Cesare e Dio
omelia tenuta da don Alberto Franzini il 20 ottobre 2002,
domenica XXIX del tempo ordinario
Celebriamo oggi la Giornata Missionaria Mondiale, che
ben si inserisce nel messaggio delle letture bibliche della presente Domenica
(XXIXa).
E' lecito o no dare tributo a Cesare? La domanda dei farisei a Gesù rivela
tutta la loro perfidia, aggravata da espressioni adulatorie, che sono oggettivamente
azzeccate ("sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo
verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia
ad alcuno": Mt 22, 16). La domanda è perfida, anche perché
Gesù aveva preso tra i Dodici sia Matteo, che raccoglieva le imposte
proprio per l'imperatore di Roma, sia Simone lo Zelota, che era una specie di
guerrigliero armato che invece voleva l'insurrezione contro Roma. Dunque, Gesù
con chi stava? Ecco l'insidiosità della domanda: "ma tu sei un collaborazionista
o un sovversivo? Insomma con chi stai?". Diciamo subito che questa è
anche la domanda che viene fatta - e spesso con la stessa perfidia - alla Chiesa
di tutti i tempi e di tutti i luoghi. E' la domanda che viene posta anche a
noi cristiani di oggi. Con chi stiamo?
Gesù risponde. Con due precisazioni, con due novità che rappresentano
anche due cambi di prospettiva rispetto alle tradizionali idee sui rapporti
tra autorità politica e autorità religiosa.
1. Anzitutto Gesù cambia il verbo "pagare" ("è
lecito o no pagare il tributo a Cesare?": Mt 22,17) con il verbo "rendere",
"restituire": "restituite a Cesare ciò che è di
Cesare" (Mt 22, 21). E si tratta di un comando, non di un semplice invito:
Restituite! Questo non si riferisce solo ad una moneta, né solo ad un
imperatore specifico, ma è un comando complessivo: restituisci a Cesare
e a Dio, ossia ridà indietro a Cesare ciò che è di Cesare
e a Dio quel che è di Dio, perché tu non sei padrone di nulla.
Tutto è dono, che viene prima di te e va oltre la tua vita. Esistere
non è un diritto, ma è un grande dono. Dunque, entra nella logica
del dono, non in quella del possesso! Tu sei in debito: verso Dio e verso tutti
gli altri, ossia verso i tuoi genitori, la tua famiglia, gli amici, la storia,
la cultura e la società nella quale sei stato accolto e formato. Tutto
questo patrimonio non è roba tua. Lo stesso pane che mangi ogni giorno
porta il segno di una lunga catena di mani che ti hanno preceduto. E porta soprattutto
impressa la mano di Dio, il Creatore di tutti e di tutto.
La vita di ciascuno di noi è un debito di riconoscenza che va in qualche
modo restituito e comunque fatto passare ad altri, affinché anche gli
altri possano ricevere quel che ho ricevuto io: la vita, la salute, l'istruzione,
il benessere, la fede, le idee
Tutto mi viene da altri e tutto deve ritornare
agli altri. Quando Gesù chiama in causa Cesare, chiama certo in causa
il simbolo dell'autorità umana, ma Cesare non è solo l'impero,
non è solo lo stato o il potere: è anche la società, con
tutto il suo spessore e la sua vivacità. Ciascuno di noi è parte
di questa società, e quindi mi tocca di dare qualcosa di me a questa
società, perché viviamo tutti in questa casa comune. Allora dobbiamo
pur farci la domanda: ma io che cosa faccio per migliorare, per far vivere e
per rammendare questa nostra società? E se Cesare sbaglia, sarà
mio e nostro compito correggerlo; se ruba, il nostro tributo sarà quello
della coscienza che gli ricordi i suoi doveri.
2. C'è una seconda novità nella risposta di Gesù: è
il richiamo forte a Dio. Questa è la vera questione che sta a cuore a
Gesù. Si tratta della scelta decisiva: "date pure a Cesare quel
che è di Cesare, purché diate a Dio quel che è di Dio".
Questa è la vera rivoluzione cristiana, che stabilisce lo statuto del
discepolo di Gesù nei suoi rapporti con il mondo e con le potenze di
questo mondo. A Cesare spetta la moneta, con tutti gli annessi e i connessi:
A Dio spetta la persona, il cuore, l'intelligenza, la libertà, la volontà.
Cesare ha il diritto e il dovere di governare le faccende di questo mondo, ma
non ha potere nel governo delle coscienze, perché il cuore e la vita
dell'uomo appartengono a Dio. Qui sta anche il senso e il limite della politica,
che è chiamata a rendere più umana la vita degli uomini sulla
terra, ma non può pretendere di governare tutta la vita dell'uomo.
Se a Cesare dobbiamo restituire la moneta, che cosa restituire a Dio? Niente
meno di me stesso, perché io sono costruito a sua immagine. Le monete
portano impressa l'effigie di Cesare, l'uomo porta impressa l'effigie di Dio.
"Restituite a Dio ciò che è di Dio!": ossia restituite
voi stessi a Dio, perché Dio è l'unico Signore della nostra vita.
Questa espressione di Gesù è una parola forte per ogni Cesare
di questo mondo: non mettere le mani sull'uomo. Non rubare l'uomo, non impossessarti
dell'uomo, perché l'uomo non è tuo, è di un Altro, è
di Dio. Ed è una parola forte anche per ciascuno di noi: non sentirti
e non essere servo di nessuno, non venderti a nessuno, non inginocchiarti davanti
a nessuno, non abbracciare appartenenze che ti sviliscono e ti degradano. Sii
una persona libera! Ribellati ad ogni tentativo umano di possesso. Abbi il coraggio
di ripetere a Cesare: io non ti appartengo, perché lo stupore della vita,
la meraviglia della intelligenza, la passione del cuore non me li hai accesi
tu, ma sono doni di Dio, e a Dio solamente li riconsegno. Noi non siamo servi
di nessuno, se non di Dio: a Lui solo va la nostra adorazione e l'offerta della
nostra vita. Noi non siamo possesso di nessuno: né di Ciampi, né
di Berlusconi, né di D'Alema - con tutto il rispetto verso le persone
rivestite di autorità - non siamo proprietà né dello Stato,
né della Regione, né dell'Amministrazione Comunale. L'uomo può
cadere in ginocchio solo di fronte a Dio: diversamente, diventa un idolatra.
Tutto questo che cosa ha a che fare con la Giornata Missionaria? Ha a che fare:
eccome! Perché vivere la missione cristiana significa recuperare la coscienza
della nostra appartenenza a Dio e vivere e annunciare a tutti la libertà
cristiana: che è di essere cittadini leali e generosi della città
terrena, rispettosi di Cesare, purché adoratori di Dio, al quale anche
Cesare deve obbedienza e adorazione. Perché se Cesare prende il posto
di Dio, non è solo la coscienza personale che viene turbata, è
l'intero ordinamento sociale e comunitario che viene sconvolto. Qualche esemplificazione.
Lo stato prende il posto di Dio, quando si arroga il diritto di uccidere (vedi
legge dell'aborto, vedi pena di morte, vedi eutanasia
). Lo stato prende
il posto di Dio, quando pretende il monopolio educativo, svuotando i compiti
della famiglia e di quelle agenzie educative alle quali la famiglia decide di
affidare i propri figli. Lo stato prende il posto di Dio, quando si autoconcepisce
come la fonte del bene e del male o la fonte della verità: è l'etica,
è la verità la fonte dello stato, non viceversa.
Chiudo con qualche domanda provocatoria, che rivolgo a me stesso prima che a
voi: a Casalmaggiore viviamo questa libertà cristiana? Ne siamo degni?
A Casalmaggiore contano di più le parole di Cesare o le parole di Dio?
Noi, cristiani di Casalmaggiore, da che parte stiamo? Stiamo - per opportunismo,
per interesse, per paura, per servilismo, per ignavia, per vigliaccheria - sempre
e solo dalla parte dei potenti di questo mondo e di questa società, o
stiamo dalla parte di Dio, costi quel che costi? Le nostre famiglie, i nostri
ragazzi, l'educazione dei giovani, le nostre coscienze, le nostre stesse vite:
a chi le affidiamo? A Cesare o a Dio?
Dio non è certo così meschino da rubare la moneta a Cesare. Ma
è successo tante volte nella storia che Cesare si sia accaparrato il
posto di Dio. E allora sono guai per tutti: come ci insegnano i totalitarismi
violenti del secolo appena trascorso. Come ci insegnano i totalitarismi culturali
anche del presente.