GIORGIO VITTADINI, Presidente Fondazione Compagnia delle Opere per la Sussidiarietà ( IL GIORNALE - MARTEDI' 18.11.2003)
Prima di ogni commento c'è da stupirsi e da commuoversi. Sia chi è
morto sia i suoi familiari, così come i soldati che rimangono in Iraq,
ci insegnano che c'è un modo di vivere antico e profondo non ancora sparito
dalle nostre terre. E' ancora possibile dare la vita per un ideale, obbedire
in modo intelligente e generoso, essere moderni, tecnologicamente efficienti
e nello stesso tempo umani e tolleranti, amanti dell'esperienza altrui. Forse
c'eravamo dimenticati di questa grande risorsa che fa veramente unico il popolo
italiano in tutto il mondo.
"Italiani brave gente" perché la nostra tradizione ci ha resi
quasi naturalmente pronti a servire, a soffrire con altri, a condividere, a
sporcarsi le mani. Tutto quello che sta avvenendo, non riesce a far fuori la
natura di questa nostra nazione. Non è retorica: è vero che gli
abitanti semplici di Nassiriya hanno cominciato ad amare i nostri Carabinieri
e i nostri soldati. L'italiano quando è se stesso non sarà mai
un colonialista, non sarà mai un arrogante invasore, non sarà
mai dalla parte dei veri potenti del mondo o dei no global distruttori di positività
e civiltà. La sua memoria è piena di fame, di miseria, di guerre
portate da invasori, di ingiustizie subite, di carità ricevuta e donata,
di opere buone, di duro lavoro per sopravvivere e vivere, di gusto del bello,
del vero, del giusto, di creatività, di operosità, di spirito
di sacrificio, di indomabilità, di amicizia, di gusto del mangiare e
del bere, di voglia di vivere all'altezza dei propri desideri profondi, di apertura
al diverso, di peccato ammesso e confessato, di ripresa
Noi, quando siamo
noi stessi, quando siamo quei Carabinieri e soldati che non riusciremo più
a levarci dal cuore, porteremo in giro tutto questo: il germe dell'amore e della
pace.
In questo momento, in cui si registra il fallimento della politica delle cannoniere
e di Rumsfeld, nello stesso si scopre l'ipocrisia e la malafede presente in
chi continua, ancora, a non ammettere che c'è una guerra in atto: la
guerra del musulmanesimo fondamentalista contro l'Occidente, unico posto al
mondo dove si può ancora parlare di libertà personale. Siamo in
guerra ed è necessario combattere con la testimonianza di ciò
che è alla radice di questa italianità: quella fede così
discreta, simboleggiata dai rosari dati nella camera ardente dei militari morti
e soprattutto nelle parole così profonde e vere della vedova di uno di
loro: "Lo sa generale perché mi sento serena? Perché Giuseppe
è morto facendo quello che aveva sempre voluto fare, perché è
morto portando aiuto ai bambini di Nassiriya, alla gente di quel Paese lontano.
E poi non è vero che lui è andato via: oggi io lo sento ancora
con me. Ed è la fede, certamente, che mi sorregge: perché, anche
nella sofferenza più dura, Dio è grande".
GIORGIO VITTADINI
Presidente Fondazione Compagnia
delle Opere per la Sussidiarietà
(da IL GIORNALE - MARTEDI' 18.11.2003)