In questi giorni in cui i lavori che hanno riconsegnato all'accoglienza
e al decoro il grande salone al pian terreno del palazzo abbaziale sono
quasi al termine, tante persone fanno capolino sulla soglia. Accanto al
compiacimento per un lavoro ben fatto, si esprime anche il dubbio che
l'ambiente sia adatto per un oratorio: troppo lusso, troppo delicato,
troppo
bello.
Il problema non è però il salone, che comunque non compete
con Hollywood ma neanche con certi salotti nostrani, semmai la questione
è l'oratorio.
In questi ultimi anni si è, infatti, cavalcata la teoria dell'accoglienza
di tutti rischiando però di accogliere anche di tutto.
E' sicuramente affascinante poter parlare dell'Oratorio come ambiente
popolare, pluralista, gratuito, che non ha preconcetti, che prima ti accoglie
e poi, una volta che sei "dentro" ti propone l'educazione e,
quindi, l'incontro con un gruppo di amici che vogliono bene a Gesù.
La realtà, però, insegna che le conversioni, non dico a
Cristo, ma alla semplice buona educazione sono rare e viene oramai da
dubitare che ci si possa accontentare del "non sarà cambiato
ma, almeno, una buona parola l'ha sentita". Accogliere il "disagiato"
si può e si deve ma occorre essere attrezzati. Noi non lo siamo,
e poi non è il compito primo degli Oratori (lo sappiano anche le
Amministrazioni Locali).
Anzi, ci siamo anche talmente abituati ad un certo di presenza "disagiata"
da non riuscire a vedere un Oratorio non costituito da sale un po' disagiate
anch'esse, quasi per il timore che l'adolescente dal motorino rigorosamente
truccato, entrando, si trovi in soggezione oppure per la certezza, mal
celata, che è inutile mettere in ordine, pulire e acquistare il
nuovo "perché tanto distruggono tutto".
Ma non si può andare avanti con questa logica!
Primo per rispetto verso noi stessi perché fatti non fummo per
viver come bruti e, poi, perché il disagio non si cura con altro
disagio ma proponendo qualcosa di meglio, di più bello. Un ambiente
appropriato è già di per sé un messaggio e un biglietto
da visita. Anche per l'educatore e il volontario che è sicuramente
più invogliato ad affezionarsi ad un salone curato più che
ad un magazzino generico.
E' una scelta e come ogni scelta comporta l'impegno di essere ad essa
coerenti.
E' la scelta di chiedere una buona dose di rispetto e di educazione prima
di entrare; diversamente occorrerà saper dire "mi spiace,
ma l'ambiente non è per te".
E' la scelta di "non scendere al tuo livello ma di proporti, quando
vorrai, quando sarai pronto di salire al mio".
E' la scelta di tornare a proporre, con forza, l'Oratorio alla primaria
comunità educante che è la famiglia nella convinzione che
il disagio dei giovani è questione di latitanza di adulti.
Scrivevamo nel numero 3 del maggio di quest'anno che esiste una alternativa:
"o l'Oratorio educa o l'Oratorio non svolge alcun servizio all'uomo,
alla parrocchia e sui tempi lunghi nemmeno alla società civile.
E' nostro dovere pertanto non fuggire di fronte alla realtà ma
saperla leggere e dare ad essa risposte efficaci. Ci sembra giunto il
momento di aprire nuove strade interrompendo quelle che, pur forti di
un'antica tradizione, non paiono più adeguate.
Don Davide
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