Caro don Alberto, forse sarò il primo vicario a scrivere al proprio
parroco sul giornalino parrocchiale. Lo faccio per portare alla tua memoria,
anche se te ne ricordi bene, quel documento che più di un anno
fa firmai insieme con alcuni giovani dell'oratorio Maffei.
Lo scritto raccolse numerosi consensi: persone note e altre sconosciute,
un po' di tutte le estrazioni apprezzarono il parlar chiaro di quel testo
che faceva dei "distinguo" in mezzo alla confusione del pacifismo,
che invocava la pace anzitutto come dono di Dio prima ancora che come
opera dell'uomo, che diffidava dell'espressione ambigua dell'utopia, che
parlava di educazione alla pace perché la pace non è un
no alle armi semplicisticamente senza se e senza ma, che tra le guerre
da sconfiggere citava quella civile dell'aborto
Ma per quel documento ci prendemmo e ti prendesti anche delle legnate!
Anzitutto, tu per alcuni eri un plagiatore di coscienze, io e i giovani
eravamo dei plagiati. Altri voleva mandare il testo sulla scrivania del
papa (forse dimenticando che fu proprio Paolo VI ad affermare che "pace
non è pacifismo), qualcuno diceva che eravamo a favore della guerra
(dimenticando che addirittura il titolo del foglio era "no alla guerra,
sì alla vita", no alla guerra, capito?). Altri ancora, con
buona pace di madre Teresa di Calcutta rinfacciò che la guerra
con l'aborto non c'entrava nulla
Quante volte ti ho detto che il febbraio dello scorso anno è stato,
a livello di dibattito culturale, un mese meraviglioso; dicemmo addirittura
ad Andrea Tornelli che eravamo costretti a rimandare la sua conferenza
a causa della diretta RAI di Excalibur (Excalibur! Ti rendi conto? La
nostra parrocchia sulla RAI!).
Ora riprendo in mano quel foglio mentre in Europa è accaduta una
cosa sconvolgente: un attentato in poche ora ha cambiato il governo un
uno stato Europeo spingendo al ritiro delle truppe di questo dall'Irak.
Mi spaventa la debolezza del nostro occidente. La democrazia è
una gran cosa di cui andare fieri ma se affidata alla folla e alla sua
emotività rivela tutta la sua fragilità. Il Manzoni è
maestro nel descrivere il dissolversi della razionalità del singolo
quando questi è immerso nella folla informe. Già nel documento
si diceva che la politica non può separarsi dalla gente perché
in democrazia è il popolo che consegna il potere all'eletto; ma
si segnalava pure come determinate decisioni non possono essere prese
dal popolo (questo sarebbe populismo!) ma solo da coloro che il popolo
ha investito dell'autorità necessaria dopo averne riconosciuto
meriti e pregi.
Ma l'Europa sembra mostrare il proprio tallone di Achille al terrorismo
internazionale: basterà davvero un attentato, magari prima delle
elezioni, per piegare l'Europa? L'Europa è davvero tanto fragile?
No non può essere! Le radici del vecchio continente sono cristiane
e il messaggio cristiano ha resistito a tutte le persecuzioni. Europa:
ricorda le tue radici!
Don Davide
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