Mentre la quasi totalità dei Paesi avanzati soffre un inverno
demografico e buona parte dei Paesi in Via di Sviluppo risente dell'abbassamento
dei tassi di fertilità, l'Unfpa, il Fondo delle Nazioni Unite per
la popolazione, rilancia il più arretrato e ingannevole pregiudizio
maltusiano e cioè la tesi secondo cui la riduzione delle nascite
contribuisce alla crescita economica.
Nel "Rapporto sullo stato della popolazione nel mondo" presentato
il 3 dicembre scorso a livello internazionale, l'Unfpa sostiene che "promuovere
i diritti e la salute riproduttiva è indispensabile per assicurare
crescita economica e riduzione della povertà". Secondo tale
rapporto, "la riduzione del tasso di natalità e un rallentamento
nella crescita demografica hanno contribuito alla crescita economica di
un certo numero di Paesi in Via di Sviluppo nell'arco degli ultimi tre
decenni".
Per dimostrare quella che è una tesi sconfessata dalla storia e
dai fatti, l'Unfpa trucca i dati e mischia le argomentazioni. E' vero
infatti che le pessime condizioni igienico-sanitarie e la mancanza di
istruzione sono la principale causa di povertà. E' altresì
vero che gli investimenti in miglioramento della salute ed in istruzione,
soprattutto delle donne che risultano essere le più discriminate,
sono i principali fattori di sviluppo. Non è un caso che salute
e istruzione sono due dei principali fattori indicati dagli economisti
per definire quello che viene chiamato "capitale umano". Ma
la contraccezione ed i programmi di riduzioni delle nascite che c'entrano
con tutto ciò? L'Unfpa trucca il dibattito inserendo i profilattici,
le interruzioni di gravidanze, le sterilizzazioni, le varie pillole abortive
e contraccettive, all'interno del programma che viene impropriamente chiamato
di "salute riproduttiva". E su questi termine equivoco costruisce
l'intero discorso.
E' infatti verissimo che negli anni passati abbiamo assistito allo sviluppo
di molti Paesi poveri, ma non si può certo associare questa crescita
in maniera diretta e causale, come fa l'Unfpa, con i programmi contraccettivi.
Al contrario, la scienza economica, la storia e l'esperienza ci mostrano
che non c'è crescita dove non c'è densità demografica.
Non è un caso che tutti i Paesi più ricchi del Pianeta sono
quelli con una maggiore densità demografica, e che proprio quei
Paesi con minore densità demografica sono i più poveri.
Il prof. Gary Becker, premio Nobel per l'economia nel 1992, a questo proposito
ha spiegato che "la teoria maltusiana non è spiegata da nessuna
prova, anzi si sono verificate alcune circostanze che dimostrerebbero
il contrario e cioè che la crescita della popolazione è
stata fondamentale per lo sviluppo economico: Bisogna stabilire un legame
ottimista e non pessimista nei confronti della crescita demografica, visto
che l'approccio maltusiano ha mostrato per intero la sua inesattezza e
la sua inattendibilità". Dello stesso parere il prof. Amartya
Sen, premio Nobel per l'economia del 1998, il quale ha detto: "Penso
che l'analisi di Malthus sulla crescita della popolazione sia completamente
sbagliata. La storia e l'esperienza hanno dimostrato che l'istruzione
delle donne è quella che permette di ridurre la fertilità.
La produzione agricola inoltre è cresciuta sempre più rapidamente
della popolazione. Non c'è quindi nessuna ragione di applicare
queste idee antidemocratiche e antiumane di Malthus". Seppur sia
vero che tra il 1820 e il 1992 la popolazione mondiale è quintuplicata,
è altrettanto vero che nello stesso periodo l'economia nel suo
complesso è cresciuta di 40 volte!
Al contrario di quanto sostenuto dall'Unfpa, l'aumento della ricchezza
pro-capite nel mondo è avvenuta proprio in quei Paesi dove maggiore
è la densità demografica.
Dal punto di vista puramente statistico è sicuramente vero che
la popolazione mondiale del 1920 ad oggi è aumentata di quattro
volte, ma il prodotto mondiale lordo è aumentato nello stesso periodo
di 17 volte. Il boom demografico è coinciso con una crescita della
produttività, della produzione, della ricchezza, della sanità
come mai nella storia dell'uomo. Fatto sta che l'uomo attualmente vive
più a lungo, mangia meglio, produce e consuma di più che
in ogni altro periodo della storia.
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