"Il problema della sicurezza e il volto anonimo del terrorismo -
entra subito in tema don Alberto - sono tra le preoccupazioni principali
dei cittadini italiani nell'attuale momento storico. Anche perché
ci troviamo impreparati e sprovveduti, e con noi le autorità pubbliche,
di fronte al fenomeno dell'immigrazione: non è più soltanto
un problema di accoglienza, che bisogna attivare nei confronti di chiunque
si trovi nel bisogno, ma diventa un problema culturale, ossia di comprensione
della cultura di provenienza degli immigrati e di rifondazione del nostro
patrimonio culturale, umanistico e cristiano, che si è andato sbriciolando
in questi ultimi decenni: perché non si può comprendere
l'altro se non si riesce più a comprendere se stessi".
Non ci sono solo i terroristi, ma si avverte un crescente senso di
sconcerto dopo l'arresto dell'islamico che pregò a fianco del nostro
vescovo.
"Il Dio in cui noi cristiani poniamo la nostra fede è il Dio
di Abramo e di Gesù, è il Dio di tutti e di tutto. Molte
sono le immagini e le forme con cui, storicamente, la figura di Dio è
stata descritta e tramandata. Da qui la presenza delle diverse religioni.
E' fuor di dubbio che, soprattutto nel momento della preghiera, bisogna
evitare qualsiasi commistione e qualsiasi atteggiamento irenico, che finisce
per indebolire la questione della verità. Un conto è la
preghiera multireligiosa, quando appartenenti a religioni diverse si radunano
per dare un segnale pubblico di invocazione a Dio per i grandi problemi
che affliggono il mondo, come la pace e la giustizia, ma pregano in luoghi
separati, anche se in contemporanea. E', questo, il caso di Assisi. E
un conto è la preghiera interreligiosa, quando ci trova, insieme
ad appartenenti ad altre religioni, per pregare nello stesso luogo: è
più difficile da realizzare e presta più facilmente il fianco
ad ambiguità".
Importante è non generalizzare quando si parla di islamici,
ma ricordiamo ancora il giubilo di molti di essi, che abitano tra noi,
dopo i tragici fatti dell'undici settembre.
"Dopo l'11 di settembre, certo non pochi musulmani nei nostri paesi
e nelle nostre città hanno esultato. Questo non favorisce certo
l'integrazione e solleva qualche dubbio sulla loro concezione della vita
e sui rapporti reciproci tra italiani e musulmani nelle nostre comunità.
Solo qualche voce isolata, nel mondo islamico di casa nostra, si è
pubblicamente levata per condannare l'azione terroristica dell'11 settembre,
così come altre azioni terroristiche. Probabilmente Bin Laden ha
interpretato bene il sentimento antiamericano e antioccidentale di una
certa parte delle popolazioni islamiche, e anche una certa fetta del nostro
mondo occidentale".
Quindi, i terroristi sono pochi ma interpretano un sentire comune tra
la maggior parte dei musulmani e non solo. E' ancora possibile un dialogo
con chi condivide simili idee e atti terroristici?
"La metodologia del dialogo esige, per natura sua, la reciprocità.
Come - si dice - non si può esportare né imporre la democrazia
con la forza, così non si può imporre il dialogo a chi non
lo vuole e a chi lo degrada a segno di debolezza e addirittura di abdicazione
alla propria identità. Che garanzie diamo ai musulmani di rispettare
la loro identità, se non sappiamo rispettare nemmeno la nostra?
Certi atteggiamenti "dialogistici" possono creare, nel mondo
musulmano, le premesse per il disprezzo, non per l'apprezzamento nei confronti
della nostra tradizione e della nostra civiltà".
Il Papa, ma anche il nostro Vescovo, hanno chiesto la reciprocità
di trattamento: come noi rispettiamo e lasciamo liberi i musulmani nella
nostra Italia, così loro devono fare con noi nei loro Paesi".
"La richiesta di reciprocità deve uscire dagli ambiti strettamente
religiosi e del dialogo interreligioso e deve diventare una chiara richiesta
della classe politica e amministrativa alle autorità di quei Paesi,
da cui provengono i nostri immigrati, che impediscono l'esercizio della
libertà religiosa. E' un problema legato al tema dei diritti fondamentali
della persona umana, fra i quali spicca la libertà religiosa. E',
infine, un problema di tutela dell'ordine pubblico, perché laddove
si impedisce la libertà religiosa, si creano le condizioni per
ogni sorta di violenza e di sopraffazione".
Nessuno chiede una crociata contro i musulmani, ma perché organizzare
incontri con chi non si presenta? Ricordiamo che al momento di preghiera
col Vescovo erano presenti solo due islamici, uno dei quali poi è
stato arrestato con l'accusa di terrorismo.
"L'incontro con i musulmani presenti tra noi va preparato, anche
se ha bisogno di iniziative coraggiose. Occorre che dall'atteggiamento
dell'accoglienza si passi a quello del dialogo (se è accolto) e
da quello del dialogo - che non si nega a nessuno - si passi, da parte
della comunità cristiana, anche a quello dell'annuncio, nelle modalità
che verranno ritenute le più idonee. Perché, ad esempio,
lanciare sempre appelli da parte della comunità cattolica in occasione
delle grandi festività del mondo islamico e invece non comunicare
a tutti, musulmani compresi, il senso delle grandi festività del
calendario cristiano, le cui date stanno ormai scomparendo perfino dai
calendari civili e dalle agende annuali, in nome di una falsa concezione
della laicità?".
Il buonismo che serpeggia nei confronti dei musulmani può essere
letto come una resa di fronte a chi fa la voce forte?
"Qualche anno fa la stessa segreteria della Conferenza Episcopale
Italiana metteva in guardia dall'ospitare con faciloneria i musulmani
negli ambienti parrocchiali: sia per evitare una "sacralizzazione"
in senso islamico dei nostri ambienti, dei quali sarebbe poi difficoltoso
chiedere la restituzione, sia per non dare l'impressione di apparire deboli,
ai loro occhi, nella testimonianza della nostra identità cristiana
e quindi di incontrare una loro eventuale irrisione".
Le parole del cardinal Biffi sono state "incornate" dalla
stampa laicista , nessuno spazio invece è stata data alla presa
di posizione del cardinal Martini. Sembra che i mass media stiano seguendo
una linea di bassi profilo improntata al buonismo a tutti i costi.
"Le riflessioni del card. Biffi, come del resto quelle del card.
Martini del 1990 ("Noi e l'Islam"), conservano tutta la loro
attualità e sono da riprendere in mano, soprattutto nelle nostre
comunità cristiane. In quei documenti si ponevano interrogativi
molto sapienti circa l'integrazione dei musulmani nel nostro Paese e circa
la compatibilità, con il nostro ordinamento giuridico e civile,
di alcuni atteggiamenti ritenuti irrinunciabili da parte dei musulmani:
in che modo, ad esempio, si pensa di far coincidere il diritto familiare
islamico, la concezione della donna, la poligamia, e soprattutto l'identificazione
della religione con la politica con i principi e le norme che ispirano
e governano la nostra società e la nostra stessa civiltà?
Come, insomma, conciliare la "diversità" islamica con
il nostro mondo civile e culturale? A meno che, per arrivare alla piena
conciliazione, la popolazione italiana scelga di mettere fra parentesi
la propria tradizione civile e religiosa. Ma questa sarebbe la resa.
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