Non sarà così per i bambini di Atocha, alle porte di Madrid.
Per sette piccoli dell'asilo, la bella "Cenerentola"non arriverà
su una carrozza dorata, per Mari Paz e le maestre dell'asilo "Gardenia
Cecienta", che tutti chiamano Cenerentola: è l'asilo dei pendolari!
Come sempre, anche oggi 11 marzo 2004 sono arrivati alle sette. Mari Paz
sa che ogni giorno va così: sono anni che gestisce l'asilo dei
pendolari. Maestre e bimbe sono riunite nel salone e, all'improvviso,
la prima esplosione
tremare di vetri, fumo alto e nero. "Bambini,
tutti giù!".
La stazione ferroviaria di El Paso è lontana soltanto mezzo chilometro.
Ecco perché i genitori lasciano qui i figli per poter raggiungere
subito il treno. Torneranno alla sera.
Non è così l'11 marzo: verso mezzogiorno cominciano ad arrivare
uno
poi
due
poi un altro. Tornano scioccati, scampati a quella morte che
aveva perso la coincidenza con la loro vita.
I pendolari sono arrivati all'asilo. Ne mancano sette.
Al pomeriggio, Mari, ormai sfinita,chiama la polizia. Arrivano gli psicologi
di "Emergenza Madrid". I bambini vengono affidati a loro.
Mari appende all'esterno, sul cancello, un avviso: "L'asilo rimane
chiuso i giorni 11 e 12".
Su un altro quotidiano del 14 marzo leggo una e-mail di Paola. Fra le
tante pagine lette in questi giorni, le sue parole mi colpiscono:"E'
Madrid , ma sembra Italia. Sono profondamente scossa e impaurita. E' questo
il futuro? La vita umana, dunque, non vale niente?"
Paola, tu devi credere nel valore della vita! Noi non dobbiamo abituarci
a considerare queste atrocità la normalità della vita.
In questi giorni siamo stati sommersi da mmagini orrende, e questa volta
così vicino a noi; le sentivamo di più sulla nostra pelle,
come dice Paola.
Abbiamo letto e sentito tante parole. Poter azzerare tutto
., nella
speranza che le parole vengano discusse, dialogate, capite,accettate,
che tornino a significare per tutti gli uomini di questa terra un valore
di giusto accordo e verità.
Le duecento vittime di madrid, come le innumerevoli altre, vivranno anche
nel ricordo del silenzio. Nei "tre minuti di silenzio", quando
tutta l'Europa si è fermata, le immagini della televisione scorrevano
mute su tanti luoghi, città, persone immobili, fermatesi in qualunque
posto si trovassero in quel momento.
E nella fugace visione di Giovanni Paolo II, inginocchiato nella sua cappella
privata, con il volto tra le mani, mi è sembrato di notare un abbandono,
un dolore bagnato dal pianto.
Anch'ìo, nel silenzio, potrò ancora pregare. Quando anche
la fede è messa alla prova, cerco le risposte nel Vangelo, ma non
le trovo. Mi ritrovo davanti ad un "uomo innocente" appeso alla
croce. E' la speranza nella resurrezione di quest'uomo, di Gesù
Cristo; è la certezza che dopo la morte c'è un'altra vita
che mi attende, che mi dà la forza di non cadere nello sconforto.
E allora nel mio cuore si accende la gioia della vita. La bellezza dei
colori della natura, la luce del sole che anche oggi entra nella mia stanza,
mi fanno sperare nelle gioiose grida dei bambini che si rincorrono nei
nostri asili.
Sono la fiducia dell'ammalato, la forza dell'anziano che non si arrende
al tempo, che portano a credere nella giustizia terrena e divina, che
portano a sperare che finiscano le vendette, l'odio, le guerre.
E' la voce di mio marito che, accanto a me, mi dice:"Ma il mondo
è fatto così: le guerre, l'odio, il male ci sono sempre
stati. La tua è un'utopia.". Ma io voglio crederein questa
utopia:"tu lasciami sperare".
Questi saranno i pensieri di Rosalia all'alba della Domenica di Pasqua
del 2004 d.C.
A voi, che con pazienza mi leggete, auguro giorni, mesi, tempi sereni;
se possibile, felici.
Rosalia Adorni Fadani
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