"Il fascino della Toscana"
Dall' 8 al 12 settembre u.s. si è tenuto il viaggio in Toscana, a cui ha partecipato un consistente gruppo di persone della nostra e di altre comunità parrocchiali.
da "Ritrovarci": anno XXVII - numero 4 - ottobre 2004

di Maria Grazia Cavalca

Il viaggio ha privilegiato località della cosiddetta Toscana minore, una definizione certamente riduttiva, se si pensa alla ricchezza di monumenti e di capolavori, testimonianza di arte sublime e di fede, ivi contenuti e ancora vivissimi nel nostro ricordo. Tanto che ripercorrere ora questi cinque giorni significa ridestare e rivivere intense emozioni.
Dopo essere partiti di buon mattino da Casalmaggiore in pullman, affidandoci alla guida abile e tranquilla di Attilio, abbiamo raggiunto la Toscana; lì il viaggio si è svolto in un susseguirsi ininterrotto di panorami naturali incantevoli, tra le dolci colline che contornano la Valdichiana e la Val d'Orcia, punteggiate da splendidi cascinali; il tutto in un'armonia cromatica di verdi e di ocra.
La prima meta è stata Arezzo e passeggiare per Arezzo, così come poi per Cortona, Montalcino, Montepulciano, Pienza, S.Quirico d'Orcia, Siena, Volterra, San Giminiano, è stato come entrare in un libro di storia e vivere dall'interno i fatti che hanno segnato l'esistenza di queste città. Vi si respira un senso profondo di libertà sia individuale sia comunitaria, una vivace passione campanilistica, la fierezza di appartenere proprio a quella città, addirittura proprio a quella contrada; tutto ciò va ben oltre l'amore per il proprio paese: sono motivazioni davvero forti, che si sono trasmesse attraverso secoli di storia, come retaggio, a quelle comunità e che ancora oggi ne animano la vita. Quando le varie guide, che ci hanno accompagnato con grande competenza, parlavano con piglio effervescente della rivalità con Firenze, delle battaglie vinte, dei fallimenti e degli smacchi subiti dalla loro città, non ripetevano solo nozioni apprese dai libri, ma era come se quegli episodi facessero parte del loro vissuto.
Questo orgoglio d'appartenenza si concretizza soprattutto nella piazza, cuore della vita della comunità; e noi di piazze splendide ne abbiamo viste tante, a cominciare dalla Piazza Grande ad Arezzo, dalla Piazza Pio II a Pienza, dalla Piazza dei Priori a Volterra, dalla Piazza della Cisterna a San Giminiano, per finire alla famosa Piazza del Campo a Siena.
Non si può menzionare tutto quello che abbiamo visto, perché sarebbe troppo lungo; capolavori architettonici, scultorei e pittorici si incontrano dappertutto, ma certamente il Duomo di Siena rappresenta un complesso unico di meraviglie; ovunque si posi l'occhio, lì c'è un'opera d'arte: dalle tre porte della facciata di Giovanni Pisano al pavimento a intarsio di marmi e a graffito, che per la sua vastità non ha pari al mondo, al pulpito di Nicola Pisano, alla statua di san Paolo di Michelangelo, alle statue di san Girolamo e santa Maria Maddalena del Bernini nella Cappella del Voto, alla statua di san Giovanni Battista di Donatello, agli affreschi della Libreria Piccolomini del Pinturicchio con interventi di Raffaello.
Ma il viaggio ha avuto anche un altro aspetto. Come gli antichi fedeli, per lo più analfabeti, che "studiavano" la Bibbia guardando gli affreschi all'interno delle chiese, anche noi, fedeli non analfabeti ma un po' distratti e a volte svogliati, abbiamo "ripassato" la nostra fede attraverso i commenti di don Alberto, che delle opere rimarcava il valore teologico; così ci ha "letto" gli affreschi con la "leggenda della croce" (di Piero della Francesca nella chiesa di San Francesco ad Arezzo), l'annunciazione (del Beato Angelico nel museo diocesano di Cortona), la grande tavola con la maestà (di Duccio di Buoninsegna nel museo dell'Opera di Siena), i riquadri del Vecchio e del Nuovo Testamento (affreschi sulle pareti laterali della collegiata di San Giminiano), gli affreschi della Cappella di Santa Fina (del Ghirlandaio nella collegiata di San Giminiano), gli affreschi con la vita di Sant'Agostino (di Benozzo Gozzoli nel coro della chiesa di sant'Agostino), e così via.
Un discorso a sé meritano le maestose abbazie di sant'Antimo e di Monte Oliveto Maggiore.
La prima, isolata in un pianoro, poco lontano dalla via Francigena che portava i pellegrini a Roma, è un suggestivo esempio di architettura del XII secolo, il cui punto di riferimento è l'abbazia benedettina di Cluny in Francia. L'interno, in pietra spugnosa, è illuminato dalla luce che entra dalla grande bifora absidale e che gioca -potremmo dire- con il traslucido alabastro (che in questa zona viene chiamato onice) delle colonne e dei capitelli del deambulatorio. Si è catturati dalla sua bellezza struggente, dal senso di serenità e di pace che vi si respira. L'organista spagnolo che ci ha fatto da guida ha sottolineato la simbologia di ogni singolo particolare: ad esempio, la luce che illumina la navata entra dall'unica bifora, come unico è Dio; le cappelle radiali sono tre a rappresentare la Trinità; le colonne che sostengono la chiesa sono dodici, come dodici sono gli apostoli; i portali sono due: i pellegrini entravano da quello a ovest (il portale del male, del buio, della morte), percorrevano il lato nord e il deambulatorio intorno all'altare e uscivano da quello a sud (il portale del bene, della luce, della vita).
L'elemento più importante dell'abbazia di Monte Oliveto Maggiore è il chiostro affrescato su tre lati dal Sodoma e sul quarto da Luca Signorelli con episodi della vita di san Benedetto. Molti riquadri del Sodoma contengono particolari comici: un asino manca delle zampe anteriori, il monaco che offre a Benedetto il vino avvelenato ha il volto dell'abate e il monaco che sottrae al confratello il pane dopo il miracolo della farina ha il volto dell'amministratore. Questi particolari volevano essere una provocazione del Sodoma nei confronti dell'abate e dell'amministratore dell'abbazia non molto generosi con lui. Bellissima anche la biblioteca ricca di volumi non solo religiosi e l'antica farmacia.
Accanto a questi grandi capolavori, non si possono dimenticare i tanti angoli e scorci suggestivi che abbiamo ammirato, almeno a sentire la serie di click delle macchine fotografiche (di chi, ovviamente, non aveva una videocamera); infatti, oltre a Gigi, fotografo carismatico del gruppo, tutti abbiamo scattato moltissime foto. Però spesso il monumento o lo scorcio costituivano solo un pretesto per fare da sfondo a persone sorridenti, in posa.
Alla fine di queste brevi note desidero esprimere, anche a nome del gruppo, un sentito ringraziamento a don Alberto, che, pur zoppicante, è stata per noi una guida sicura e ci ha aiutato, anche in questo viaggio, a crescere sia come persone che come cristiani.


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