Celebrare la Pasqua è celebrare la risurrezione di Gesù Cristo come il germe e il fondamento della nostra risurrezione, della risurrezione di tutti e di tutto. Vorrei, in questa riflessione pasquale, fermarmi sul senso del corpo nell'esperienza cristiana.
E' ancora molto diffusa, nel nostro ambiente culturale, l'idea che il cristianesimo sia la "religione dello spirito": ossia che la nostra religione si caratterizzi per una sorta di "spiritualizzazione" della vita che passi necessariamente attraverso il deprezzamento della materia e quindi della nostra stessa corporeità. Il Cristianesimo, invece, è la religione dell'incarnazione, del Verbo fatto carne, dell'eucaristia e della risurrezione della carne. Dio si è fatto carne, affinché tutto l'uomo, che vive nel cosmo, fosse redento e chiamato alla trasfigurazione e alla risurrezione.
Il corpo, nella prospettiva biblica, non è solamente un oggetto di questo mondo che passa, ma è la manifestazione e la rivelazione della persona che non passa. Il corpo non è semplice strumento dell'anima, ma è la persona stessa nella sua capacità di relazione con gli altri, con il mondo e perfino con Dio. Va ricordato che la distinzione biblica tra carne e spirito non ha molto a che vedere con il dualismo greco di anima e corpo. Per il mondo greco, anima a corpo si oppongono come materia e spirito, come visibile e invisibile. Per il mondo biblico, la carne é l'uomo totale, inseparabilmente visibile e invisibile: è l'uomo tutto intero, ma nella sua precarietà, nella sua debolezza e nella sua finitezza. Lo spirito è il soffio di vita, è la stessa grazia di Dio che dona all'uomo la capacità di aprirsi al mondo liberante di Dio. Nella prospettiva biblica lo spirito dell'uomo non è la dimensione intellettuale-invisibile opposta a quella carnale-visibile: lo spirito è l'uomo stesso nella sua totalità, compresa la sua corporeità, ma in quanto può aprirsi allo Spirito di Dio. Se l'uomo può aprirsi allo Spirito di Dio, allora la "carne", ossia l'uomo intero nella sua finitezza, può diventare "spirituale": non nel senso greco di "invisibile", ma nel senso biblico di "partecipe del mondo divino", con tutta la realtà del suo essere corporeo. Al contrario, se l'uomo si sottrae, si rifiuta allo Spirito di Dio e si rinchiude in se stesso e nella sua autosufficienza, allora la carne indica questa finitezza chiusa, sbarrata dalla morte, e l'uomo tutto intero diventa "carnale", compresa la sua intelligenza, compresa la sua anima. Insomma, tutto l'uomo, nella sua totalità greca di anima e di corpo, può rimanere, secondo il linguaggio biblico, "carnale", se si rinchiude nella sua finitudine; e può diventare "spirituale", se si apre alla grazia, al progetto di Dio.
Ma tutto questo non viene forse contraddetto da affermazioni come quella di San Paolo quando dice: "La carne ha desideri contrari allo spirito, e lo spirito ha desideri contrari alla carne" (Galati 5,17)? Assolutamente no. La contrapposizione non sta fra la materia e lo spirito, fra il corpo e l'anima, bensì tra due logiche opposte di esistenza: quella in cui la persona ha la pretesa di fare affidamento solo sulle proprie risorse (è la logica della "carne") e quella in cui si rende accogliente nei confronti dell'energia divina (è la logica dello "spirito", nel linguaggio di Paolo).
Questa considerazione porta a riscoprire e a ripensare le nozioni di "carne" e di "spirito", superando le rappresentazioni stereotipate, largamente diffuse nella nostra cultura, dell'una e dell'altro: della concezione materialistica della carne, simmetrica a una concezione intellettualistica dello spirito. Si tratta di due visioni parziali, che si richiamano e si corrispondono reciprocamente, e che sono dominanti nell'attuale nostra cultura. Il corpo, infatti, oggi o è sovraesaltato nella sua materialità: da qui l'ossessione salutista oggi propagandata in tutti i modi e che riduce il corpo a oggetto di culto, e quindi a "cosa". O è sostanzialmente deprezzato e comunque emarginato a favore dello spirito: da qui le tendenze neospiritualiste, oggi presenti sul mercato nelle forme orientaleggianti che seducono le minoranze, stanche di un rozzo e depauperante materialismo.
In realtà, la carne è più del biologico, e lo spirito è più del mentale. Il Cristianesimo è la riaffermazione della loro unità profonda, nella riscoperta della visione biblica e nella linea di intuizione di Péguy, secondo cui "il soprannaturale è anch'esso carnale". Nella visione cristiana, il corpo non è un oggetto: esso non va né sovraesaltato, come in tutte le forme materialiste, né depauperato, come in tutte le forme spiritualiste. Il corpo è un soggetto, è la persona stessa, chiamata a consegnarsi, con la totalità della sua vita, a Dio e quindi resa capace di una profonda e autentica relazione con gli altri, con se stessa e con il creato. San Paolo osa questa affermazione: "Il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo" (1 Cor, 6,13). Il corpo è la persona stessa nella sua valenza relazionale, nella sua capacità intercettiva e comunicativa.
Non è un caso che nella tradizione cristiana il corpo abbia sempre occupato un posto assai rilevante. La cura dei malati, per esempio, è sempre stata considerata di un'importanza somma nelle comunità cristiane lungo i secoli. E l'arte cristiana, soprattutto nelle sue manifestazioni più autentiche come l'icona o l'arte romanica, ha magnificamente saputo celebrare la gloria e lo splendore dei corpi, dei volti e perfino delle vesti. Quanto alla liturgia cristiana, essa ha sempre coinvolto fortemente il corpo. La stessa sessualità, seppur è stata trascinata in una sorta di censura negativa, oggi è tornata ad essere riletta e ripresentata secondo le genuine fonti cristiane, per cui Giovanni Paolo II ha potuto osare l'espressione che l'amore sessuale, all'interno della donazione coniugale, è un vero e proprio atto liturgico.
Riscoprire, rivivere e ripresentare la dignità, la vocazione e lo splendore del corpo umano, chiamato alla gloria della risurrezione, è compito ineludibile della comunità cristiana. Si tratta di dimensioni e di verità di una portata, culturale ed esistenziale, che non cessano di meravigliare, soprattutto se raffrontate con altre impostazioni culturali oggi presenti sullo scenario occidentale, rivelanti una povertà desolante e una prospettiva deprimente.
Con questi pensieri auguro a tutti una buona Pasqua!