Dio, l'uomo e la storia
secondo la Genesi

Si sono conclusi gli incontri di catechesi del martedì, tenuti da don Alberto e riguardanti quest'anno i primi undici capitoli della Genesi.
da "Ritrovarci": anno XXVI - numero 3 - maggio 2003

Maria Grazia Cavalca

Non immaginavamo certo quanto i racconti narrati in questi capitoli, che tutti avevamo imparato a conoscere fin da bambini, fossero in realtà ricchi di sorprendente profondità, proponendo suggestive riflessioni e intense sollecitazioni per la nostra vita di ogni giorno.
Obiettivo primo generale della catechesi è stato quello di cogliere ed evidenziare gli elementi che costituiscono le componenti fondamentali della storia e del mondo, viste ovviamente dal versante di Dio:
1. l'azione di Dio. Essa crea il mondo buono e di grande bellezza e lo destina all'uomo, la cui vocazione è quella di riconoscersi all'interno della relazione creatura-creatore, e quindi di rimanere creatura mantenendo la differenza da Dio: come in qualsiasi tipo di rapporto, solo la differenza tra i due 'protagonisti' fa vivere il rapporto stesso.
2. il peccato. Esso non è mai solo un fatto privato tra l'uomo e Dio: se si elimina Dio e ci si vuole mettere al suo posto, illudendosi di raggiungere l'eternità nell'oggi, le altre creature vengono ridotte a oggetto da possedere e da annientare; quindi ogni peccato è, in primis, un rivoltarsi contro Dio, ma anche un rivoltarsi contro l'umanità e contro la creazione, al fine di strumentalizzarle. Il discorso del peccato investe più in generale il mistero del male, una ferita che attraversa tutta la storia umana.
3. la fedeltà di Dio al suo disegno e la sua misericordia. Esse costituiscono le costanti dell'atteggiamento di Dio nei confronti dell'uomo, sempre peccatore e, al tempo stesso, sempre perdonato.
Prima di affrontare sistematicamente i capitoli iniziali della Genesi, è stata fatta una premessa indispensabile per la loro comprensione: gli episodi che vengono presentati non sono né resoconti di cronaca, né fatti storicamente fondati, bensì narrazioni simboliche, che costituiscono la chiave di lettura per interpretare la storia di sempre, cioè la nostra storia: così, ad esempio, Adamo ed Eva non rappresentano la prima coppia dell'umanità, cronologicamente parlando, ma siamo noi. È evidente quindi l'intenzione di mettere sotto il segno di un "prima cronologico" ciò che in realtà è una costante della storia umana, di porre cioè agli inizi cronologici dell'umanità ciò che è umanamente primordiale in ciascuno di noi: l'autore sacro ha voluto dirci, attraverso lo stratagemma di racconti collocati all'origine dell'umanità, quello che sta nel profondo della nostra vita. Il primordiale, che cronologicamente ci sfugge, la Bibbia lo raggiunge attraverso una visione retrospettiva che parte dall'oggi: io so quello che sono oggi, un uomo libero ma di una libertà ferita, un essere intelligente ma che, pur desiderandolo, non capisce il senso delle cose, una persona che vuole fare il bene ma compie il male, che vuole la vita però muore.
Possiamo dire che in questi undici capitoli vengono descritte le costanti antropologiche dell'uomo di fronte a Dio, dell'uomo di fronte alla donna, dell'uomo di fronte a se stesso, dell'uomo di fronte al mondo, al dolore, alla gioia, alla morte; essi raccontano ciò che avviene quotidianamente nella vita dell'uomo: la ripetuta esperienza del peccato, la risposta a Dio, l'incontro tra uomo e donna, il rapporto con gli altri, lo sguardo sul mondo, il tentativo di alzare gli occhi al cielo, il ritorno al caos.
Ciò premesso, sono stati analizzati:
· l'episodio della creazione del mondo. La versione della creazione è duplice: il primo racconto, teocentrico, (Gen. 1-2,4a), parte dalla creazione di ciò che è inanimato e, in crescendo, arriva al culmine nel sesto giorno con la creazione dell'uomo. Il settimo giorno, benedetto e santificato da Dio, è un giorno a sé, senza sera e senza mattina, in cui è racchiuso il senso del tempo e della storia umana e che l'uomo, a nome e insieme a tutta la creazione, ha il fine di santificare: osservare il sabato, che è tempo per Dio e insieme tempo per l'uomo, è entrare in una dinamica di comunione profonda col Signore. Il secondo racconto (Gen. 2, 4b-25), più antico e più naïf, ha una dimensione antropocentrica.
· l'episodio della tentazione del serpente e della conseguente caduta dell'uomo (Gen. 3). Quello che viene descritto non è tanto il dramma della prima coppia, quanto il dramma di ogni uomo e l'esperienza di ogni sua caduta. La tentazione subita dai progenitori nel giardino dell'Eden diventa il paradigma di tutte le tentazioni e del fascino seduttivo, con cui il serpente avvolge il male; il loro peccato diventa archetipo di ogni altro peccato. Esito della disobbedienza non può essere che la morte: la donna, che teme la prospettiva della morte, si lascia tentare e disobbedisce convinta di poterla sfuggire, e non si rende conto che in questo modo finisce per dare lei stessa concretezza ai suoi timori. Infranto spontaneamente il primo rapporto fondamentale, quello cioè di vivere la propria libertà di creatura nei confronti del creatore, l'uomo deve affrontarne le inevitabili conseguenze.
· l'episodio di Caino e Abele (Gen. 4). Chi non è amato dagli uomini sembra avere il privilegio di essere in maggior onore presso Dio; Dio ama tutti, ma nel suo amore la preferenza va a chi conta di meno, come Abele, per il quale la madre non esprime nessun canto di gioia, che invece aveva innalzato per l'altro figlio. Da questa preferenza, che aiuta a creare una giustizia che tale non era, nasce l'invidia di Caino. Mentre i primi tre capitoli della Genesi pongono domande fondamentali su Dio, sull'uomo, sulla donna, sul giardino, sui doni del creato, sulla legge, il quarto capitolo, incentrato sul rapporto tra fratelli, estensibile al prossimo, pone un'altra serie di domande: Chi è l'altro per me e chi sono io per l'altro? In che modo l'uomo può accettare l'alterità e deve sentirsi corresponsabile della fortuna o sfortuna dell'altro?
· l'episodio di Noè e del diluvio con la successiva ri-creazione (Gen. 6-9). Davanti al crescere della malvagità umana, Dio decide di eliminare l'umanità. Ma in mezzo a tanto male c'è un uomo giusto che cammina con Dio, Noè, guardando il quale Dio viene mosso a pietà; egli diventa così speranza per tutti. Dopo quella sorta di ritorno al caos delle origini che fu il diluvio, ulteriore conseguenza delle scelte sbagliate degli uomini, si ha una ri-creazione, di nuovo benedetta da Dio. Ma, ancora, si cade nel peccato: Cam, figlio di Noè, vedendo il padre ubriaco e nudo, non ne rispetta la debolezza e il limite, ne parla in giro svergognandolo, in fondo in fondo 'uccidendolo'. Il peccato originale, che ha provocato la rottura del rapporto con Dio, rappresenta il primo anello di una catena che intacca - come abbiamo visto- le relazioni fondamentali della persona umana: relazione tra uomo e donna, tra fratelli, con la natura, tra padre e figli.
· l'episodio della torre di Babele (Gen. 11). Viene qui consumato l'ultimo peccato, quello del potere, che fagocita gli altri, imponendo uniformità di lingua e omologazione di idee; la costruzione della torre simboleggia la tentazione di credere di fare a meno di Dio e l'illusione, facendosi un nome, di non vedere la morte: in questo modo però il mondo non è più la casa di tutti, ma diventa la città e la torre di qualcuno che vuole unificare tutti, sottraendosi al disegno di Dio, che voleva invece una umanità ricca nella differenza e nel pluralismo. Dio, che scende a vedere l'opera di quegli uomini, riporta le cose alla situazione originale: la confusione delle lingue è dunque da intendersi come una benedizione.
· le genealogie (Gen. 4, 5, 10 e 11). Questi lunghi elenchi, che rivelano come Dio da sempre abbia visto la vita umana intrecciata fra le generazioni, elenchi all'apparenza insignificanti, sono stati oggetto di molteplici interessanti riflessioni.




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