Da "Ritrovarci": E' Giubileo: non dimentichiamo il Festeggiato (Dic. 1999)
di don Alberto Franzini

Il Papa aprirà la Porta Santa nella notte del prossimo Natale. L'anno giubilare si concluderà nella festa dell'Epifania del 2001.

Il richiamo a non dimenticare, nella serie delle celebrazioni e delle iniziative, il motivo fondamentale del Grande Giubileo del 2000, ossia il Festeggiato - per i più distratti: é Gesù di Nazareth, nato a Betlemme proprio venti secoli fa - ci viene dal card. Biffi. Con la sua abituale e sapida arguzia, l'arcivescovo di Bologna ha ricordato che il Salvatore non ha esitato a paragonarsi ad un malfattore, quando ha descritto la sua venuta finale come la sorpresa di un ladro. L'immagine del ladro, che viene nel cuore della notte a scassinare la casa per rubare, è utilizzata da Gesù proprio nel contesto del discorso escatologico, ossia del discorso che riguarda il senso ultimo e pieno del tempo. Perché il prossimo Giubileo, nelle intenzioni di Giovanni Paolo II, nel mentre fa memoria della nascita di Gesù avvenuta due mila anni fa, ripresenta tutta l'attualità e, lo diciamo senza angoscie, tutta la drammaticità della venuta di Gesù in mezzo a noi. Perché il tempo della nostra vita è profondamente mutato con la visita di Dio a noi nel Figlio Gesù. Il senso stesso dell'intera storia del mondo è radicalmente cambiato.

Davanti a noi, non sta il mito orgiastico del progresso indefinito. Non sta l'ingenuo "sol dell'avvenire", che ha fatto scendere la notte della barbarie su milioni di esseri umani. Non sta neppure la visione tragica del nichilismo che deriva dalla coscienza della angosciosa condizione mortale di ogni persona. Non è sostenibile, perchè antiumano, nemmeno l'oblio, la dimenticanza, l'incoscienza di un progetto di vita, incoscienza che sembra affascinare - o condizionare pesantemente - il cammino di non pochi giovani del nostro Occidente sazio e disperato. Davanti a noi - e proprio grazie alla nascita di quel Bimbo nato da una giovane donna di Nazareth, Maria, la sposa di Giuseppe - sta il Signore nella gloria della vita risorta, "che verrà a giudicare i vivi e i morti", come recita il nostro Credo, ossia verrà a compiere l'avventura della nostra umanità, per farla approdare alla condizione dell'eternità.

Ma allora fare Giubileo significa ritornare a Gesù Cristo. Significa riconsiderare il fascino e la freschezza della sua figura. Significa accogliere il suo Vangelo, che è la proclamazione della salvezza di Dio per tutti. Significa riscoprire, nella babele annoiata dei messaggi massmediatici e pubblicitari di oggi, il suo messaggio di vita e di speranza, l'unico ancora capace di riscaldare il nostro cuore inaridito e di risvegliare la nostra ragione intorpidita dalla stupidità delle tante insipienze oggi circolanti sul mercato del pensiero e delle idee. Significa rivisitare la storia che da Lui ha preso inizio. Una storia di discepoli che hanno investito le loro energie migliori per seguire i passi di quell'Uomo, affascinante e seducente, esigente e amorevole, Figlio di Maria e Figlio di Dio. Una storia di peccatori che hanno trovato in Lui la radice viva e consolante della misericordia e del perdono di Dio, e quindi la forza per non disperare e per uscire da una vita insudiciata e inconcludente. Una storia di santi che hanno segnato la cultura, l'etica, l'arte, il linguaggio, la letteratura, le istituzioni sociali e civili della storia europea e mondiale. Una storia di testimoni e di martiri che a Lui e a causa di Lui non hanno esitato a fare consegna della propria stessa vita e della propria stessa morte. Il secolo che sta finendo ha visto tanti martiri, vittime delle ideologie imperanti: martiri del comunismo, martiri del nazismo, martiri del capitalismo, martiri dei nazionalismi, delle guerre etniche, delle mafie. Dove hanno trovato il coraggio di sacrificare la propria vita, se non nella Croce su cui è stato immolato il Martire supremo, Gesù Cristo, vittima del potere idolatrico, vittima delle potenze di questo mondo, ma soprattutto "vittima" dell'obbedienza alla verità e della follia dell'amore?

Fare Giubileo significa saper contare i nostri giorni con sapienza, saper vivere altrimenti il tempo della nostra vita. Ossia: viverlo nella conversione dei nostri pensieri e delle nostre scelte di vita. Senza cedimenti alle ideologie dominanti, che si presentano come idoli seducenti, ma che in realtà ci schiavizzano, togliendoci la gioia dell'operosità feconda e la libertà di un percorso originale, quello che il nostro Signore, nel suo amoroso atto creatore e salvifico, ha affidato a ciascuno di noi.

Fare Giubileo è smascherare e contrastare le ideologie del nostro tempo: l'ideologia collettivista, anche nelle varianti più soffici dello statalismo, che vorrebbe creare una società di uguali, perchè ha paura delle diversità e delle originalità; l'ideologia libertario-liberista, che radicalizza i bisogni dell'individuo, idolatrando ogni sorta di libido sul piano esistenziale e ogni forma di profitto sul piano economico; l'ideologia nazionalista, nelle sue perverse varianti razziste e xenofobe, che stanno tragicamente risorgendo nel cuore dell'Europa. La miscela che ne esce è sotto gli occhi di tutti: viviamo in una società che ha paura del futuro, che genera appiattimenti e omologazioni, che produce povertà economiche, violenze di ogni tipo, devastazioni morali e sterilità intellettuali sempre più marcate; una società che è incapace ormai perfino di generare figli, visti sempre più come un problema e un peso, e non come un dono e una risorsa per l'oggi e per il domani.

Fare Giubileo è respingere il nostro "io" autarchico, è spogliarci dell'uomo vecchio, pavido, impaurito, sfiancato, che è in noi, per rivestire l'uomo nuovo, quello che ci ha conquistato Gesù morendo sulla croce e risorgendo da morte. Senza di Lui, "nihil est in homine, nihil est innoxium": senza di Lui, non c'è nulla nell'uomo, non c'è nulla di innocente, di significativo, per il quale valga la pena vivere e morire. In quest'ottica bisogna guardare ai santi, a coloro che anche in questo secolo hanno saputo rinunciare ai propri piccoli interessi, per fare gli interessi del regno di Dio, costi quel che costi, anche a prezzo della vita.

Fare Giubileo é - come disse il Papa all'inizio del suo ministero come successore di Pietro - aprire le porte a Cristo.

A noi, cristiani di oggi, Dio ha assegnato un posto che non possiamo disertare, se non vogliamo che sia occupato, ancora una volta, dalle potenze idolatriche, che soffocano la libertà dell'uomo, perché oscurano la Verità.

L'augurio che a tutti rivolgiamo è che il mistero del Natale - del Verbo di Dio fatto carne umana - torni a ridarci ragioni di vita e di speranza, e ci confermi nella gioia dell'appartenenza al Corpo storico del Signore, che è la Chiesa. Solo così riprenderemo, finalmente, a camminare da fratelli. E anche a sorridere un po' di più.