se ne potranno indicare di più appropriate, più o meno soft.
La sostanza è quella di una tradizione che rimane in piedi vigorosa in alcuni settori della pratica religiosa e che conosce, invece, un declino in altri. Grande successo hanno i sacramenti della comunione e della cresima dei ragazzi. Grande declino hanno le catechesi degli adulti e degli adolescenti. I matrimoni religiosi precipitano, come i fidanzamenti nutriti dalla Parola del Verbo e sostenuti dalla morale cattolica.
Poiché Nostro Signore non si è mai rassegnato alla tiepidezza del discepolo che tiene il piede in due scarpe vien voglia di ribellarsi. Vien voglia di andare sul pulpito o sui gradini del comune e di dire a tutti: "Adesso basta! Adesso abbiam passato il segno!".
Basta con gli aspiranti al matrimonio religioso che son anni che non si fanno vedere in Chiesa, che frequentano il corso per onor di firma e che pronunciato il fatidico Sì spariscono per sempre dalla vita parrocchiale fino ad essere ripescati al battesimo del primo figlio.
Basta con i genitori che ti portano i figli per la dottrina mai poi mai li vedi a Messa, all'oratorio, alla catechesi degli adulti.
Basta con quelli che vengono a Messa ma entrano sempre in ritardo, basta con quegli altri che si ricordano del prete se hanno bisogno dei tavoli e delle sedie per la grigliata in giardino o del gazebo perché si ricordano che l'oratorio dovrebbe avercelo.
Basta, adesso basta. Signore e signori, la festa è finita, si cambia.
Si cambia, ma non per proporre il nuovo. Si cambia per proporre il vecchio, cioè il ritorno alle origini. A fare le cose per davvero. A chiedere il giusto impegno che le cose serie della vita richiedono.

Verrebbe voglia ma non lo si fa, perché Chiesa è prudente, perché la chiesa è buona. E' una mamma. E per fortuna che lo è.
Perché si sceglie l'altra strada: si cerca di far innamorare di Gesù cercando di proporre il Vangelo nel modo migliore possibile (facendo bene la liturgia, la Messa con uno stile comunitario, ecclesiale, partecipato ed eucaristico…) e chiudendo due occhi su come i fedeli (preti compresi, io compreso) vivono la risposta alla pro-posta. Si lascia tanto, insomma, alla coscienza del singolo l'arbitraggio ultimo, il giudizio. E il prete sempre a proporre, sempre ad esortare, sempre a sollecitare. Sempre sorridente, sempre a braccia aperte, sempre buono, sempre padre misericordioso e buon samaritano.
Ci dimentichiamo però che nostra madre (nostra mamma, scusate, è più soft) qualche ceffone (scappellotto), stile Gesù tra le bancarelle del tempio, ce lo ha pure dato. Eccome se ci è servito! Ma la Chiesa, si dice, non può dare scappellotti, non è correct. Non sarebbe più missionaria perché essere missionari oggi vuol dire accogliere più che testimoniare e annunciare.
Mah! Per il prete c'è il rischio di adagiarsi e diventare una specie di funzionario statale che compilate le sue carte, esperiti i documenti e gli attestati distribuisce i sacramenti lasciando poi fare allo Spirito Santo il resto. Come è giusto che faccia anche Lui la sua parte.
Ma se guardo alla testimonianza dei martiri, ben altro piglio avevano! E torna a venirmi voglia di andare sul pulpito e urlare che ben peggio di Sodoma e Gomorra… e ridire a tutti gli adolescenti che vadano pure ai loro student party e alle loro lezioni di danza ai loro allenamenti ma che non vengano tra una decina d'anni a chiedermi di sposarli in Chiesa perché Vangelo alla mano gli direi non vi conosco!
Ma in fondo sono un vicario, e per fortuna certe mandorle le lascio sbucciare ai parroci. Visto che per il momento posso ancora farlo. E farlo conviene a me e pure al mio fegato. Rientrando un po' anch'io in quella realtà di ipocrisia che così ho battezzato all'inizio non avendo avuto sufficiente fantasia per trovare un parola più appropriata e meno urtante
Don Davide


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