Chi si aspettava un discorso di circostanza forse è
rimasto deluso. L'intervento di don Alberto Franzini, in occasione della conviviale
pasquale, non ha eluso quasi tutti i temi caldi del momento: le vicende del terrorismo
internazionale, la questione della nuova Costituzione dell'Unione Europea, l'uscita
del film tanto discusso di Mel Gibson "La Passione di Cristo", la pubblicazione
dell'ultimo libro della Fallaci "La forza della ragione", il tema della
grazia ad Adriano Sofri, il dialogo con l'islam. Trenta minuti di riflessioni,
di citazioni e anche di provocazioni. Don Alberto ha esordito: "In questi
giorni stiamo celebrando la Pasqua. Ma la Pasqua di chi? O di che? I nostri giornali
e telegiornali parlano dell'esodo pasquale solo in termini di vacanze e di traffico.
Perfino tante agende, in uso negli uffici commerciali del nostro occidente, stanno
sempre più occultando, in nome della laicité, le date delle feste
cristiane. Presto sarà cambiato anche il nome della domenica, perché
troppo scopertamente cristiano: si riprenderà il nome più laico
di giorno del sole, come già si chiama la domenica nei paesi anglosassoni
("Sunday" in inglese, "Sonntag" in tedesco)". Riguardo
al nostro occidente e al dialogo con l'islam: "E' interessante notare che
il rifiuto di censurare il riferimento alle radici cristiane dell'Europa è
stato sostenuto anche da islamici e da ebrei, proprio per il motivo che se l'europeo
non è in grado di accogliere se stesso e la propria storia, come può
dare sufficienti garanzie di rispettare e di accogliere l'altro e le altrui identità?
Il vero problema oggi è che il nostro occidente sta perdendo o ha perso
la sua identità: è polvere, destinata a diventare nulla, ad essere
dispersa al vento, secondo la significativa espressione di un musulmano, Khaled
Fouad Allam, editorialista di Repubblica". Fa certamente riflettere anche
una pagina dell'ultimo libro della Fallaci, citata da don Alberto: "Se dici
la tua sul Vaticano, sulla Chiesa Cattolica, sul Papa, sulla Madonna, su Gesù,
sui Santi, non ti succede nulla. Ma se fai lo stesso con l'Islam, col Corano,
con Maometto, coi figli di Allah, diventi razzista e xenofobo e blasfemo e compi
una discriminazione razziale" (La forza della ragione, p. 29). E ha aggiunto
don Alberto: "Tutti, e giustamente, critichiamo l'insorgenza di sentimenti
antisemiti e anti-islamici nella cultura europea di oggi: ma non stanno nascendo
e non sono sbandierati anche sentimenti anticristiani e anticattolici? Con la
differenza: chi denuncia i primi, passa per politicamente corretto e si merita
il plauso dei massmedia. Chi osa denunciare i secondi, viene accusato di fanatismo
e di integralismo e viene ricacciato nell'oscuro medioevo". Sul film
"La Passione di Cristo", di Gibson, don Alberto - che invita a vedere
il film per farsene un'idea in proprio senza essere trascinati dai pregiudizi
ideologici di questi giorni - sostiene "che il nodo vero della polemica riguarda
la storicità dei Vangeli. Può anche essere che il film di Gibson
si meriti l'accusa di aver indulto alla violenza. Ma pare proprio - secondo coloro
che hanno già potuto vedere il film - che la ricostruzione di Gibson non
si allontani minimamente dai testi evangelici e dalla tradizione della Via Crucis
e delle sacre rappresentazioni medievali. La fede cristiana si basa non sui miti,
ma su eventi realmente accaduti e testimoniati da persone da sempre ritenute credibili
e affidabili. Del resto, si è sempre insistito proprio sulla sobrietà
dei testi evangelici come elemento di credibilità e di storicità,
respingendo i vangeli apocrifi, in quanto ricchi di fioriture e di colorazioni".
Ancora sull'accusa al film di troppa violenza e di troppo sangue, don Alberto
ha ricordato "a un certo cristianesimo salottiero e pantofolaio di oggi -
che non vuol sentir parlare di violenza, di sangue e di morte - che la crocifissione
era il più infamante e il più terribile dei patiboli. Dunque l'accusa
di eccessiva violenza potrebbe essere un cedimento a ciò che oggi è
ideologicamente corretto e che si vorrebbe rimuovere dall'evento della passione
di Gesù. La morte di Gesù - ha sostenuto don Alberto - resta un
evento scandaloso e rimane al centro dell'avvenimento cristiano, con tutto il
suo carico di sofferenza, di crudeltà e di sangue, da sempre presenti e
sottolineati nell'iconografia occidentale tradizionale: il che mette ancor più
in rilievo il realismo di quegli avvenimenti, ma anche il realismo e la grandezza
del perdono da parte del Figlio di Dio". E ha concluso don Alberto: "Il
film di Gibson un merito se lo è già conquistato, ancor prima di
essere visto in Italia: si riscopre che il cristianesimo è una cosa seria,
inadatta per anime pie e belle, che scambiano la realtà con l'utopia; si
torna finalmente a parlare di Gesù - e non solo di sport, di moda e di
gossip - al grande pubblico (pare che nelle capitali dell'islam il film piaccia
moltissimo, soprattutto ai giovani); si riscopre che Gesù ha avuto a che
fare anche con la violenza, con la crudeltà umana, con la morte; si riscopre
che il messaggio cristiano è messaggio di perdono, ma dentro alla realtà
della nostra cattiveria e delle nostre crudeltà; si riscopre che il cristianesimo
ha a che fare con il senso del vivere e del morire, che la fede è obbedienza
a Dio, che questa nostra vita non ha senso senza la prospettiva di una vita eterna.
Anche per tanti cristiani, forse è un brutto e brusco risveglio".
Infine su Adriano Sofri: "al di là del problema della grazia o
meno, Adriano Sofri è persona che sta riscoprendo la linfa carsica del
cristianesimo. Insieme a Pasolini e ad altri, è un piccolo segno che il
nostro occidente forse si sta risvegliando dal torpore di un'epoca segnata dall'oblio
della nostra tradizione cristiana, dalla pavidità e dalla arrendevolezza
nei confronti del pensiero debole e de-reale. Forse certi non credenti o non praticanti
stanno riscoprendo tutta la densità della tradizione e dell'esperienza
cristiana, che ha prodotto santi e figure di primissimo piano nella storia della
nostra Europa: è una lezione per me credente e praticante. E' un monito
per tutti". |