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Don Alberto |
1. Viviamo in un contesto culturale e sociale segnato da frammentazioni da una parte e da omologazione dall'altra. Le frammentazioni conducono ad un pluralismo indifferenziato, tendenzialmente scettico, se non addirittura nichilistico. Questo pluralismo magmatico rivela un'antropologia fortemente riduttiva, incapace di offrire una qualsiasi prospettiva di senso, incapace di dare risposte esistenzialmente convincenti ai veri bisogni e alle vere attese della gente sui grandi temi della vita e della morte, della gioia e del dolore, dell'amore e della affettività, della famiglia e della economia. L'omologazione, al contrario, consiste nell'appiattimento delle identità e delle legittime differenze culturali. Entrambi i fenomeni conducono al relativismo in campo etico e soprattutto alla rinuncia al compito educativo. Da qui la constatazione di una pesante destrutturazione della coscienza nelle persone adulte e una devastazione esistenziale negli adolescenti e nei giovani, che sono i più esposti al rischio di una crisi profonda e destabilizzante, destinata a ripercuotersi in tutti gli ambiti della loro esistenza, perché resi incapaci di scelte definitive e stabili e di impegni appassionanti. 2. La comunità cristiana non può assistere a tali fenomeni,
semplicemente condannandoli o rinchiudendosi nelle attività di
culto e di carità assistenziale. Di fronte al pluralismo indifferenziato
e alla cultura dell'omologazione, i cristiani corrono il pericolo di cadere
nello svigorimento della propria fede, nella annacquatura della proposta
evangelica dentro il pensiero dominante, spacciato per sostanzialmente
buono proprio in quanto dominante: e siamo al "buonismo", oggi
così diffuso, dove bene e male si perdono in tutto indistinto,
generico e avalutativo. La fede diventa totalmente strumentale ai progetti
sociali e culturali della maggioranza, dalla quale si ha il timore di
distinguersi. La testimonianza cristiana perde in tal modo il suo carattere
di bellezza e di fascino, perché assume o l'andatura della subordinazione
alla cultura dominante o dell'affanno volontaristico che esplica nella
prassi sociale. 3. Da qui una "rivisitazione" dei grandi capitoli della dottrina morale e sociale della Chiesa, per illuminare tutte le realtà ed esperienze umane, e non qualche brandello o qualche settore soltanto: dal rispetto della vita umana fin dal concepimento, al diritto del nascituro ad avere veri e propri genitori; dalla famiglia fondata sul matrimonio ad una articolazione della società secondo i principi di solidarietà-sussidiarietà; dal diritto nativo dei genitori ad educare i propri figli alla effettiva libertà scolastica, rispettosa del pluralismo culturale ed educativo e quindi della originalità e identità dei vari soggetti presenti nella società; dalla condanna di ogni forma di monopolio culturale e di ogni soffocante statalismo alla presa di distanza da una concezione neoliberista, ecc. 4. Sorge, allora, la necessità di una presenza della comunità
cristiana sul territorio: una presenza che, dentro al solco della nostra
tradizione cristiana (fatta di gesti sacramentali, quali la messa, i battesimi,
i funerali, le prime comunioni, le cresime, il catechismo ai ragazzi,
le principali feste liturgiche e patronali...: il che richiama ancora
un numero consistente di persone), assuma anche una valenza culturale
di "illuminazione", ossia un'offerta, non arrogante ma precisa
e seria, di valutazioni e di proposte che abbiano il respiro della Verità
che ci è stata donata, che, sola, può liberare dall'angoscia
e dalla paura del domani.
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