Meno messe, più messa
Lo slogan, di parecchi anni fa, vuole ribadire la necessità di una partecipazione più fruttuosa alla celebrazione eucaristica, soprattutto festiva. La scelta di diminuire il numero delle messe intende favorire un cambio di mentalità e dare maggiormente spazio, nella situazione attuale, all'annuncio del vangelo.
da "Ritrovarci": anno XXV - numero 4 - aprile 2003

di Don Alberto, parroco

Dopo il periodo estivo, riprende a pieno ritmo la vita parrocchiale. Nel prossimo anno pastorale, che ha inizio la domenica 5 ottobre, ho preso la decisione - da tempo allo studio anche fra noi preti e accennata in diverse sedute del Consiglio Pastorale Parrocchiale - di eliminare - ad experimentum per un anno - una messa la domenica mattina: e precisamente la messa delle ore 11 15, che risultava la meno partecipata (non tanto dal punto di vista numerico, ma sul piano della qualità) e la più anonima. I motivi che sottostanno a tale decisione sono i seguenti.
Anzitutto favorire una partecipazione più comunitaria alle altre messe festive, evitando di frazionare la comunità parrocchiale in troppe assemblee liturgiche. Ricordo che l'antica tradizione liturgica prevedeva soltanto una messa nel giorno domenicale, poiché era inconcepibile celebrare più messe nella stessa comunità cristiana. Soltanto quando la società divenne cristiana nella sua maggioranza, si è dovuto necessariamente moltiplicare le celebrazioni. Nella nostra epoca, la comunità cristiana è diventata minoritaria rispetto alla società. Il numero dei praticanti è notevolmente diminuito. Noi abbiamo anche la fortuna di avere chiese capienti, che sconsigliano di moltiplicare le celebrazioni. Il criterio pastorale di favorire a qualunque costo l'obbligo di partecipare alla messa festiva è subordinato all'altro criterio pastorale, ben più importante: quello di essere e di sentirci membri di una comunità cristiana, che ha i suoi appuntamenti comunitari. Il cristiano non può vivere da solo la sua fede. Non è la parrocchia che deve dare "servizi liturgici" a tutte le ore. Sono i cristiani che devono sentire il desiderio di santificare la domenica: e la si santifica il più possibile insieme, dunque accorpando al massimo le celebrazioni eucaristiche. La messa va desiderata e cercata (come avviene in tante comunità missionarie del Terzo Mondo), non buttata addosso! La parrocchia non deve alimentare le nostre comodità individuali, ma siamo noi che dobbiamo accogliere gli appuntamenti comunitari e sintonizzarci con il ritmo della nostra comunità. E' un cambio di mentalità, certo, che viene richiesto a tutti: preti compresi! Ma tale cambio di mentalità non può che farci bene!
Una seconda motivazione, strettamente legata alla precedente. Le celebrazioni festive devono avere determinate caratteristiche di solennità, che le rendano significativamente festose: il canto, i diversi ministeri del lettore, del salmista, del commentatore, l'organista, i chierichetti, un'assemblea consistente… Non è possibile, di fatto, assicurare a tutte le messe tali caratteristiche di festosità solenne. Si deve uscire dalla messa festiva anche gratificati da una celebrazione "bella". Un minor numero di messe facilita un maggior decoro celebrativo e anche una maggiore distensione di tempo, una maggiore disponibilità all'ascolto e alla preghiera. Non è possibile che la gente che esce da una messa incontri la gente che entra per la messa successiva: questo è diseducativo e obbliga ad una certa fretta, per non "sforare". Era ciò che succedeva fra la messa delle 10 e la messa delle 11 15.
Una terza motivazione. Sento già le critiche: "Adesso anche i preti vogliono lavorare di meno…". In realtà, vogliamo lavorare diversamente. Le energie che prima erano quasi totalmente destinate al culto oggi vanno spese anche per l'evangelizzazione. La gente di oggi non viene più a messa perché non è più evangelizzata, non conosce più il cristianesimo, non fa più esperienza di vita comunitaria. Si parla tanto dei "lontani". Ebbene, il nostro intento è di dedicare il tempo della domenica pomeriggio per un intenso lavoro di annuncio del vangelo. In modo particolare ci rivolgiamo ai genitori dei bambini che si accostano per la prima volta ai sacramenti della penitenza, dell'eucaristia (prima comunione) e della cresima, affinché compiano responsabilmente un cammino di fede insieme ai loro figli. Stiamo pensando anche a qualche iniziativa per i genitori che chiedono il battesimo per i loro figli. A nulla varrebbe chiedere i sacramenti per i propri figli, se i genitori non attuassero quegli impegni di educazione cristiana dei figli che hanno promesso nella celebrazione nuziale e che hanno rinnovato nella celebrazione battesimale. Quanti genitori dei nostri ragazzi e quanti ragazzi stessi, dopo la celebrazione dei sacramenti, non partecipano più né alla messa domenicale, né alle iniziative formative, né ai momenti aggregativi della vita parrocchiale. E allora? La Chiesa, nella sua realtà parrocchiale, intende fare le cose più seriamente. I tempi ormai lo richiedono. Chi ritiene che altri impegni (le attività sportive, la gita, la palestra…) siano più importanti del Giorno del Signore e più meritevoli di attenzione del cammino di fede, è libero di seguire altre strade e di dare alla propria esistenza l'impostazione che vuole. Nessuno è obbligato a diventare cristiano. Le proposte che il Signore ci fa, anche attraverso la parrocchia, sono un appello alla nostra libertà e alla nostra responsabilità. E' il tempo delle scelte. Da qui il senso anche di una "Breve regola pastorale" che la nostra parrocchia consegna ai cristiani che intendano vivere seriamente e gioiosamente la fede cristiana, che è per sua natura una fede comunitaria, una fede ecclesiale.


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