Dalla pagina dell'Oratorio di "Ritrovarci":


Il nuovo anno in oratorio
Una Rottura!
(Sett. 2002)
di don Davide Barili

Un educatore del nostro oratorio ha rilevato il Maffei, per uno dei vari gruppi di adolescenti che ad esso fanno riferimento, sia una specie di luogo di lavoro. All'Oratorio si andrebbe quando c'è un qualcosa da fare in conseguenza di un invito rivolto dal datore di lavoro di turno sia esso il prete o chi per lui. Per quel gruppo, cioè, l'oratorio non è luogo di aggregazione spontanea, luogo di accoglienza gratuita. La cosa fa riflettere. Anche perché quel gruppo non è estraneo agli incontri formativi e alla celebrazione domenicale. L'educatore concludeva la sua osservazione dicendo che l'Oratorio è luogo significativo per l'adolescente nella misura in cui esso è popolato da persone a lui significative.
E' evidente allora che gruppo di adolescenti, anche "bravi ragazzi", si sentono a disagio nei nostri ambienti a causa di una accoglienza non ben esplicitata.
Occorre allora lavorare per costruire una rete di accoglienza, partendo non dai ragazzi ma da chi dovrebbe accogliere: dai giovani e dagli adulti.
Dai giovani perché è per lo meno contraddittorio crescere in un oratorio, vivendone e condividendone tutte le tappe, sportive, catechistiche, celebrative, formative e poi improvvisamente, giunti in fase università o primo impiego, non sentirsi in dovere e in diritto di comunicarle alle nuove generazioni. Un giovane che perde il legame con l'oratorio che lo ha cresciuto dice il fallimento parziale di un intero itinerario educativo.
Una presenza di adulti, di papà e di mamme. Perché sono una papà e una mamma i primi educatori, i veri educatori di un bambini. Le altre figure sono di supporto, se va bene, o pallidi surrogati altre volte.
E nel nostro oratorio i papà e le mamme purtroppo si vedono un po' come quel gruppo di adolescenti: frequentano l'oratorio quando il prete chiama all'appello. Ma non può bastare! Perché altrimenti le giovani generazioni crescono ad immagine delle precedenti. Talis pater...
Occorre saper ROMPERE per il bene dei ragazzi con un certo modo di atteggiarsi nei confronti dell'oratorio per cui il giovane preso da mille impegni (quali?) non si fa più vivo in oratorio. Emblematico l'oratorio vuoto tutte le sere per tutta l'estate! E' l'episodica sarebbe lunga e documentata.
Rompere con i genitori che sempre presi dai ritmi di oggi scompaiono dall'oratorio salvo poi incontrarsi al Lido o sul listone. L'oratorio non vuole sottrarre clienti ai centri commerciali, alle pubbliche piazze o ad altri luoghi di aggregazione ma si può ben trovare il tempo e lo spazio per trascorrere un'ora la domenica pomeriggio con il proprio figlio badando magari anche a quello del vicino di casa.
Non credo sia una questione di tempo che manca. E' questione di mentalità. Anche perché da altre parti questo avviene. E da decenni. E come realtà normale.

Rompere con la latitanza e rompere anche con un certo di presenza asettica. La presenza in oratorio deve essere accogliente. L'accoglienza del giovane che prende un pallone e fa giocare quattrro bambinetti nel prato, l'accoglienza del genitore che saluta, fa conoscenza e si propone per favorire l'inserimento all'altro papà che, meridionale, da un solo mese abita a Casalmaggiore.
Effettivamente sembra di parlare di progetti fantascientifici. Ma questa è la normalità... più normale dell'oratorio. Realizzabile però, ci rendiamo conto, solo a prezzo di una rottura. E da chi è disposto a rompere.
D'altra parte è il Sepulveda della gabbianella e del gatto a dirci che solo chi osa può volare. E anche il Vangelo pare dica qualcosa del genere. A meno che dopo tanti anni vissuti all'oratorio lo si abbia già scordato!