NICOLAS SARKOZY
La laicità positiva
di Sarkozy.
Una rinnovata visione
dei rapporti
fra lo Stato e la religione
Parrocchia di Santo Stefano
Casalmaggiore 2008
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Pubblichiamo il discorso pronunciato dal presidente
francese Sarkozy lo scorso 20 dicembre nella basilica romana di San Giovanni
in Laterano, dove ha ricevuto dal cardinale Ruini il titolo di canonico onorario.
E un discorso dai toni nuovi nellEuropa di oggi, percorsa dal
vento del laicismo e dellindifferentismo religioso, che hanno finito
per reintrodurre, sotto il pretesto di una laicità laicisticamente
intesa, il pensiero anticlericale e la supremazia statalista su ogni altra
istanza. E curioso che questo discorso venga proprio dal massimo rappresentante
di quella Francia che si autoconsidera la patria della laicitè. E,
senza venir meno al principio della separazione tra Stato e Chiesa, Sarkozy
ha anche ammesso che la Repubblica laica ha sottostimato limportanza
dellaspirazione spirituale. Concetti già espressi in un
suo libro del 2004, La République, les religions et lespérance,
in cui definiva determinante linflusso del cristianesimo
nellidentità nazionale francese. Le religioni costituiscono
una posta in gioco maggiore per la nostra società perché sono
il supporto di una speranza. Non ho una concezione settaria della laicità.
Nemmeno la visione di una laicità indifferente. Il posto della religione
nella Francia di questo inizio di terzo millennio scriveva Sarkozy
è centrale.
Il presidente francese, durante la cerimonia di insediamento come canonico
a San Giovanni in Laterano una tradizione che risale allepoca
della monarchia francese si è detto fautore di una laicità
positiva: una espressione che chiaramente intende ammettere la possibilità
e lattuazione di una laicità negativa che ha fatto
il suo tempo e che è anche socialmente sterile.
Questo il giudizio sul discorso di Sarkozy della prestigiosa rivista dei gesuiti
italiani La Civiltà Cattolica, nel quaderno 3782 del 19 gennaio scorso:
E merito del Presidente della Repubblica francese aver contribuito
a ridurre il carattere antireligioso e anticristiano della laicità
alla francese, che trovò la maggiore espressione nelle leggi antireligiose
e anticristiane degli anni 1904-05, e aver parlato di laicità positiva,
che vede nela religione non un pericolo e una minaccia, ma un valore e una
ricchezza. Soprattutto è suo il merito di aver riconosciuto che le
radici spirituali e culturali della Francia sono cristiane e hanno fatto della
Francia un Paese grande non solo per la sua cultura e la sua arte, ma anche
per il folto numero di santi di portata universale che lo stesso Presidente
ha ricordato [
]. Sarebbe opportuno che anche nel nostro Paese si riflettesse
sulla laicità che il Presidente della Frania chiama positiva e che
Benedetto XVI ha chiamato sana.
Al discorso di Sarkozy ampiamente riprodotto e commentato dalla stampa
non solo italiana premettiamo una riflessione di Davide Rondoni, apparsa
su Avvenire, che è totalmente condivisibile.
Don Alberto Franzini
Casalmaggiore, 11 febbraio 2008
Memoria liturgica di Nostra Signora di Lourdes
IL DISCORSO DI SARKOZY
Signori cardinali, signore e signori, cari amici,
consentitemi di rivolgere le prime parole al cardinale Ruini, per ringraziarlo
molto calorosamente della cerimonia che ha appena presieduto. Mi hanno toccato
le preghiere che ha voluto offrire per la Francia e la felicità del
suo popolo. Voglio ringraziarlo anche per laccoglienza che mi ha riservato
in questa cattedrale di Roma, in mezzo al suo capitolo.
Le sarei parimenti riconoscente, Eminenza, di voler trasmettere a Sua Santità
Benedetto XVI i miei sinceri ringraziamenti per lapertura del suo palazzo
pontificio che ci permette di ritrovarci questa sera. Ludienza che il
Santo Padre mi ha concesso stamani è stata per me un momento emozionante
e di grande interesse. Rinnovo al Santo Padre il mio attaccamento al progetto
di un suo viaggio in Francia nel secondo semestre del 2008. In quanto presidente
di tutti i francesi, mi faccio portatore delle speranze che tale prospettiva
suscita nei miei concittadini cattolici e in numerose diocesi. Qualunque siano
le tappe del suo viaggio, Benedetto XVI sarà il benvenuto in Francia.
Nel recarmi stasera in San Giovanni in Laterano, accettando il titolo di canonico
onorario di questa basilica, che fu conferito per la prima volta a Enrico
IV e che da allora è stato trasmesso a quasi tutti i capi di Stato
francesi, assumo pienamente su di me il passato della Francia e il legame
particolare che ha unito così a lungo la nostra nazione alla Chiesa.
Con il battesimo di Clodoveo la Francia è diventata Figlia maggiore
della chiesa. E un fatto. Facendo di Clodoveo il primo sovrano cristiano,
quellevento ha avuto conseguenze importanti sul destino della Francia
e sulla cristianizzazione dellEuropa. In seguito, a più riprese,
nel corso della storia, i sovrani francesi hanno avuto loccasione di
manifestare quanto fosse profondo lattaccamento che li legava alla Chiesa
e ai successori di Pietro. (...)
Al di là dei fatti storici, è soprattutto perché la fede
cristiana è penetrata in profondità nella società francese,
nella sua cultura, nei suoi paesaggi, nei suo modo di vivere, nella sua architettura,
nella sua letteratura, che la Francia ha con la sede apostolica una relazione
così particolare. Le radici della Francia sono essenzialmente cristiane.
E la Francia ha dato allirradiamento del cristianesimo un contributo
eccezionale. Contributo spirituale e morale tramite unabbondanza di
santi e di sante di portata universale: san Bernardo di Chiaravalle, san Luigi,
san Vincenzo de Paoli, santa Bernadette di Lourdes, santa Teresa di
Lisieux, san Jean-Marie Vianney, Frédéric Ozanam, Charles de
Foucauld... Contributo letterario e artistico: da Couperin a Péguy,
da Claudel a Bernanos, Vierne, Poulenc, Duruflé, Mauriac o ancora Messiaen.
Contributo intellettuale, tanto caro a Benedetto XVI, che si tratti di Blaise
Pascal, Jacques Bénigne Bossuet, Jacques Maritain, Emmanuel Mounier,
Henri de Lubac, Yves Congar, René Girard... Mi sia consentito citare
anche lapporto determinante della Francia allarcheologia biblica
ed ecclesiale, qui a Roma, ma anche in Terra Santa, così come allesegesi
biblica, in particolare con la Scuola biblica e archeologica francese di Gerusalemme.
Voglio inoltre rievocare tra voi questa sera la figura del cardinale Jean-Marie
Lustiger che ci ha lasciati la scorsa estate. Il suo irraggiamento e la sua
influenza hanno anchessi di gran lunga oltrepassato le frontiere della
Francia. Ho tenuto a partecipare alle sue esequie, perché nessun francese
è rimasto indifferente alla testimonianza della sua vita, alla forza
dei suoi scritti, al mistero della sua conversione. Per tutti i cattolici
la sua scomparsa ha rappresentato un grande dolore. (...) Quanto profondamente
il cristianesimo sia iscritto nella nostra storia e nella nostra cultura è
visibile qui a Roma nella presenza mai interrotta di francesi allinterno
della Curia, con le più alte responsabilità. Voglio salutare
stasera il cardinale Etchegaray, il cardinale Poupard, il cardinale Tauran,
monsignor Mamberti, il cui operato onora la Francia.
Le radici cristiane della Francia sono visibili anche in simboli quali i Pii
Istituti, la messa annuale di Santa Lucia e quella della cappella di Santa
Petronilla. E poi cè ovviamente la tradizione che fa del presidente
della Repubblica francese il canonico onorario di San Giovanni in Laterano.
San Giovanni in Laterano, niente di meno. E la cattedrale del Papa, è
la "testa e la madre di tutte le chiese di Roma e del mondo", è
una chiesa cara al cuore dei romani. Che la Francia sia legata alla Chiesa
cattolica da questo titolo simbolico è la traccia di una storia comune
in cui il cristianesimo ha contato molto per la Francia e la Francia ha contato
molto per il cristianesimo. E dunque con la massima naturalezza, come il Generale
de Gaulle, come Valéry Giscard dEstaing, e più recentemente
come il presidente Chirac, che sono venuto a iscrivermi in questa tradizione.
Come il battesimo di Clodoveo, anche la laicità è un fatto nel
nostro Paese. Conosco le sofferenze che la sua applicazione ha provocato in
Francia nei cattolici, nei sacerdoti, nelle congregazioni, prima e dopo il
1905. So che linterpretazione della legge del 1905 come un testo di
libertà, di tolleranza, di neutralità è in parte una
ricostruzione retrospettiva del passato. E soprattutto attraverso il loro
sacrificio nelle trincee della Grande guerra, attraverso la condivisione delle
sofferenze dei loro concittadini, che i sacerdoti e i religiosi di Francia
hanno disarmato lanticlericalismo; ed è la loro comune intelligenza
che ha consentito alla Francia e alla Santa Sede di superare i loro dissidi
e ristabilire le relazioni. Tuttavia nessuno più contesta che il regime
francese della laicità sia oggi una libertà: libertà
di credere o non credere, libertà di praticare una religione e libertà
di cambiarla, libertà di non venire offesi nella propria sensibilità
da pratiche ostentatrici, libertà per i genitori di far impartire ai
figli uneducazione conforme alle loro convinzioni, libertà di
non essere discriminati dallamministrazione in funzione del proprio
credo.
Il nostro Paese è cambiato molto. I cittadini francesi hanno convinzioni
più varie di un tempo. Perciò la laicità si afferma come
necessità e opportunità. E diventata una condizione della pace
civile. Ed è per questo che il popolo francese è stato tanto
pronto a difendere la libertà scolastica quanto a voler vietare i segni
di ostentazione nella scuola. Stando così le cose, la laicità
non potrebbe essere negazione del passato. Non ha il potere di tagliare alla
Francia le sue radici cristiane. Ha cercato di farlo. Non avrebbe dovuto.
Come Benedetto XVI, ritengo che una nazione che ignori leredità
etica, spirituale, religiosa della propria storia commetta un crimine contro
la propria cultura, contro quel miscuglio di storia, di patrimonio, darte
e di tradizioni popolari che impregna profondamente il nostro modo di vivere
e di pensare. Strappare le radici vuol dire perdere il significato, vuoi dire
indebolire il cemento dellidentità nazionale e inaridire ulteriormente
i rapporti sociali che tanto hanno bisogno di simboli di memoria. Per questo
dobbiamo tenere insieme i due capi della corda: accettare le radici cristiane
della Francia, e anche valorizzarle, continuando a difendere la laicità
giunta a maturità. Ecco il senso del passo che ho voluto
compiere stasera in San Giovanni in Laterano.
E giunto il momento che, in uno stesso spirito, le religioni, in particolare
la religione cattolica che è la nostra religione maggioritaria, e tutte
le forze vive della nazione guardino insieme alla posta in gioco del futuro
e non più solo alle ferite del passato. Condivido l opinione
di Benedetto XVI quando ritiene, nella sua ultima enciclica, che la speranza
sia una delle questioni più importanti del nostro tempo. Dal secolo
dei Lumi, l Europa ha sperimentato molte ideologie. Di volta in volta
ha riposto le speranze nell emancipazione degli individui, nella democrazia,
nel progresso tecnico, nel miglioramento delle condizioni economiche e sociali,
nella morale laica. Ha deragliato nel comunismo e nel nazismo. Nessuna di
quelle diverse prospettive - che chiaramente non metto sullo stesso piano
- è stata in grado di rispondere al bisogno profondo degli uomini e
delle donne di trovare un senso allesistenza. Certo, fondare una famiglia,
contribuire alla ricerca scientifica o alle scienze umane e sociali, insegnare,
lottare per le proprie idee, in particolare quelle della dignità umana,
guidare un Paese, possono dare senso a una vita. Sono queste piccole e grandi
speranze "che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino" per
riprendere le parole dell enciclica del Santo Padre. Non rispondono
però alle domande fondamentali dellessere umano sul senso della
vita, sul mistero della morte. Non sanno spiegare cosa accada prima della
vita e dopo la morte. Tali domande appartengono a tutte le civiltà
e a tutte le epoche. Non hanno perso nulla della loro pertinenza. Al contrario.
Gli agi materiali sempre maggiori nei Paesi sviluppati, la frenesia del consumo,
laccumulo di beni sottolineano ogni giorno di più la profonda
aspirazione degli uomini e delle donne a una dimensione che li superi, perché
la soddisfano meno che mai. "Quando le speranze si realizzano, prosegue
Benedetto XVI, appare con chiarezza che ciò non era, in realtà,
il tutto. Si rende evidente che l uomo ha bisogno di una speranza che
vada oltre. Si rende evidente che può bastargli solo qualcosa di infinito,
qualcosa che sarà sempre più di ciò che egli possa mai
raggiungere [...] Se non possiamo sperare più di quanto è effettivamente
raggiungibile, né più di quanto si possa sperare dalle autorità
politiche ed economiche, la nostra vita si riduce a essere privata di speranza".
O ancora, come scrisse Eraclito: "Se non si spera l insperabile,
non lo si riconoscerà mai". La mia profonda convinzione, che ho
espresso in particolare nel libro di interviste che ho pubblicato sulla Repubblica,
le religioni e la speranza, è che la frontiera tra fede e non-credenza
non passi tra quanti credono e quanti non credono, ma attraversi ciascuno
di noi. Anche chi sostiene di non credere non può dire di non interrogarsi
sullessenzialità. Il fatto spirituale è la tendenza naturale
di tutti gli uomini a cercare una trascendenza. Il fatto religioso è
la risposta delle religioni a tale aspirazione fondamentale. Per tanto tempo
la Repubblica laica ha sottostimato l importanza dell aspirazione
spirituale. Perfino dopo il restauro delle relazioni diplomatiche tra la Francia
e la Santa Sede, essa si è mostrata più diffidente che benevola
di fronte ai culti. Ogni volta che ha fatto un passo verso le religioni, che
si tratti del riconoscimento delle associazioni diocesane o della questione
scolastica o delle congregazioni, ha dato limpressione che agiva perché
non poteva fare altrimenti. E solo nel 2002 che ha accettato il principio
di un dialogo istituzionale regolare con la Chiesa cattolica. Mi sia permesso
ugualmente di ricordare le virulenti critiche di cui sono stato oggetto al
momento della creazione del Consiglio francese per il culto musulmano. Ancora
oggi, la Repubblica mantiene le congregazioni sotto una forma di tutela, rifiuta
di riconoscere un carattere di culto allazione caritativa o ai mezzi
di
comunicazione delle Chiese, le ripugna riconoscere il valore dei diplomi rilasciati
dalle istituzioni di istruzione superiore cattolica mentre la Convenzione
di Bologna lo prevede, non accorda nessun valore ai diplomi di teologia, considera
che non deve interessarsi alla formazione dei ministri del culto. Penso che
questa situazione sia dannosa per il nostro Paese. Certamente, coloro che
non credono devono essere protetti da ogni forma di intolleranza e di proselitismo.
Ma un uomo che crede è un uomo che spera. E linteresse della
Repubblica è che ci siano molti uomini e donne che nutrono speranza.
La disaffezione progressiva delle parrocchie rurali, il deserto spirituale
delle periferie, la scomparsa dei patronati e la penuria dei sacerdoti non
hanno reso i francesi più felici. Questa è unevidenza.
Vorrei anche dire che, se esiste incontestabilmente una morale umana indipendente
dalla morale religiosa, la Repubblica ha interesse a che esista anche una
riflessione morale ispirata alle convinzioni religiose. Anzitutto perché
la morale laica rischia sempre di esaurirsi o di trasformarsi in fanatismo
quando non è appoggiata a una speranza che colma laspirazione
allinfinito. Poi e soprattutto perché una morale sprovvista di
legami con il trascendente è maggiormente esposta alle contingenze
storiche e in definitiva allarrendevolezza. Come scriveva Joseph Ratzinger
nella sua opera sullEuropa nella crisi delle culture, "il principio
riconosciuto oggi è che la capacità delluomo sia la misura
della sua azione. Ciò che sappiamo fare, possiamo anche farlo".
A un certo punto, il pericolo è che il criterio delletica non
sia più quello di cercare di fare ciò che dobbiamo fare, ma
di fare ciò che possiamo fare. Nella Repubblica laica, luomo
politico che io sono non deve decidere in funzione di considerazioni religiose.
Ma importa che la sua riflessione e la sua coscienza siano illuminate specialmente
dai pareri che fanno referenza a norme e convinzioni libere dalle contingenze
immediate. Tutte le intelligenze, tutte le spiritualità che esistono
nel nostro Paese devono farne parte. Noi saremo più saggi se coniughiamo
la ricchezza delle nostre differenti tradizioni. E per questo che mi auguro
profondamente lavvento di una laicità positiva, cioè una
laicità che, pur vegliando alla libertà di pensare, a quella
di credere o non credere, non considera che le religioni sono un pericolo,
ma piuttosto un punto a favore. Non si tratta di modificare i grandi equilibri
della legge del 1905. I francesi non lo auspicano e le religioni non lo chiedono.
Si tratta, in compenso, di cercare il dialogo con le grandi religioni di Francia
e di avere come principio quello di agevolare la vita quotidiana delle grandi
correnti spirituali piuttosto che di cercare di complicarla a loro. (...)
Vorrei rivolgermi a coloro che tra voi sono impegnati nelle congregazioni,
presso la Curia, nel sacerdozio e lepiscopato e a coloro che in questo
momento si stanno formando da seminaristi. (...) Mi rendo conto dei sacrifici
che rappresenta una vita intera consacrata a Dio e agli altri. So che il vostro
quotidiano è e sarà attraversato talvolta dallo scoraggiamento,
dalla solitudine, e certamente anche dal dubbio. So anche che la qualità
della vostra formazione, il sostegno delle vostre comunità, la fedeltà
ai sacramenti, la lettura della Bibbia e la preghiera, vi permettono di superare
queste prove. Sappiate che abbiamo almeno una cosa in comune: quella di avere
una vocazione. Non si è prete a metà, lo si è in tutte
le dimensioni della propria vita. Credetemi che non si è neanche presidente
a metà. Capisco che vi siete sentiti chiamati da una forza incontenibile
che veniva da dentro, perché io stesso non mi sono mai seduto per chiedermi
se avrei fatto politica, lho fatto. Capisco i sacrifici che fate per
rispondere alla vostra vocazione perché anchio conosco quelli
che ho fatto per realizzare la mia. (...) E grande il vostro contributo allazione
caritativa, alla difesa dei diritti delluomo e della dignità
umana, al dialogo interreligioso, alla formazione delle menti e dei cuori,
alla riflessione etica e filosofica. Lo vediamo radicato nella profondità
della società francese, con una varietà di modi spesso insospettata,
così come si dispiega attraverso il mondo. (...) Offrendo in Francia
e nel mondo la testimonianza di una vita donata agli altri e riempita dallesperienza
di Dio, voi create speranza e sviluppate sentimenti nobili. E unopportunità
per il nostro Paese e da Presidente la considero con molta attenzione. Nella
trasmissione dei valori e nellapprendimento graduale della differenza
tra bene e male, linsegnante non potrà mai rimpiazzare il parroco
o il pastore, anche se è importante che egli si accosti ad essi, perché
gli mancherà sempre la radicalità del sacrificio della propria
vita e il carisma di un impegno sostenuto dalla speranza. Voglio inoltre evocare
con voi la memoria dei monaci di Tibhérine e di monsignor Pierre Claverie,
il cui sacrificio porterà un giorno frutti di pace: ne sono convinto.
LEuropa ha troppo girato le spalle al Mediterraneo, anche se una parte
delle sue radici vi affondano e se i Paesi rivieraschi di questo mare sono
allincrocio di un gran numero di sfide del mondo contemporaneo. Ho voluto
che la Francia prenda liniziativa di unUnione del Mediterraneo.
La sua collocazione geografica, così come il suo passato e la sua cultura
ve la conducono naturalmente. In questa parte del mondo in cui le religioni
e le tradizioni culturali esasperano spesso le passioni, in cui lo scontro
delle civiltà può rimanere allo stato di fantasma o rovesciarsi
nella realtà, noi dobbiamo coniugare i nostri sforzi per raggiungere
una coesistenza pacifica, rispettosa di ciascuno, senza rinnegare le nostre
convinzioni profonde, in una zona di pace e di prosperità. Questa prospettiva
incontra, mi sembra, linteresse della Santa Sede. Ma ciò che
mi sta a cuore dirvi è che in questo mondo paradossale, ossessionato
dal benessere materiale, ma sempre più in cerca di senso e di identità,
la Francia ha bisogno di cattolici convinti che non temano di affermare ciò
che sono e ciò in cui credono. (...) Come ha scritto Henri de Lubac,
grande amico di Benedetto XVI, "la vita attira, come la gioia".
E per questo che la Francia ha bisogno di cattolici felici che testimonino
la loro speranza. Da sempre la Francia è nota nel mondo per generosità
e intelligenza. E per questo che essa ha bisogno di cattolici pienamente
cristiani e di cristiani pienamente attivi. La Francia ha bisogno di credere
di nuovo che non deve subire lavvenire, ma costruirlo. E per questo
che ha bisogno della testimonianza di quanti, condotti da una speranza che
li sorpassa, ogni giorno si rimettono per strada per costruire un mondo più
giusto e più generoso.
Stamattina ho donato al Santo Padre due edizioni originali di Bernanos. Permettetemi
di concludere con lui: Lavvenire è qualcosa che si domina.
Non si subisce lavvenire, lo si fa (...) Lottimismo è una
falsa speranza ad uso dei vili (...). La speranza è una virtù,
una determinazione eroica dellanima. La forma più alta di speranza
è la disperazione dominata". Ovunque agirete, nelle periferie,
nelle istituzioni, accanto ai giovani, nel dialogo interreligioso, nelle università,
io vi sosterrò. La Francia ha bisogno della vostra generosità,
del vostro coraggio, della vostra speranza.
LA SVOLTA ATTESA NELLE PAROLE DI M. LE PRESIDENT
Il segno è di quelli che restano. Le parole sono di quelle che fanno stringere gli occhi per vedere se si è capito davvero bene. Insomma, il colpo è arrivato, e forte. Monsieur le President era giunto in una soffusa nebulosa di gossip e di mezzi sorrisi. Avrà la testa altrove. Si sa, gli innamorati sono distratti... Nicholas Sarkozy ha dato lidea invece di essere molto concentrato. E il discorso in San Giovanni in Laterano ha il sapore di svolta epocale. Dora in poi, la parola laicità prenderà un nuovo significato. Finalmente libero da odiose e gravi contrapposizioni con la parola "religioso". Dora in poi chi userà il termine laicità opposto a religiosità si qualificherà come un appartenente al passato. Ad una archeologia del pensiero, ad una mummificazione. Al museo delle cere. Quello di Sarkozy non è stato il discorso di un filosofo, o di un sociologo. Non ha trattato il tema della laicità come se fosse un tema da dibattito filosofico. Per la sua svolta, non ha inventato nulla. Inventare non è mestiere dei presidenti. Semmai i buoni presidenti ascoltano, osservano quello che si muove nelle pagine dei filosofi e nelle chiacchiere al mercato. Ed egli ha per così dire raccolto le tante riflessioni di filosofi, poeti, sociologi, taluni dei quali francesi, che hanno aperto la strada. Quello di ieri in San Giovanni è stato un discorso importante proprio perché è il discorso di un capo politico di stampo nuovo. Cioè di uno che legge la realtà sociale nel suo complesso, per interpretarne le forze positive e quelle disgreganti. Ha ripercorso la storia di Francia, il legame «essenziale» con la Chiesa, ha elencato i tanti francesi che al cattolicesimo han dato molto. E poi ha letto il presente. Dialogando con la recente enciclica di Papa Benedetto XVI sulla speranza, ha insistito sul fatto che la ricerca di un senso per lesistenza è una questione presente in tutte le civiltà. E che nessun acquisto sociale, scientifico o morale soddisfa quella sete umana. La «laicità positiva» di Sarkozy affonda le radici in tale considerazione della natura umana come domanda sul senso dellesistenza. Perciò la laicità non può più considerare la religiosità come «un pericolo» ma come «un aiuto». Si tratta dunque di «facilitare la vita quotidiana delle grandi correnti spirituali piuttosto che cercare di complicarla». Senza giri di parole, il presidente ha indicato un presente in cui il «deserto spirituale» non ha reso «i francesi più felici». E una evidenza, ha detto Sarkozy. In tale deserto, senza cedere sul rispetto della libertà di credere o no, il presidente riconosce che «un uomo che crede è uno uomo che spera». E di tale speranza la Francia ha drammaticamente bisogno. Le sue banlîeues come i suoi cortili signorili. In politica, monsieur Sarkozy non è un avventuriero. Ha indicato anche i metodi e i campi in cui tale «laicità positiva» trova espressione: dalla libertà di educazione ai rapporti istituzionali con le varie confessioni religiose, dal riconoscimento del valore sociale dellazione caritativa, sino ai problemi della formazione teologica. E con realismo ha fatto menzione delle critiche e delle tensioni che ci sono su queste faccende. Ma le ha considerate come rigidità del passato, mentre ha il sapore del futuro lappello a che i cattolici del suo Paese siano testimoni della loro speranza. Al termine il presidente ha ripetuto il concetto a lui caro: la frontiera tra fede e non credenza non passa in una divisione "politica" o civile tra coloro che credono e coloro che non credono. Ma fede e interrogazione sullessenziale sono le esperienze che segnano lanimo di ogni uomo. La «laicità positiva» di Sarkozy non è una formula magica, e non mancheranno reazioni, anche tra i nostri laicisti in servizio permanente effettivo. Ma questo modo di intendere il legame tra stato laico e fenomeno religioso assicura un maggiore spazio alla speranza. Maggiore responsabilità in una maggiore allegria. Era un poeta francese a dire: se volete sapere cosa è un popolo cristiano guardate il suo contrario. E il contrario di un popolo cristiano è un popolo triste.
Davide Rondoni
(Avvenire, 21 dicembre 2007)