Lo spunto di questa riflessione viene dalla programmazione della
catechesi: il venerdi è il giorno fissato per la catechesi degli adolescenti
e dei giovani, e nelle intenzioni l'idea è di condividere dalla prima superiore
ai giovani un primo momento di incontro per poi protrarre la discussione i piccoli
gruppi di età più omogenea. L'appuntamento è fissato per
le 20 30 e la conclusione mai oltre le 21 30. Ma la catechesi non basta per
poter dire di vivere cristianamente l'età della giovinezza e dell'adolescenza:
la preghiera personale, la S. Messa della domenica
ma poi perché
non anche la S. Messa nei giorni feriali? Ma ve lo immaginate voi un giovane,
meglio, un adolescente che va a messa un mercoledì, o un giovedì.
E senza esserne invogliato dall'anniversario dello zio defunto l'anno prima. Un
adolescente che va a messa di mercoledì e non perché andrà
in seminario o nei frati ma, semplicemente, perchè è cristiano e
ha pochi compiti per il giorno successivo. Anzi - peggio - pur avendo la mega
interrogazione, si è organizzato per ha ritenuto che non sarebbe stata
la mezz'ora della messa feriale a garantirgli la sufficienza? Dico: ve l'immaginate?
Forse non riuscite. Io sì! Straordinario? No, normale. Cristianamente normale. Ma
oggi ciò che una volta era abituale o che oggi - a logica - potrebbe essere
normale non lo è più. L'adolescente che recita il rosario, il giovane
che partecipa ai vespri, il ragazzo che sa cosa è l'adorazione eucaristica,
l'adolescente che arriva puntuale a messa, il giovane che si confessa mensilmente
tutto rischia di essere considerato straordinario. E, invece, dovrebbe essere
normale. E normale dovrebbe essere il proporlo. Fidanzati che si rispettano
e arrivano casti alle nozze, ragazzini che arrivano tardi all'allenamento perché
per loro il catechismo è più importante e altri che rifiutano il
prosciutto in mensa al venerdì di quaresima: straordinario o normale, eccessivo
o giusto, possibile o "sarebbe bello". Oggi tutto sembra confuso
e ognuno sembra capace di convivere con le proprie antitesi anziché indirizzare
la propria ricerca verso l'Uno e il Semplice. Ma un adolescente cristiano dovrà
pur distinguersi in un qualcosa di visibile, di tangibile e non per una generica
faccia pulita e un istintivo pacifismo. Se è vero che la nostra società
è scristianizzata, il cristiano dovrà pur scontrarsi con essa, dovrà
pur combattere le sue battaglie, troverà pur idee contrastanti da affrontare,
smascherare, combattere. Perché se un adolescente cristiano vive una relazione
serena e pacifica con la società contemporanea, delle due l'una: o la nostra
società è cristiana (e non lo è) o i nostri adolescenti cristiani
sono un po' annacquati. Tertium non datur! |