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"E' Pasqua!
Ma di chi? O di che?"
Appassionato intervento del nostro Parroco al Rotary Club "Casalmaggiore-Oglio Po"
la sera del 7 aprile, mercoledì santo, in occasione della conviviale pasquale
da "Ritrovarci": anno XXVII - numero 3 - giugno 2004

di don Alberto Franzini

Chi si aspettava un discorso di circostanza forse è rimasto deluso. L'intervento di don Alberto Franzini, in occasione della conviviale pasquale, non ha eluso quasi tutti i temi caldi del momento: le vicende del terrorismo internazionale, la questione della nuova Costituzione dell'Unione Europea, l'uscita del film tanto discusso di Mel Gibson "La Passione di Cristo", la pubblicazione dell'ultimo libro della Fallaci "La forza della ragione", il tema della grazia ad Adriano Sofri, il dialogo con l'islam. Trenta minuti di riflessioni, di citazioni e anche di provocazioni.
Don Alberto ha esordito: "In questi giorni stiamo celebrando la Pasqua. Ma la Pasqua di chi? O di che? I nostri giornali e telegiornali parlano dell'esodo pasquale solo in termini di vacanze e di traffico. Perfino tante agende, in uso negli uffici commerciali del nostro occidente, stanno sempre più occultando, in nome della laicité, le date delle feste cristiane. Presto sarà cambiato anche il nome della domenica, perché troppo scopertamente cristiano: si riprenderà il nome più laico di giorno del sole, come già si chiama la domenica nei paesi anglosassoni ("Sunday" in inglese, "Sonntag" in tedesco)".
Riguardo al nostro occidente e al dialogo con l'islam: "E' interessante notare che il rifiuto di censurare il riferimento alle radici cristiane dell'Europa è stato sostenuto anche da islamici e da ebrei, proprio per il motivo che se l'europeo non è in grado di accogliere se stesso e la propria storia, come può dare sufficienti garanzie di rispettare e di accogliere l'altro e le altrui identità? Il vero problema oggi è che il nostro occidente sta perdendo o ha perso la sua identità: è polvere, destinata a diventare nulla, ad essere dispersa al vento, secondo la significativa espressione di un musulmano, Khaled Fouad Allam, editorialista di Repubblica".
Fa certamente riflettere anche una pagina dell'ultimo libro della Fallaci, citata da don Alberto: "Se dici la tua sul Vaticano, sulla Chiesa Cattolica, sul Papa, sulla Madonna, su Gesù, sui Santi, non ti succede nulla. Ma se fai lo stesso con l'Islam, col Corano, con Maometto, coi figli di Allah, diventi razzista e xenofobo e blasfemo e compi una discriminazione razziale" (La forza della ragione, p. 29). E ha aggiunto don Alberto: "Tutti, e giustamente, critichiamo l'insorgenza di sentimenti antisemiti e anti-islamici nella cultura europea di oggi: ma non stanno nascendo e non sono sbandierati anche sentimenti anticristiani e anticattolici? Con la differenza: chi denuncia i primi, passa per politicamente corretto e si merita il plauso dei massmedia. Chi osa denunciare i secondi, viene accusato di fanatismo e di integralismo e viene ricacciato nell'oscuro medioevo".
Sul film "La Passione di Cristo", di Gibson, don Alberto - che invita a vedere il film per farsene un'idea in proprio senza essere trascinati dai pregiudizi ideologici di questi giorni - sostiene "che il nodo vero della polemica riguarda la storicità dei Vangeli. Può anche essere che il film di Gibson si meriti l'accusa di aver indulto alla violenza. Ma pare proprio - secondo coloro che hanno già potuto vedere il film - che la ricostruzione di Gibson non si allontani minimamente dai testi evangelici e dalla tradizione della Via Crucis e delle sacre rappresentazioni medievali. La fede cristiana si basa non sui miti, ma su eventi realmente accaduti e testimoniati da persone da sempre ritenute credibili e affidabili. Del resto, si è sempre insistito proprio sulla sobrietà dei testi evangelici come elemento di credibilità e di storicità, respingendo i vangeli apocrifi, in quanto ricchi di fioriture e di colorazioni".
Ancora sull'accusa al film di troppa violenza e di troppo sangue, don Alberto ha ricordato "a un certo cristianesimo salottiero e pantofolaio di oggi - che non vuol sentir parlare di violenza, di sangue e di morte - che la crocifissione era il più infamante e il più terribile dei patiboli. Dunque l'accusa di eccessiva violenza potrebbe essere un cedimento a ciò che oggi è ideologicamente corretto e che si vorrebbe rimuovere dall'evento della passione di Gesù. La morte di Gesù - ha sostenuto don Alberto - resta un evento scandaloso e rimane al centro dell'avvenimento cristiano, con tutto il suo carico di sofferenza, di crudeltà e di sangue, da sempre presenti e sottolineati nell'iconografia occidentale tradizionale: il che mette ancor più in rilievo il realismo di quegli avvenimenti, ma anche il realismo e la grandezza del perdono da parte del Figlio di Dio". E ha concluso don Alberto: "Il film di Gibson un merito se lo è già conquistato, ancor prima di essere visto in Italia: si riscopre che il cristianesimo è una cosa seria, inadatta per anime pie e belle, che scambiano la realtà con l'utopia; si torna finalmente a parlare di Gesù - e non solo di sport, di moda e di gossip - al grande pubblico (pare che nelle capitali dell'islam il film piaccia moltissimo, soprattutto ai giovani); si riscopre che Gesù ha avuto a che fare anche con la violenza, con la crudeltà umana, con la morte; si riscopre che il messaggio cristiano è messaggio di perdono, ma dentro alla realtà della nostra cattiveria e delle nostre crudeltà; si riscopre che il cristianesimo ha a che fare con il senso del vivere e del morire, che la fede è obbedienza a Dio, che questa nostra vita non ha senso senza la prospettiva di una vita eterna. Anche per tanti cristiani, forse è un brutto e brusco risveglio".
Infine su Adriano Sofri: "al di là del problema della grazia o meno, Adriano Sofri è persona che sta riscoprendo la linfa carsica del cristianesimo. Insieme a Pasolini e ad altri, è un piccolo segno che il nostro occidente forse si sta risvegliando dal torpore di un'epoca segnata dall'oblio della nostra tradizione cristiana, dalla pavidità e dalla arrendevolezza nei confronti del pensiero debole e de-reale. Forse certi non credenti o non praticanti stanno riscoprendo tutta la densità della tradizione e dell'esperienza cristiana, che ha prodotto santi e figure di primissimo piano nella storia della nostra Europa: è una lezione per me credente e praticante. E' un monito per tutti".


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