"1347 embrioni «prodotti», 39 bambini nati"

Un capitolo del libro di padre Giorgio Carbone "La fecondazione extracorporea: tecniche, valutazione e disciplina giuridica", che spiega con ampia documentazione scientifica i rischi per il feto e per la madre e l'efficacia della procreazione assistita.

di Padre Giorgio Carbone


Negli interventi di fecondazione extracorporea un importante rischio per l’embrione è costituito da anomalie cromosomiche gravi, incompatibili con la prosecuzione della vita. Non si tratta soltanto delle malformazioni dovute alle micromanipolazioni dei gameti, ma di alterazioni genetiche che si osservano fin dalla fase del prelievo degli oociti (cioè delle cellule uovo femminili). Infatti già il 40-50% degli oociti ottenuti con processi di iper-ovulazione si presenta alterato; circa il 37% degli zigoti e il 21% degli embrioni pre-impianto hanno delle gravi anomalie cromosomiche. Per ottenere risultati migliori si sta diffondendo la prassi della Diagnosi genetica pre-impianto (Pgd). Questa consiste nel prelevare dall’embrione, prima dell’impianto nell’utero materno, uno o due blastomeri (le prime cellule che si formano dopo la divisione iniziale) e nel sottoporre questi a biopsia per osservare se presentano alterazioni di cromosomi o geni. Nel caso in cui si constati qualche anomalia, l’embrione viene scartato. Si tratta perciò di una vera e propria selezione eugenetica.

Vale la pena riportare i dati di alcune ricerche su embrioni sottoposti a questo tipo di biopsia. Su un campione di 1347 embrioni prodotti e sottoposti a biopsia, il numero degli embrioni risultati anormali è di 761 (56,5%); il numero degli embrioni trasferiti in utero, 583 (43,3%); e il numero dei nati, 39 (2,9% rispetto al totale; 6,7% rispetto ai trasferiti ritenuti sani). È chiara l’intenzione: elevata produzione di soggetti umani allo stato embrionale (1347), con seri rischi anche per la donna, nella speranza di trovarne alcuni – apparentemente almeno – buoni o non gravemente alterati da selezionare e trasferire in utero per il proseguimento dello sviluppo; ed eliminazione di quanti fossero risultati anormali (761). Ammettendo anche che la diagnosi genetica pre-impianto abbia una possibilità di errore del 10% circa, non si può rimanere che esterrefatti di fronte all’altissima percentuale degli embrioni umani anormali prodotti in vitro – il 56% – e alla bassissima percentuale di coloro che arrivano alla tanto attesa nascita: il 2,9%.

Inoltre, bisogna ricordare i rischi materno-fetali, come le gravidanze extrauterine (la cui percentuale oscilla tra il 4,4 e il 5,8% delle gravidanze da fecondazione in vitro, o Fivet), oppure le gravidanze multiple (il 46% delle gravidanze ottenute sono parti gemellari e l’8% sono parti plurigemellari). Il fenomeno delle gravidanze multiple è dovuto al fatto che vengono trasferiti in utero più embrioni, e più di uno inizia l’annidamento. Di fronte alla gravidanza multipla l’équipe medica domanda se si vuole procedere alla «riduzione delle camere» o alla «riduzione embrionale». Di che cosa si tratta? Della soppressione volontaria degli embrioni indesiderati che si sono annidati. Spesso questa viene praticata introducendo con un ago del cloruro di sodio negli embrioni indesiderati: l’iniezione di questa soluzione salina ne provoca la morte.

Si registra poi un’alta percentuale di prematuri, pari al 29,3% dei parti da Fivet. Il 17% dei bambini nati in seguito a una gravidanza singola da Fivet e il 65,4% dei bambini nati in seguito a una gravidanza plurima da Fivet presentano un basso peso alla nascita e perciò hanno bisogno di cure intensive. L’aumento della frequenza di un basso peso alla nascita e dei parti pre-termine è stato constatato anche quando la gravidanza procurata artificialmente è singola e non gemellare.

Secondo uno studio dell’Università svedese di Uppsala, condotto su 5680 bambini nati in seguito alla Fivet e su 11.360 bambini nati naturalmente, i primi sono esposti a un aumentato rischio di paralisi cerebrale (3,7 volte superiore ai secondi) e a rischio di ritardo nello sviluppo mentale (4 volte superiore ai secondi). Il rischio di handicap neurologico, sensoriale e mentale è sempre più alto nei nati da Fivet, anche quando si escludono dall’analisi le gravidanze gemelari.

Un altro studio condotto in Svezia, su 9056 bambini nati con la Fivet e 1.417.166 bambini nati con gravidanza normale tra il 1984 e il 1997, ha constatato che i bambini nati con Fivet hanno una necessità di ricovero ospedaliero neonatale tre volte superiore ai bambini nati senza Fivet. Il rischio di paralisi cerebrale era maggiore di 1,7 volte rispetto ai nati senza Fivet, il rischio di epilessia superiore di 1,5 volte, quello di malformazioni congenite di 1,8 volte e quello di tumore di 1,6 volte. Infine, mentre i bambini nati senza Fivet trascorrevano in media 3,6 giorni in ospedale, quelli nati da Fivet ne trascorrevano in media 9,5.
Dati simili sono stati riscontrati da un indagine compiuta da un gruppo di ricercatori universitari finlandesi su due gruppi di bambini nati in Finlandia tra il 1990 e il 1995, 304 bambini nati da Fivet e 569 bambini nati senza Fivet.

Dal confronto tra i due gruppi di nati risulta che nel gruppo dei bambini nati con Fivet l’incidenza della nascita pretermine è 5,6 volte maggiore rispetto a quella del gruppo di bambini nati senza Fivet, il rischio di nascere con un peso molto basso è 6,2 volte maggiore e con basso peso 9,8 volte superiore, l’incidenza delle malattie neonatali è 2,4 volte maggiore e di ospedalizzazione 3,2 volte maggiore.

Inoltre, nei bambini nati da Fivet si constata una frequenza di malformazioni cardiache 4 volte superiore a quella della popolazione generata normalmente. Avvertivano che questa frequenza di malformazioni cardiache non era soltanto imputabile all’alto tasso di gravidanze plurime, ma anche ad altre cause e, per ridurre tutte queste conseguenze neonatali si auspicava che il numero di embrioni trasferiti venisse ridotto al minimo.
Più recentemente si è osservata un’associazione tra la Fivet e l’aumento del rischio di retinoblastoma, un cancro della retina. Nella popolazione normale questo cancro colpisce un bambino su 17.000, mentre nella popolazione nata da Fivet colpisce un bambino su 100.

Un’équipe del Dipartimento di pediatria dell’Università di St. Louis negli Stati Uniti ha notato che le tecniche di riproduzione assistita inducono un aumento della comparsa della sindrome di Beckwith-Wiedeman, una rara malattia che provoca malformazioni fisiche e forme tumorali. Il tasso di incidenza di questa sindrome nella popolazione normale è dello 0,8%, mentre sale al 4,6% nella popolazione dei nati dalle tecniche di fecondazione artificiale, e quindi aumenta di sei volte. Altri studi evidenziano come le tecniche di riproduzione artificiale siano associate a un’altra sindrome, cosiddetta di Angelman. La mortalità perinatale è pari a 44,2 su 1000 nascite e quindi è quattro volte superiore al tasso di mortalità perinatale al termine di gravidanze normali. La mortalità neonatale è del 12,6 su 1000 nascite, cioè il doppio di quella che si osserva al termine di gravidanze normali.

I dibattiti troppo accesi cui abbiamo assistito in questi mesi hanno taciuto sugli esiti fallimentari della Fivet. Eppure i dati statistici ricordati sopra sono noti da tempo, come anche le cause della bassa percentuale di successo della Fivet, che possono essere ricondotte a due: la ridotta vitalità dell’embrione e la scarsa recettività dell’utero. Questi due handicap sono causati dalle stesse tecniche utilizzate le quali interferiscono con i meccanismi altamente delicati che si succedono rapidamente nei primi giorni dello sviluppo.

di Padre Giorgio Caprone