"Venne nella pienezza del tempo "
 
da "Ritrovarci": anno XXV - numero 5 - dicembre 2003

di don Alberto

Un altro Natale è alle porte. E il Natale, con il suo fascino evocativo, ci riporta sempre al senso delle cose, alla misura del tempo, al cuore dell'esistenza umana. Quel Bambino, che nel presepio è posto accanto a Maria e a Giuseppe, insieme agli animali, dentro ad una povera abitazione di Betlemme, è il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo. L'apostolo Paolo, diversamente dagli evangelisti Matteo e Luca, non ci consegna alcuna narrazione degli eventi natalizi di Gesù. Nelle sue lettere alle prime comunità cristiane, ha un'unica allusione, che però è un condensato di fede: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli" (Gal 4, 4-5).
Può esistere una "pienezza" del tempo? Non è, forse, il tempo lo scorrere indefinito di anni, di secoli, di millenni? Certo, questo è il tempo cronologico, nel quale tutti noi siamo immersi, nel quale tutto il cosmo è collocato. Ma il tempo cronologico ha dei momenti particolari, registra avvenimenti peculiari che danno un significato nuovo al corso della storia e degli eventi. Si pensi all'apparire e al tramontare delle diverse civiltà (egiziana, assiro-babilonese, greca, romana, bizantina...). Si pensi ai diversi personaggi storici: da Alessandro Magno a Giulio Cesare, da Costantino a Carlo Magno, da Napoleone a Lenin. Anche nella piccola storia personale di ciascuno di noi ci sono momenti - fatti di avvenimenti, di incontri, di realizzazioni, di gioie, di malattie - che escono per così dire dal grigiore della cronologia feriale per assurgere a tappe significative che decidono del corso concreto della nostra esistenza.
Quando ci mettiamo davanti al tempo e alla storia è inevitabile la domanda: quale ne è il senso? Quale il traguardo? Che cosa c'è "oltre" il tempo? L'uomo, che da sempre si pone queste domande, da sempre non riesce a trovare le risposte con le sole proprie forze. E l'umanità sarebbe in balìa di un eterno vagabondare, che poi è un eterno tramontare di tutti e di tutto; ciascuno di noi sarebbe in preda ad un angoscia mortale, se Dio non ci avesse cercato, non ci avesse visitato e, finalmente, non ci avesse incontrato e riscattato dal buio di un'esistenza opaca e senza senso per condurci all'incontro pieno e definitivo con Lui. Tutto ciò, secondo la fede cristiana, è avvenuto con l'incarnazione del Figlio di Dio. In Gesù il tempo si "compie": non nel senso che finisce, ma nel senso che trova la sua piena misura, trova il suo fine. Così come, quando muore sulla croce, Gesù dirà: "Tutto è compiuto!", non nel senso che tutto è finito, ma nel senso che tutto ha trovato la sua ragione ultima, tutto è stato riscattato e redento, tutto ritorna a Colui dal quale si era allontanato. Secondo San Paolo, l'invio di Gesù Cristo sulla terra ha portato il compimento del tempo, ha donato al tempo il suo centro, il suo cuore, la sua pienezza. Il totale donarsi del Figlio di Dio al cosmo intero, il suo entrare, attraverso la nascita e la vita, nella concreta realtà dell'uomo, ha lo scopo anzitutto di liberare coloro che si trovano sotto la legge, ossia gli ebrei, e poi di liberare ogni uomo dall'idolatria, dalla seduzione del peccato, dalla insignificanza del vivere, dai messianismi menzogneri, dal baratro del nulla. L'eterno, che in Gesù ha fatto irruzione nel tempo, ne ha decretato la fine mortifera, inaugurando un tempo nuovo: è il tempo dei figli di Dio, salvati in Gesù Cristo dalla morte eterna. Il tempo cronologico diventa così un tempo salvifico: questo vale per la vita di ciascuno di noi e per la vita del cosmo.
Il Natale, allora, ripropone a tutti noi la centralità di Gesù Cristo nella nostra vita e un ritrovato rapporto con Lui attraverso l'ascolto della sua Parola, attraverso la fede e i sacramenti, attraverso una testimonianza di carità. "Fare Natale" non è semplicemente un rituffarci, con un'operazione infantile, nella dolcezza di un sentimento primordiale vitalistico e buonista, destinato a tramontare quando rimettiamo via il presepio. E', piuttosto, un recuperare il "senso del tempo" : il senso del vivere, dell'amare, dell'esercitare in pieno le nostre responsabilità, del gioire e del soffrire. Viviamo, tutti, un rapporto critico col tempo. Stiamo invocando, da anni, un'ecologia dello spazio, ma abbiamo bisogno soprattutto di un'ecologia del tempo! Che poi è l'ecologia della vita, del camminare sui sentieri di questo mondo abbandonando apatie, cinismi, irresponsabilità, sbadigli di ogni tipo, come anche efficientismi, nervosismi e stress.
Facciamo nostre le parole di Paolo VI: "Gesù è al vertice delle aspirazioni umane, è il termine delle nostre speranze e delle nostre preghiere, è il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, è il Messia, il centro dell'umanità, Colui che dà un senso agli avvenimenti umani, Colui che dà un valore alle azioni umane, Colui che forma la gioia e la pienezza dei desideri di tutti i cuori, il vero uomo, il tipo di perfezione, di bellezza, di santità, posto da Dio per impersonare il vero modello, il vero concetto di uomo, il fratello di tutti, l'amico insostituibile, l'unico degno di fiducia e di ogni amore: è il Cristo-uomo. E nello stesso tempo Gesù è alla sorgente di ogni vera fortuna, è la luce per cui la stanza del mondo prende proporzioni, forma, bellezza e ombra; è la parola che tutto definisce, tutto spiega, tutto classifica, tutto redime; è il principio della nostra vita spirituale e morale; dice che cosa si deve fare e dà la forza, la grazia per farlo; riverbera la sua immagine, anzi la sua presenza in ogni anima, che si fa specchio per accogliere il suo raggio di verità e di vita, che cioè crede in Lui e accoglie il suo contatto sacramentale: è il Cristo-Dio, il Maestro, il Salvatore, la Vita".
Con questa professione di fede di Paolo VI vi invito, insieme a don Guido e a don Davide, a vivere e a trascorrere il tempo natalizio, con un augurio particolare agli ammalati e a tutte le persone che sono sotto il peso della tribolazione.

Don Alberto

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