"I quattro no della Toia"

Procreazione Assistita - sab 22 gen
“Come donne abbiamo conosciuto la sottomissione, non possiamo affermare il diritto sulla vita altrui” - Roma

di Patrizia Toia - Tratto da "Il Foglio" del 22 gennaio 2005



“Abbiamo lottato tutte per la nostra emancipazione, ma abbiamo lottato per la parità, non per affermare il diritto arrogante sulla vita altrui. Proprio perché noi donne abbiamo conosciuto la sottomissione e l’abbiamo contestata ferocemente, non vogliamo che nessuno si sottometta al nostro desiderio. Mettere in contrapposizione il diritto della donna e il diritto del figlio, un ricciolo di vita cercato e desiderato, ipotizzare un conflitto fra le due libertà, questo sì, per usare l’espressione di Adriano Sofri, è pazzesco”. Patrizia Toia, senatrice della Margherita, si prepara al referendum sulla fecondazione assistita (quattro no o forse un’astensione “ma sarà difficile sceglierla, dipende da quel che succederà in questi mesi”) e non crede affatto che la legge 40 sia “contro le donne”. “E’ uno slogan accattivante – dice al Foglio – ma nulla più, è una rappresentazione falsante della norma: sono una donna e ho votato questa legge, so che nove mesi di simbiosi con il bambino che cresce dentro, la cura, la nutrizione, la vita data, consacrano il primato femminile della procreazione, ma so anche che non c’è nessun possesso, nessun orgoglio padronale dato dalla contiguità fisica e dal desiderio. Non è questo il significato dell’esser genitori, non è questa la naturalità delle cose: la procreazione è congiunta. Non corrisponde nemmeno al grande valore della donna l’affermazione del possesso della madre rispetto al figlio: si dà la vita, non si produce una vita per sé, è un atto di donazione e non un acquisto”. Patrizia Toia è d’accordo con Franca Fossati, che ha scritto ieri sul Foglio: “Il corpo della donna non è un veicolo per l’embrione”. “Certo che non lo è, ma non è nemmeno il padrone del prodotto, quello che esercita la supremazia assoluta: non vorrei esaltare una donna che decide considerando la ‘cosa’ che cresce dentro di sé come un proprio possesso, come un prolungamento della propria superiorità. Non è questa la maternità: la maternità è un atto d’amore”. Dice che è strano, stranissimo, che si decida di donare la vita e poi all’improvviso di toglierla (salva naturalmente la necessità dell’ultimo consenso della donna a farsi impiantare, nella fecondazione medicalmente assistita, gli embrioni), considerato che “il ricciolo di vita è già, assolutamente, un processo vitale: due entità danno origine a qualcosa che è un essere umano, perché comincia e cresce, e se non viene interrotto nasce – questo nessun filosofo potrà mai contestarlo”.
(segue a pagina due)

(segue dalla prima pagina) “Signori, da questo momento siete in tre”
“La 40 è una legge sulla
fecondazione, si tratta di interventi atti
a favorire la procreazione, quindi come
possiamo nasconderci che in gioco c’è
qualcun altro, oltre alla libertà dei due
adulti desideranti? Si vuole dar vita a un
essere umano, si vuole un figlio, non si
tratta di acquistare una casa in campagna,
ma allora perché riflettere sui diritti del
concepito viene considerato un parlar
d’altro, qualcosa per cui mostrare insofferenza,
meno importante della ricerca
scientifica o della libertà sconfinata di fare
e disfare? Trattiamo con sufficienza
quel grandioso gruppo di cellule, e veniamo
tutti da lì”. E se è la libertà che crea la
scintilla di vita, dice Patrizia Toia, “questa
scintilla va tutelata, ha dei diritti: se il legislatore
rispettasse solo il criterio di libertà
dei due adulti, dovrebbe lasciare
aperte tutte le strade, tutte le modalità, indiscriminatamente,
con conseguenze spaventose”.
Senza entrare nelle motivazioni
religiose, perché “qui è semplicemente in
ballo l’umano, e quindi l’etica: è necessario
proteggere il desiderio di dare vita, che
nessuno può sottovalutare o ridicolizzare,
ma bisogna proteggere in egual modo la
materia umana. A tutela del nascituro ma
anche di noi stessi, per evitare degenerazioni
incontrollabili: proteggiamo le cose e
non proteggiamo la vita?”. Patrizia Toia è
contraria alla fecondazione eterologa, in
considerazione del diritto del figlio di “conoscere
con certezza i propri genitori naturali”:
“Il legislatore ha cercato un equilibrio,
e l’ha trovato, in una norma che non
fa gerarchie di libertà, ma semplicemente
dice: signori, da questo momento siete in
tre”. Ecco perché non si tratta di un “ritorno
al passato, ecco perché la famiglia
patriarcale non c’entra proprio nulla, né la
società oppressiva – dice la Toia – e nemmeno
c’entrano le battaglie contro l’aborto
e il divorzio, come dicono i radicali: è
una battaglia per la vita, per la responsabilità,
per il senso dell’umano, e certo si
deve cercare di essere pragmatici, ma allora
dove dobbiamo parlare di etica se
non qui, dove è in gioco la carne, il sangue,
il futuro dell’uomo?”. Ma la ricerca scientifica,
la cura delle malattie, il miglioramento
della vita? “Tutto sacrosanto, possiamo
e dobbiamo investire con successo
sulle staminali adulte, e del resto la pietà
per le malattie non ce l’insegnano i radicali
oggi: ma non usiamo per noi la vita altrui,
perché non ci appartiene”.