"Islam, dall'accoglienza
si passi al dialogo e all'annuncio"
Cattolici e islamici, un rapporto difficile, come testimoniano le cronache degli ultimi mesi anche della nostra provincia di Cremona. Intervista a don Alberto Franzini, apparsa su La Cronaca del 7 marzo scorso.
da "Ritrovarci": anno XXVII - numero 2 - aprile 2004

 


"Il problema della sicurezza e il volto anonimo del terrorismo - entra subito in tema don Alberto - sono tra le preoccupazioni principali dei cittadini italiani nell'attuale momento storico. Anche perché ci troviamo impreparati e sprovveduti, e con noi le autorità pubbliche, di fronte al fenomeno dell'immigrazione: non è più soltanto un problema di accoglienza, che bisogna attivare nei confronti di chiunque si trovi nel bisogno, ma diventa un problema culturale, ossia di comprensione della cultura di provenienza degli immigrati e di rifondazione del nostro patrimonio culturale, umanistico e cristiano, che si è andato sbriciolando in questi ultimi decenni: perché non si può comprendere l'altro se non si riesce più a comprendere se stessi".
Non ci sono solo i terroristi, ma si avverte un crescente senso di sconcerto dopo l'arresto dell'islamico che pregò a fianco del nostro vescovo.
"Il Dio in cui noi cristiani poniamo la nostra fede è il Dio di Abramo e di Gesù, è il Dio di tutti e di tutto. Molte sono le immagini e le forme con cui, storicamente, la figura di Dio è stata descritta e tramandata. Da qui la presenza delle diverse religioni. E' fuor di dubbio che, soprattutto nel momento della preghiera, bisogna evitare qualsiasi commistione e qualsiasi atteggiamento irenico, che finisce per indebolire la questione della verità. Un conto è la preghiera multireligiosa, quando appartenenti a religioni diverse si radunano per dare un segnale pubblico di invocazione a Dio per i grandi problemi che affliggono il mondo, come la pace e la giustizia, ma pregano in luoghi separati, anche se in contemporanea. E', questo, il caso di Assisi. E un conto è la preghiera interreligiosa, quando ci trova, insieme ad appartenenti ad altre religioni, per pregare nello stesso luogo: è più difficile da realizzare e presta più facilmente il fianco ad ambiguità".
Importante è non generalizzare quando si parla di islamici, ma ricordiamo ancora il giubilo di molti di essi, che abitano tra noi, dopo i tragici fatti dell'undici settembre.
"Dopo l'11 di settembre, certo non pochi musulmani nei nostri paesi e nelle nostre città hanno esultato. Questo non favorisce certo l'integrazione e solleva qualche dubbio sulla loro concezione della vita e sui rapporti reciproci tra italiani e musulmani nelle nostre comunità. Solo qualche voce isolata, nel mondo islamico di casa nostra, si è pubblicamente levata per condannare l'azione terroristica dell'11 settembre, così come altre azioni terroristiche. Probabilmente Bin Laden ha interpretato bene il sentimento antiamericano e antioccidentale di una certa parte delle popolazioni islamiche, e anche una certa fetta del nostro mondo occidentale".
Quindi, i terroristi sono pochi ma interpretano un sentire comune tra la maggior parte dei musulmani e non solo. E' ancora possibile un dialogo con chi condivide simili idee e atti terroristici?
"La metodologia del dialogo esige, per natura sua, la reciprocità. Come - si dice - non si può esportare né imporre la democrazia con la forza, così non si può imporre il dialogo a chi non lo vuole e a chi lo degrada a segno di debolezza e addirittura di abdicazione alla propria identità. Che garanzie diamo ai musulmani di rispettare la loro identità, se non sappiamo rispettare nemmeno la nostra? Certi atteggiamenti "dialogistici" possono creare, nel mondo musulmano, le premesse per il disprezzo, non per l'apprezzamento nei confronti della nostra tradizione e della nostra civiltà".
Il Papa, ma anche il nostro Vescovo, hanno chiesto la reciprocità di trattamento: come noi rispettiamo e lasciamo liberi i musulmani nella nostra Italia, così loro devono fare con noi nei loro Paesi".
"La richiesta di reciprocità deve uscire dagli ambiti strettamente religiosi e del dialogo interreligioso e deve diventare una chiara richiesta della classe politica e amministrativa alle autorità di quei Paesi, da cui provengono i nostri immigrati, che impediscono l'esercizio della libertà religiosa. E' un problema legato al tema dei diritti fondamentali della persona umana, fra i quali spicca la libertà religiosa. E', infine, un problema di tutela dell'ordine pubblico, perché laddove si impedisce la libertà religiosa, si creano le condizioni per ogni sorta di violenza e di sopraffazione".
Nessuno chiede una crociata contro i musulmani, ma perché organizzare incontri con chi non si presenta? Ricordiamo che al momento di preghiera col Vescovo erano presenti solo due islamici, uno dei quali poi è stato arrestato con l'accusa di terrorismo.
"L'incontro con i musulmani presenti tra noi va preparato, anche se ha bisogno di iniziative coraggiose. Occorre che dall'atteggiamento dell'accoglienza si passi a quello del dialogo (se è accolto) e da quello del dialogo - che non si nega a nessuno - si passi, da parte della comunità cristiana, anche a quello dell'annuncio, nelle modalità che verranno ritenute le più idonee. Perché, ad esempio, lanciare sempre appelli da parte della comunità cattolica in occasione delle grandi festività del mondo islamico e invece non comunicare a tutti, musulmani compresi, il senso delle grandi festività del calendario cristiano, le cui date stanno ormai scomparendo perfino dai calendari civili e dalle agende annuali, in nome di una falsa concezione della laicità?".
Il buonismo che serpeggia nei confronti dei musulmani può essere letto come una resa di fronte a chi fa la voce forte?
"Qualche anno fa la stessa segreteria della Conferenza Episcopale Italiana metteva in guardia dall'ospitare con faciloneria i musulmani negli ambienti parrocchiali: sia per evitare una "sacralizzazione" in senso islamico dei nostri ambienti, dei quali sarebbe poi difficoltoso chiedere la restituzione, sia per non dare l'impressione di apparire deboli, ai loro occhi, nella testimonianza della nostra identità cristiana e quindi di incontrare una loro eventuale irrisione".
Le parole del cardinal Biffi sono state "incornate" dalla stampa laicista , nessuno spazio invece è stata data alla presa di posizione del cardinal Martini. Sembra che i mass media stiano seguendo una linea di bassi profilo improntata al buonismo a tutti i costi.
"Le riflessioni del card. Biffi, come del resto quelle del card. Martini del 1990 ("Noi e l'Islam"), conservano tutta la loro attualità e sono da riprendere in mano, soprattutto nelle nostre comunità cristiane. In quei documenti si ponevano interrogativi molto sapienti circa l'integrazione dei musulmani nel nostro Paese e circa la compatibilità, con il nostro ordinamento giuridico e civile, di alcuni atteggiamenti ritenuti irrinunciabili da parte dei musulmani: in che modo, ad esempio, si pensa di far coincidere il diritto familiare islamico, la concezione della donna, la poligamia, e soprattutto l'identificazione della religione con la politica con i principi e le norme che ispirano e governano la nostra società e la nostra stessa civiltà? Come, insomma, conciliare la "diversità" islamica con il nostro mondo civile e culturale? A meno che, per arrivare alla piena conciliazione, la popolazione italiana scelga di mettere fra parentesi la propria tradizione civile e religiosa. Ma questa sarebbe la resa.


torna su