Dopo il periodo estivo, riprende a pieno ritmo la vita parrocchiale.
Nel prossimo anno pastorale, che ha inizio la domenica 5 ottobre, ho preso
la decisione - da tempo allo studio anche fra noi preti e accennata in
diverse sedute del Consiglio Pastorale Parrocchiale - di eliminare - ad
experimentum per un anno - una messa la domenica mattina: e precisamente
la messa delle ore 11 15, che risultava la meno partecipata (non tanto
dal punto di vista numerico, ma sul piano della qualità) e la più
anonima. I motivi che sottostanno a tale decisione sono i seguenti.
Anzitutto favorire una partecipazione più comunitaria alle altre
messe festive, evitando di frazionare la comunità parrocchiale
in troppe assemblee liturgiche. Ricordo che l'antica tradizione liturgica
prevedeva soltanto una messa nel giorno domenicale, poiché era
inconcepibile celebrare più messe nella stessa comunità
cristiana. Soltanto quando la società divenne cristiana nella sua
maggioranza, si è dovuto necessariamente moltiplicare le celebrazioni.
Nella nostra epoca, la comunità cristiana è diventata minoritaria
rispetto alla società. Il numero dei praticanti è notevolmente
diminuito. Noi abbiamo anche la fortuna di avere chiese capienti, che
sconsigliano di moltiplicare le celebrazioni. Il criterio pastorale di
favorire a qualunque costo l'obbligo di partecipare alla messa festiva
è subordinato all'altro criterio pastorale, ben più importante:
quello di essere e di sentirci membri di una comunità cristiana,
che ha i suoi appuntamenti comunitari. Il cristiano non può vivere
da solo la sua fede. Non è la parrocchia che deve dare "servizi
liturgici" a tutte le ore. Sono i cristiani che devono sentire il
desiderio di santificare la domenica: e la si santifica il più
possibile insieme, dunque accorpando al massimo le celebrazioni eucaristiche.
La messa va desiderata e cercata (come avviene in tante comunità
missionarie del Terzo Mondo), non buttata addosso! La parrocchia non deve
alimentare le nostre comodità individuali, ma siamo noi che dobbiamo
accogliere gli appuntamenti comunitari e sintonizzarci con il ritmo della
nostra comunità. E' un cambio di mentalità, certo, che viene
richiesto a tutti: preti compresi! Ma tale cambio di mentalità
non può che farci bene!
Una seconda motivazione, strettamente legata alla precedente. Le celebrazioni
festive devono avere determinate caratteristiche di solennità,
che le rendano significativamente festose: il canto, i diversi ministeri
del lettore, del salmista, del commentatore, l'organista, i chierichetti,
un'assemblea consistente
Non è possibile, di fatto, assicurare
a tutte le messe tali caratteristiche di festosità solenne. Si
deve uscire dalla messa festiva anche gratificati da una celebrazione
"bella". Un minor numero di messe facilita un maggior decoro
celebrativo e anche una maggiore distensione di tempo, una maggiore disponibilità
all'ascolto e alla preghiera. Non è possibile che la gente che
esce da una messa incontri la gente che entra per la messa successiva:
questo è diseducativo e obbliga ad una certa fretta, per non "sforare".
Era ciò che succedeva fra la messa delle 10 e la messa delle 11
15.
Una terza motivazione. Sento già le critiche: "Adesso anche
i preti vogliono lavorare di meno
". In realtà, vogliamo
lavorare diversamente. Le energie che prima erano quasi totalmente destinate
al culto oggi vanno spese anche per l'evangelizzazione. La gente di oggi
non viene più a messa perché non è più evangelizzata,
non conosce più il cristianesimo, non fa più esperienza
di vita comunitaria. Si parla tanto dei "lontani". Ebbene, il
nostro intento è di dedicare il tempo della domenica pomeriggio
per un intenso lavoro di annuncio del vangelo. In modo particolare ci
rivolgiamo ai genitori dei bambini che si accostano per la prima volta
ai sacramenti della penitenza, dell'eucaristia (prima comunione) e della
cresima, affinché compiano responsabilmente un cammino di fede
insieme ai loro figli. Stiamo pensando anche a qualche iniziativa per
i genitori che chiedono il battesimo per i loro figli. A nulla varrebbe
chiedere i sacramenti per i propri figli, se i genitori non attuassero
quegli impegni di educazione cristiana dei figli che hanno promesso nella
celebrazione nuziale e che hanno rinnovato nella celebrazione battesimale.
Quanti genitori dei nostri ragazzi e quanti ragazzi stessi, dopo la celebrazione
dei sacramenti, non partecipano più né alla messa domenicale,
né alle iniziative formative, né ai momenti aggregativi
della vita parrocchiale. E allora? La Chiesa, nella sua realtà
parrocchiale, intende fare le cose più seriamente. I tempi ormai
lo richiedono. Chi ritiene che altri impegni (le attività sportive,
la gita, la palestra
) siano più importanti del Giorno del
Signore e più meritevoli di attenzione del cammino di fede, è
libero di seguire altre strade e di dare alla propria esistenza l'impostazione
che vuole. Nessuno è obbligato a diventare cristiano. Le proposte
che il Signore ci fa, anche attraverso la parrocchia, sono un appello
alla nostra libertà e alla nostra responsabilità. E' il
tempo delle scelte. Da qui il senso anche di una "Breve regola pastorale"
che la nostra parrocchia consegna ai cristiani che intendano vivere seriamente
e gioiosamente la fede cristiana, che è per sua natura una fede
comunitaria, una fede ecclesiale.
|