ADRIANO DELLASTA
LA RIVOLUZIONE
DEL PENSIERO FILOSOFICO-RELIGIOSO
IN RUSSIA
ALLINIZIO DEL XX SECOLO
Parrocchia Santo Stefano
Casalmaggiore 2007
63
Cinquant`anni fa il mondo si presentava diviso in due blocchi ideologicamente
antagonisti e condannati a uno scontro che pareva inevitabile. L`associazione
Russia Cristiana nacque in questo clima, nel 1957, sotto la spinta
di unintuizione di padre Romano Scalfi: e cioè che ogni lettura
ideologica, anche se attendibile, non fosse esauriente. In Urss continuava,
infatti, a vivere una grande esperienza umana: i cristiani, sofferenti e perseguitati,
producevano segretamente frutti di santità. Molti giovani iniziavano
lavventura del dissenso e il samizdat (leditoria clandestina)
mostrava una inaspettata ricchezza e vivacità. La Russia poteva addirittura
offrire allOccidente un esempio realizzato di vitalità ecclesiale
e sociale
Per ricordare i 50 anni di attività, Russia Cristiana ha
organizzato nello scorso ottobre un Convegno Internazionale, che si è
articolato in quattro sessioni.
La prima, dal titolo Dissenso e resistenza morale ha visto la
partecipazione di alcuni protagonisti del dissenso, uomini che hanno lottato
per non perdere il gusto e la bellezza della vita.
La seconda, dal titolo I maestri del pensiero, ha trattato di
figure illustri, da Solovev agli ex marxisti Berdjaev e Bulgakov, che
dopo aver sperimentato la violenza dellideologia sono tornati alla Chiesa,
ritrovando il realismo perduto.
La terza ha trattato dei Martiri nella Russia del XX secolo, per
ricordare le vittime del regime che hanno testimoniato la vittoria della fede
contro ogni potere.
Lultima ha affrontato il tema Lecumenismo e la bellezza
della Chiesa, attraverso un approfondimento della liturgia orientale
e dellarte dellicona come fonti di ispirazione per lunità
dei cristiani.
Pubblichiamo in questo fascicolo ampi stralci della relazione tenuta da Adriano
DallAsta al Convegno di Seriate, così come è apparsa su
LOsservatore Romano del 31 ottobre 2007.
Il Convegno ha messo in luce che, prima della rivoluzione dottobre
del 1917, allinizio del XX secolo in Russia cera stata una rivoluzione
culturale e spirituale, che ha visto la rinascita filosofico-religiosa di
un gruppo consistente di pensatori, tornati alla fede cristiana e alla Chiesa,
provenienti da correnti diverse, ma per lo più dal marxismo. Questa
rivoluzione, assolutamente atipica, avrebbe portato nei decenni
a venire al crollo del regime sovietico. Il carattere rivoluzionario della
risposta che la filosofia religiosa russa ha contrapposto allateismo
sta nel fatto che questa risposta non tende anzitutto a ripristinare i diritti
di Dio e della religione, bensì la natura autentica delluomo,
che è una natura religiosa. Luomo stesso, aspirando alla sua
grandezza, la scopre proprio liberandosi dalla pretesa di costruire un mondo
incentrato tutto sulluomo terreno. Proprio riscoprendo di essere fatto
ad immagine di Dio, luomo ritrova se stesso nel Dio che si è
fatto uomo, e dunque si trova innalzato al livello di Dio, liberato dalle
forze della natura e della società e cosciente del fatto di essere
irriducibile a qualsiasi grandezza finita. La scoperta di questa irriducibilità
avrebbe portato i rappresentanti della filosofia religiosa russa a non conformarsi
alla tragedia della rivoluzione bolscevica, anzi a preparare il suo rovesciamento.
Ciò dimostra quanto sia salutare il rinnovamento del pensiero, quando
esso si fonda sulla ragione intesa come riflessione sulla realtà, senza
cedimenti alle rappresentazioni ideologiche; e quanto sia fecondo il seme
della religione negli avvenimenti anche tragici della storia, in quanto la
fede in Dio, nel Dio che si è fatto carne, dona un senso tale alla
vita, da non subire il soffocamento di nessun totalitarismo, ma anzi è
di stimolo a ritrovare sempre il gusto e la passione della verità e
della libertà, che nessun regime politico riuscirà mai a spegnere.
E solo riscoprendo la radice della verità e della libertà, ossia
lessere costruiti ad immagine di Dio, può dare un senso pieno
alla persona umana, capace in tal modo di navigare nei marosi della storia,
senza rimanerne prigionieri e senza morire annegati.
In tal modo si comprende perché il comunismo sovietico a differenza
del nazismo si è frantumato al suo interno, e proprio grazie
al contributo del dissenso da parte degli stessi cittadini sovietici, che
ne hanno denunciato i crimini e ne hanno rivelato non solo la natura antidemocratica,
bensì soprattutto antiumana.
La storia della rivoluzione culturale e del dissenso in Unione
Sovietica che ha generato rivoluzioni culturali in altri Paesi dellEst
europeo - non è solo un capitolo interessante e imprescindibile per
la ricostruzione e la comprensione integrale del secolo breve,
ma diventa lofferta di un metodo di vita, diventa una lezione perenne,
anche per noi, nelloggi di una stagione dove laicismo, relativismo e
nichilismo come da tempo vanno dicendo i nostri ultimi due Papi
rischiano non solo di emarginare, ma anche di devitalizzare quella struttura
spirituale, quella luce interiore che sta alla radice della dignità
e della libertà della persona umana. Anche il nichilismo infatti è
una forma di totalitarismo, fra le più subdole e perniciose, perché
ruba alla persona quanto ha di più nobile e di più grande, la
sua apertura al mistero.
Anche oggi è tempo di rivoluzione spirituale. Anche oggi è tempo
di tornare a riflettere sulla realtà, abbandonando le sue riduzioni
ideologiche o le sue sovrastrutture utopistiche.
Don Alberto Franzini
Casalmaggiore, 25 novembre 2007
Solennità liturgica di Cristo Re
«Rivoluzione» è proprio la parola giusta per suggerire
il significato della rinascita filosofico-religiosa russa dellinizio
del XX secolo, un fenomeno che tanto spazio e importanza ha avuto nella storia
di Russia Cristiana e che vide tornare alla fede e alla Chiesa, prima della
rivoluzione del 1917, un gruppo consistente di pensatori provenienti da correnti
diverse ma per lo più dal marxismo. Come una «rivoluzione»
è stato percepito da Olivier Clèment, un acuto osservatore nostro
contemporaneo, che vi riconobbe il fondamento culturale del movimento di Solidarnosc
e della rivoluzione assolutamente atipica che avrebbe portato poi al crollo
del regime sovietico; ma così venne percepito anche dai suoi stessi
contemporanei che, nella sua riscoperta di una persona e di una realtà
irriducibili ai progetti politici e sociali, videro contestata e sconvolta
la loro immagine ideologica del mondo, quel radicale immanentismo ateo che
doveva rendere possibile un processo di trasformazione del reale del tutto
indipendente da qualsiasi senso di responsabilità personale e da qualsiasi
esigenza di fare i conti con la realtà autentica. Non è un caso
a questo proposito che il «vechismo» (vechovstvo, questo fu uno
dei nomi con il quale venne definito il fenomeno, sulla base del titolo della
famosa antologia Vechi) sia stato immediatamente bollato da Lenin come un
«enciclopedia del doppiogiochismo liberale» e del suo carattere
«intrinsecamente controrivoluzionario»: tale doveva infatti apparire
allintelligencija atea la denuncia del nichilismo
cui avrebbe inevitabilmente portato il suo massimalismo. Con la propria pretesa
ad una assoluta autonomia, totalmente estranea al senso del peccato originale
e del male radicale della natura umana, questa intelligencija era sedotta
dallappello incondizionato alla perfezione, alladempimento perfetto
della legge del bene: credendo di non aver bisogno di alcuna redenzione che
restaurasse la natura umana e la salvasse dai suoi peccati, esigeva una realizzazione
immediata e piena dellassoluto. In questa sua insensibilità ai
limiti del relativo e al bisogno della grazia, essa finiva però con
leliminare radicalmente proprio il relativo stesso, incapace di liberarsi
da sé dei propri limiti; in questo senso, concludeva Berdjaev, «lideale
della perfezione senza grazia porta al nichilismo», all «incapacità
di sperimentare in modo immanente e libero tutte le ricchezze e i valori del
mondo». Quello che l`intelligencija rivoluzionaria atea non poteva sopportare
era appunto questo rimprovero di essere una falsa liberazione, questa accusa
di non essere in grado di offrire un autentico godimento dei beni terreni,
là dove tale godimento era invece offerto a chi si apriva alla grazia
di Dio; questa era la vera rivoluzione e la vera novità, ed era una
peculiarità della filosofia religiosa russa e non certo dellateismo
rivoluzionario: se la prima poteva contemplare il creato e cercare di cogliervi
e di realizzarvi il disegno di Dio, che era comunque quello della salvezza
offerta alla libertà delluomo, il massimalismo rivoluzionario
non poteva guardare il reale se non con il risentimento di chi aveva unimmagine
ideale rispetto alla quale la realtà era costantemente inadeguata e
condannata. Il carattere autenticamente rivoluzionario della filosofia russa
nasceva dal rovesciamento del presupposto su cui si fondava lideologia
dellintelligencija; esso era infatti determinato dal superamento dellopposizione
moderna tra Dio e luomo: non si trattava più di pensare Dio contro
luomo e luomo contro Dio, ma di riscoprire Dio come verità
delluomo, di vedere, guardando il volto di Cristo, «il volto di
Dio nelluomo e il volto delluomo in Dio». Questa coscienza
era latto di nascita della nuova stagione filosofica e, per esplicita
ammissione dei suoi protagonisti, aveva avuto la sua prima e già compiuta
formulazione nellopera di esordio di Vladimir Solov`ev, quando questi,
constatando la crisi in cui era caduta la filosofia occidentale dopo lespulsione
di Dio dal mondo della ragione e dellesperienza, aveva detto che «gli
ultimi risultati necessari dello sviluppo della filosofia occidentale pongono,
nella forma della conoscenza razionale, quelle stesse verità che, nella
forma della fede e della contemplazione spirituale, erano state poste dalle
grandi dottrine teologiche dellOriente (in parte di quello antico, ma
soprattutto dellOriente cristiano). In tal senso questa nuovissima filosofia
tende a unire la perfezione logica della forma occidentale con la pienezza
di contenuto delle concezioni religiose dellOriente». In maniera
ancora più chiara e per certi versi più provocatoria, nelle
Lezioni sulla Divinoumanità Solov`ev aveva chiarito che tutto quanto
vè di positivo nelle aspirazioni umane trova il suo fondamento
ultimo e la possibilità di una sua piena realizzazione solo in Dio:
«il socialismo, che esige la giustizia realizzata e non può realizzarla
su fondamenti naturali finiti, porta logicamente ad ammettere la necessità
di un principio assoluto nella vita, cioè a riconoscere la religione.
Il positivismo porta alla stessa conclusione nel settore del sapere».
Quale che fosse il modo della formulazione il punto fermo era però
che la ragione non si concepiva più in opposizione alla fede, ma si
apriva ad essa come alla propria luce. Anzi, la luce della ragione aveva esattamente
il nome di Cristo ed era venuta a risplendere pienamente nel mondo al momento
dellIncarnazione, come si canta nelle preghiere del tempo di Natale;
non è un caso allora che proprio Cristo, quanto Solovev aveva
di più caro nel cristianesimo, diventasse anche il modello
nella cui luce guardare la realtà: è significativo in questo
senso che Solovev, per suggerire una via di soluzione al problema del
rapporto tra cosa in sé e fenomeno, utilizzi delle espressioni tratte
dal dogma cristologico della perfetta unione del divino e dellumano,
distinti ma uniti nella persona di Cristo senza confusione e senza separazione:
«Ciò che è falso dice dunque Solov`ev della cosa in sé
e del fenomeno - non è la loro distinzione, ma la loro separazione
arbitraria. Lignoranza confonde lessere in sé e i fenomeni.
La filosofia astratta li separa assolutamente. Tu devi prendere la via regale
tra la confusione e la separazione astratta, cè un termine medio:
la differenza e la corrispondenza. Il fenomeno non è lessere
in sé, ma ha con esso una relazione precisa, gli corrisponde».
La ripresa della ragione
La ragione, illuminata dalla luce di Cristo, riprendeva così a funzionare,
non solo risolvendo problemi particolari come quello cui abbiamo appena accennato,
ma soprattutto superando i vicoli ciechi in cui lavevano gettata nellepoca
moderna da una parte la pretesa di essere lei la creatrice e larbitra
del reale e delle sue leggi e dallaltra la pretesa che lunica
realtà veramente esistente fosse esclusivamente quella sperimentata
attraverso i sensi. Se il primo atteggiamento laveva chiusa nel mondo
delle proprie fantasie e laveva isolata dalla realtà concreta
e sensibile, il secondo laveva gettata in un mondo di pure cose, di
fatti bruti senza alcun significato razionale; nel nuovo spazio aperto dalla
fede, la ragione si spalancava invece ad accogliere una realtà che
non era stata posta da lei e che essa anzi riceveva dalle altre sfere dellessere,
con lunico, ma decisivo, compito di legare queste sfere e questi fatti
al loro significato, di «stabilire diceva ancora Solovev - il
nesso generale di tutto ciò che esiste, e siccome tutto ciò
che esiste si può ricondurre al principio divino e al principio materiale
(naturale), il compito della filosofia può essere determinato nella
maniera più semplice possibile così: stabilire un nesso interiore
tra il principio divino e il principio materiale», ritrovare nelle cose
il loro senso unitario e la loro bellezza, senza dover rinunciare alla loro
concretezza. La riscoperta della realtà e del suo senso attraverso
lattività rivelatrice (e non creatrice) della ragione umana ci
pone di fronte a unaltra delle caratteristiche fondamentali di questa
rivoluzione filosofica: il suo realismo; Berdjaev rivendicò questa
peculiarità ricordando esplicitamente che essa era il frutto proprio
della riscoperta del fondamento religioso della vita: «dopo tutte le
prove, dopo tutte le peregrinazioni attraverso le deserte vacuità del
pensiero astratto e dellesperienza razionale, dopo aver prestato un
penoso servizio di polizia, la filosofia deve tornare sotto le volte del tempio,
alla sua funzione sacra, e ritrovarvi il realismo perduto, e di nuovo ricevere
la consacrazione ai misteri della vita». Si tratta dunque, contemporaneamente,
della riscoperta della realtà e della riscoperta della sua irriducibilità
alle sfere superficiali dellessere; il carattere del realismo di cui
si parla qui è definito innanzitutto dai caratteri della ragione che
lo sostiene e dalla sua disponibilità ad un ampliamento ininterrotto.
Convinti che il mondo reale non si limiti ai fenomeni sensibili ma sia la
manifestazione di una «sostanza spirituale universale», gli esponenti
di questo nuovo realismo «consapevolmente ampliano la sfera del reale,
di quanto esiste autenticamente, oltre i confini di ciò che è
conosciuto con i sensi e lo fanno non contro la filosofia del realismo, ma
proprio in nome di questa»; in nome della pienezza e della ricchezza
che stanno riscoprendo nel reale, essi accettano di porre le «questioni
maledette» che, lungi dallessere un «non senso filosofico»,
«si presentano come un fatto della vita reale»: «come pensare
quel fondamento ultimo e misterioso, che è la radice da cui procedono
le mutevoli e contingenti apparizioni dellessere? Che cosè
il mondo ovvero il tutto e che cosa fa del mondo il mondo,
cioè unifica in un insieme unico, e conforme a legge, fenomeni eterogenei,
fantastici?». Il problema è quello di un realismo che dia alluomo
una assolutezza vera, ben più ricca, concreta e autentica di quella
che gli aveva promesso lintelligencija e che alla fine si era rivelata
una semplice schiavitù nei confronti della casualità materiale;
è appunto nella prospettiva di questa motivazione assoluta della vita
che si situa la polemica della filosofia religiosa russa nei confronti del
marxismo, polemica che rende poi comprensibile la reazione stizzita di Lenin.
Berdjaev, Bulgakov, Frank, Struve e molti altri rappresentanti della filosofia
religiosa avevano inizialmente accolto il marxismo proprio in forza di questa
promessa di una motivazione assoluta della vita. Il marxismo si era presentato
inizialmente come uno strumento scientifico capace di dare certezza al processo
di liberazione, capace di sottrarlo al soggettivismo e al moralismo che avevano
contraddistinto le teorie populiste, e capace, ancora, di dare un senso unitario
alle esigenze sociali e politiche, «di animarle con ununica visione
del mondo, con un unico ideale». E con queste aspettative che il marxismo
era stato accolto come «il grido di guerra della giovane Russia»
ed è quindi con lentusiasmo di chi aveva scoperto una sorta di
pietra filosofale che Bulgakov, ad esempio, si era accinto ad, approfondirlo
teoricamente. Lentusiasmo tuttavia aveva cominciato ad affievolirsi
ben presto, in fondo già nel 1897, in un articolo scritto ancora dal
campo marxista nel quale però, pur difendendo il principio del materialismo
sociale (la totale signoria della legge di causalità), Bulgakov già
affermava la differenza tra la vita e la scienza e insinuava losservazione
secondo cui l`ideale sociale è «senza dubbio di provenienza non
scientifica, anche se si riveste di panni scientifici». Appena l`anno
dopo a questa prima critica della pretesa di assoluta scientificità
del marxismo, se ne sarebbe aggiunta un`altra ancora più articolata
e più radicale: innanzitutto Bulgakov si rese conto del fatto che «la
causalità è solo un modo di coordinare le nostre rappresentazioni»
e che perciò la zakonornernost` è solo un concetto, «un
prodotto del lavoro attivo della ragione sul materiale conoscitivo»
e come tale non può ovviamente sostituire la vita reale; in secondo
luogo, in base alle proprie ricerche nel campo delleconomia, Bulgakov
stabilì che, dato il suo stesso statuto scientifico, la sociologia
era incapace di formulare quelle previsioni cui invece il marxismo pretendeva
di poter arrivare. Era impossibile «mostrare in forma conclusiva e indiscutibile
la correttezza del sistema economico di Marx, lapplicabilità
generale della legge della concentrazione della produzione e in genere lidentità
dellevoluzione industriale e di quella agricola» ma, data questa
premessa e a dispetto, di tutta la sua pretesa di scientificità, la
teoria marxiana della «catastrofe sociale (Zusammenbruchstheorie) e
del salto nel regno della libertà» si rivelava una pura utopia.
A questo punto per Bulgakov era ormai evidente che il marxismo era una strana
concatenazione di motivi scientifici e religiosi, di realismo e utopismo,
di oggettivismo e volontarismo; e in questo senso si può dire che egli
previde, con notevole anticipo sui tempi, la piega volontaristica che Lenin
avrebbe dato alla rivoluzione e ne rivendicò con grande lucidità
la perfetta ortodossia marxiana, mostrando nellescatologismo rivoluzionario
leninista e nel suo violento anticristianesimo non un tradimento o una deviazione,
ma la fedeltà a un marxismo che non si era ancora «tagliato le
ali spirituali», che non era stato ancora «privato della sua precedente
ispirazione religiosa e della sua apertura idealistica». Lunico
ma radicale limite di questa impostazione e delle sue alate teorie sul mondo
perfetto dellutopia era che la realtà veniva costantemente sacrificata
alla teoria; ed è per preservare la realtà da questo sacrificio
che nacque la totale opposizione della filosofia religiosa allideologia
marxista intesa come pretesa di sostituire la realtà con una sua rappresentazione
ideologica. Non si trattò di una opposizione politica ma culturale,
non ci si oppose allideologia rivoluzionaria in nome di una ideologia
più ricca ma ci si situò su un piano completamente diverso da
quello dellastrazione concettuale o della riduzione concettuale della
realtà: il contrasto non fu tra due ideologie, ma tra una ideologia
e la realtà, tra la riduzione ideologica della realtà e la realtà
stessa. Non va qui dimenticato che un altro dei motivi di radicale opposizione
al marxismo fu la sua incapacità di rispettare la realtà della
persona, con le sue esigenze e le sue domande, con le sue virtù e le
sue necessità, che restavano tutte senza risposta o senza spiegazione
finché si restava nei limiti della teoria (politica, economica, filosofica,
ecc.), perché, come avrebbe detto sempre Bulgakov, «la capacità
di godere del cielo stellato, lestasi religiosa, la tensione disinteressata
e illimitata verso il conoscere e così via, non si possono spiegare
con alcuna considerazione economica» e soprattutto non con quell«inno
funebre alla persona e alla creatività personale», creatività
che è il marxismo. Chiuso negli stretti limiti della sua causalità
puramente materiale, esso non è infatti in grado di rendere ragione
della persona e delle sue aspirazioni a una felicità e a una vita senza
fine, mentre è proprio questa sete di infinito e di vittoria sulla
morte che rende luomo pienamente uomo; la persona, dirà Berdjaev,
si realizza quando lindividualità di ciascun essere umano percepisce
«qualcosa che le è superiore e verso il quale essa si innalza
nella propria
realizzazione. Non si dà persona se non cè un essere che
stia più in alto di lei».
Il problema delluomo
Una delle tragedie del mondo contemporaneo, invece, ciò che ha reso
la sua vita insopportabile e piena di angoscia è il fatto che luomo
ha creduto di potersi affermare meglio e più pienamente liberandosi
di Dio, ma in realtà ciò che ha ottenuto è esattamente
il contrario: «Il problema fondamentale dei nostri giorni non è
il problema di Dio - come pensano molti, come pensano spesso anche i cristiani
che esortano alla rinascita cristiana, - il problema fondamentale dei nostri
giorni è innanzitutto il problema delluomo avrebbe detto più
tardi Berdjaev, e quindi avrebbe precisato: «gli uomini hanno rinnegato
Dio, ma così facendo non hanno messo in dubbio la dignità di
Dio, bensì la dignità delluomo. Luomo non può
tenersi in piedi senza Dio. Per luomo Dio è appunto lidea
suprema, -- la realtà che edifica luomo». Senza Dio luomo
finisce prima o poi per stancarsi di se stesso e della vita tutta, in unansia
suicida di cui oggi vediamo le manifestazioni più clamorose in certe
forme di terrorismo nichilista, ma le cui origini erano già state colte
lucidamente dalla filosofia religiosa russa nelle premesse dellumanesimo
antropocentrico. Gli uomini, rinnegando Dio, non hanno soltanto rinnegato
luomo, ma hanno finito col distruggere il mondo stesso e la vita: senza
un Dio davanti al quale riconoscere il proprio peccato e dal quale attendere
la salvezza, luomo non solo è ridotto a un essere inevitabilmente
senza speranza, ma i suoi mali e le sue disgrazie restano appese al nulla;
è quanto dimostra, dice Berdjaev, «la filosofia di Heidegger,
nella quale lessere è decaduto nella sua essenza ma non è
decaduto da nulla»: su tutto regna appunto il nulla, non solo luomo
si è stancato di se stesso, ma lo stesso mondo si è stancato
di sé. Lateismo moderno, così come viene messo in luce
dalla filosofia religiosa russa, è ben diverso da quello classico:
il suo vero nemico non è Dio, ma il mondo di Dio e ciò che sta
al centro del mondo di Dio, luomo e la sua vita; è sempre Berdjaev
che lo dice in maniera esplicita: «le eresie generate dalla civiltà
attuale sono molto diverse dalla eresie dei primi secoli del cristianesimo,
non sono eresie teologiche, sono eresie della vita stessa». Il rovesciamento
di questa distruzione delluomo, il carattere rivoluzionario della risposta
che la filosofia religiosa russa contrappone allateismo moderno sta
tutto nel fatto che questa risposta non tende a ripristinare innanzitutto
i diritti di Dio e del mondo religioso: se luomo non può essere
il padrone del mondo e non può pretendere di esserlo e di dominare
il mondo, questo non significa che luomo debba essere dominato e debba
accettare di essere dominato, anzi, luomo deve aspirare alla propria
grandezza, ma può essere veramente libero e grande proprio a patto
che si liberi dalla sua pretesa di costruire un mondo totalmente antropocentrico,
pretesa che è contraria alla sua realtà e alla sua natura di
essere «a un tempo terreno e celeste»; allora, avendo riconosciuto
il fatto che lo costituisce, il fatto di non essere al mondo da sempre ma
di aspirare comunque allimmortalità, l`uomo si riconosce innanzitutto
come creatura di Dio, e qui la sua originaria dipendenza da Dio assume la
forma e il nome di creaturalità: luomo si riconosce creato a
immagine e somiglianza di Dio. Ritrovando se stesso nel Dio che si è
fatto uomo, luomo si trova innalzato a livello di Dio, liberato dalle
forze della natura e della società e cosciente del fatto che la sua
irriducibilità a qualsiasi grandezza finita è radicata proprio
in questa origine celeste. La scoperta di questo nucleo irriducibile di umanità
è lesito dellesperienza che i rappresentanti della filosofia
religiosa russa fanno nel cuore del mondo contemporaneo e di quella sua molteplice
crisi (umana, politica, spirituale, artistica, culturale, e religiosa) che
in breve tempo avrebbe portato la Russia alla tragedia della rivoluzione e
il mondo alla tragedia del totalitarismo nazista e della seconda guerra mondiale;
ma questa scoperta è nello stesso tempo ciò che li rende capaci
di cogliere questa crisi. Dallo sconcerto di un inondo che sembra aver addirittura
rimosso la nozione stessa di un senso e di una verità e nel quale è
scomparso il «criterio stesso di verità» nasce la nostalgia
di una verità incrollabile; dallo smarrimento di un mondo nel quale
«luomo ha smesso di distinguere la realtà dai prodotti
dellimmaginazione [...] che offrono unutilità vitale e
sociale» nasce appunto la domanda infinita di un senso che porta la
ragione umana ad aprirsi alla rivelazione e a rispondere alla chiamata insita
nella rivelazione stessa. La creazione delluomo a immagine e somiglianza
di Dio è ad un tempo il fondamento oggettivo (immagine) dellessere
delluomo e della sua irriducibilità a qualcosa di finito e il
motivo per cui luomo stesso si sente chiamato a compiersi
nella persona (somiglianza), che «è diversità, unicità,
irripetibilità, originalità, non somiglia ad altri, [...] è
leccezione e non la regola», rende luomo continuamente eccedente
rispetto a qualsiasi realizzazione propria o a qualsiasi tentativo di riduzione.
Per quanto possa salire in alto o per quanto possa cadere in basso luomo
continua a sentire una vocazione a qualcosa di più alto e di incommensurabile
che prova la sua grandezza e la sua origine; come avrebbe detto Vladimir Losskij,
un altro grande pensatore russo della prima metà del XX secolo, «la
persona significa lirriducibilità delluomo alla sua natura».
«Irriducibilità» e non «qualcosa di irriducibile»
o «qualcosa che rende luomo irriducibile alla sua natura»,
appunto perché qui non può trattarsi di «qualcosa»
di distinto, di un «altra natura», ma di qualcuno che si
distingue dalla propria natura, di qualcuno che supera la propria natura,
pur contenendola, che la fa esistere come natura umana attraverso questo superamento
e,, tuttavia, non esiste in se stesso, al di fuori della natura che egli "enipostatizza"
e che supera incessantemente».