Parrocchia di Santo Stefano
Casalmaggiore 2005
46
GIOVANNI PAOLO II
Parrocchia di Santo Stefano
Casalmaggiore 2005
46
Pubblichiamo in questo fascicolo: il Testamento di Giovanni Paolo II;
il Rogito, ossia una breve descrizione della sua biografia, deposto nella
sua tomba situata nelle Grotte Vaticane; l'Omelia del card. J. Ratzinger,decano
del Sacro Collegio, durante la messa esequiale celebrata il venerdì
8 aprile 2005 in piazza San Pietro; e l'Omelia del nostro parroco, don Alberto,
durante la messa di suffragio per Giovanni Paolo II, che si è celebrata
nel Duomo di Santo Stefano a Casalmaggiore la sera di mercoledì 6 aprile
2005.
E' una documentazione preziosa, che intende rendere omaggio a un grande Papa
che ha segnato una tappa decisiva nel millenario cammino della Chiesa cattolica
sulle strade di questo nostro mondo.
Casalmaggiore, 17 aprile 2005
Quarta Domenica di Pasqua
TESTAMENTO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
(reso noto dalla Sala Stampa Vaticana nel pomeriggio di giovedì 7 aprile
2005)
Il testamento del 6.3.1979
(e le aggiunte successive)
Totus Tuus ego sum
Nel Nome della Santissima Trinità. Amen.
"Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro
verrà" (cf. Mt 24, 42) - queste parole mi ricordano l'ultima chiamata,
che avverrà nel momento in cui il Signore vorrà. Desidero seguirLo
e desidero che tutto ciò che fa parte della mia vita terrena mi prepari
a questo momento. Non so quando esso verrà, ma come tutto, anche questo
momento depongo nelle mani della Madre del mio Maestro: Totus Tuus. Nelle
stesse mani materne lascio tutto e Tutti coloro con i quali mi ha collegato
la mia vita e la mia vocazione. In queste Mani lascio soprattutto la Chiesa,
e anche la mia Nazione e tutta l'umanità. Ringrazio tutti. A tutti
chiedo perdono. Chiedo anche la preghiera, affinché la Misericordia
di Dio si mostri più grande della mia debolezza e indegnità.
Durante gli esercizi spirituali ho riletto il testamento del Santo Padre Paolo
VI. Questa lettura mi ha spinto a scrivere il presente testamento.
Non lascio dietro di me alcuna proprietà di cui sia necessario disporre.
Quanto alle cose di uso quotidiano che mi servivano, chiedo di distribuirle
come apparirà opportuno. Gli appunti personali siano bruciati. Chiedo
che su questo vigili don Stanislao, che ringrazio per la collaborazione e
l'aiuto così prolungato negli anni e così comprensivo. Tutti
gli altri ringraziamenti invece, li lascio nel cuore davanti a Dio stesso,
perché è difficile esprimerli.
Per quanto riguarda il funerale, ripeto le stesse disposizioni, che ha dato
il Santo Padre Paolo VI. (qui nota al margine: il sepolcro nella terra, non
in un sarcofago, 13.3.92). Del luogo decida il Collegio Cardinalizio e i Connazionali.
"apud Dominum misericordia
et copiosa apud Eum redemptio"
Giovanni Paolo pp. II
Roma, 6.III.1979
Dopo la morte chiedo Sante Messe e preghiere
5.III.1990
***
Foglio senza data:
Esprimo la più profonda fiducia che, malgrado tutta la mia debolezza,
il Signore mi concederà ogni grazia necessaria per affrontare secondo
la Sua volontà qualsiasi compito, prova e sofferenza che vorrà
richiedere dal Suo servo, nel corso della vita. Ho anche fiducia che non permetterà
mai che, mediante qualche mio atteggiamento: parole, opere o omissioni, possa
tradire i miei obblighi in questa santa Sede Petrina.
***
24.II - 1.III.1980
Anche durante questi esercizi spirituali ho riflettuto sulla verità
del Sacerdozio di Cristo nella prospettiva di quel Transito che per ognuno
di noi è il momento della propria morte. Del congedo da questo mondo
- per nascere all'altro, al mondo futuro, segno eloquente (aggiunto sopra:
decisivo) è per noi la Risurrezione di Cristo.
Ho letto dunque la registrazione del mio testamento dell'ultimo anno, fatta
anch'essa durante gli esercizi spirituali - l'ho paragonata con il testamento
del mio grande Predecessore e Padre Paolo VI, con quella sublime testimonianza
sulla morte di un cristiano e di un papa - e ho rinnovato in me la coscienza
delle questioni, alle quali si riferisce la registrazione del 6.III. 1979
preparata da me (in modo piuttosto provvisorio).
Oggi desidero aggiungere ad essa solo questo, che ognuno deve tener presente
la prospettiva della morte. E deve esser pronto a presentarsi davanti al Signore
e al Giudice - e contemporaneamente Redentore e Padre. Allora anche io prendo
in considerazione questo continuamente, affidando quel momento decisivo alla
Madre di Cristo e della Chiesa - alla Madre della mia speranza.
I tempi, nei quali viviamo, sono indicibilmente difficili e inquieti. Difficile
e tesa è diventata anche la via della Chiesa, prova caratteristica
di questi tempi - tanto per i Fedeli, quanto per i Pastori. In alcuni Paesi
(come p.e. in quello di cui ho letto durante gli esercizi spirituali), la
Chiesa si trova in un periodo di persecuzione tale, da non essere inferiore
a quelle dei primi secoli, anzi li supera per il grado della spietatezza e
dell'odio. Sanguis martyrum - semen christianorum. E oltre questo - tante
persone scompaiono innocentemente, anche in questo Paese in cui viviamo
Desidero ancora una volta totalmente affidarmi alla grazia del Signore. Egli
stesso deciderà quando e come devo finire la mia vita terrena e il
ministero pastorale. Nella vita e nella morte Totus Tuus mediante l'Immacolata.
Accettando già ora questa morte, spero che il Cristo mi dia la grazia
per l'ultimo passaggio, cioè la [mia] Pasqua. Spero anche che la renda
utile anche per questa più importante causa alla quale cerco di servire:
la salvezza degli uomini, la salvaguardia della famiglia umana, e in essa
di tutte le nazioni e dei popoli (tra essi mi rivolgo anche in modo particolare
alla mia Patria terrena), utile per le persone che in modo particolare mi
ha affidato, per la questione della Chiesa, per la gloria dello stesso Dio.
Non desidero aggiungere niente a quello che ho scritto un anno fa - solo esprimere
questa prontezza e contemporaneamente questa fiducia, alla quale i presenti
esercizi spirituali di nuovo mi hanno disposto.
Giovanni Paolo II
* * *
Totus Tuus ego sum
5.III.1982
Nel corso degli esercizi spirituali di quest'anno ho letto (più volte)
il testo del testamento del 6.III.1979. Malgrado che tuttora lo consideri
come provvisorio (non definitivo), lo lascio nella forma nella quale esiste.
Non cambio (per ora) niente, e neppure aggiungo, per quanto riguarda le disposizioni
in esso contenute.
L'attentato alla mia vita il 13.V.1981 in qualche modo ha confermato l'esattezza
delle parole scritte nel periodo degli esercizi spirituali del 1980 (24.II
- 1.III)
Tanto più profondamente sento che mi trovo totalmente nelle Mani di
Dio - e resto continuamente a disposizione del mio Signore, affidandomi a
Lui nella Sua Immacolata Madre (Totus Tuus)
Giovanni Paolo pp. II
***
5.III.82
In connessione con l'ultima frase del mio testamento del 6.III 1979 (: "Sul
luogo /il luogo cioè del funerale/ decida il Collegio Cardinalizio
e i Connazionali") - chiarisco che ho in mente: il metropolita di Cracovia
o il Consiglio Generale dell'Episcopato della Polonia - al Collegio Cardinalizio
chiedo intanto di soddisfare in quanto possibile le eventuali domande dei
su elencati.
***
1.III.1985 (nel corso degli esercizi spirituali).
Ancora - per quanto riguarda l'espressione "Collegio Cardinalizio e i
Connazionali": il "Collegio Cardinalizio" non ha nessun obbligo
di interpellare su questo argomento "i Connazionali"; può
tuttavia farlo, se per qualche motivo lo riterrà giusto.
JPII
Gli esercizi spirituali dell'anno giubilare 2000
(12-18.III)
[per il testamento]
1. Quando nel giorno 16 ottobre 1978 il conclave dei cardinali scelse Giovanni
Paolo II, il Primate della Polonia Card. Stefan Wyszy?ski mi disse: "Il
compito del nuovo papa sarà di introdurre la Chiesa nel Terzo Millennio".
Non so se ripeto esattamente la frase, ma almeno tale era il senso di ciò
che allora sentii. Lo disse l'Uomo che è passato alla storia come Primate
del Millennio. Un grande Primate. Sono stato testimone della sua missione,
del Suo totale affidamento. Delle Sue lotte: della Sua vittoria. "La
vittoria, quando avverrà, sarà una vittoria mediante Maria"
- queste parole del suo Predecessore, il card. August Hlond, soleva ripetere
il Primate del Millennio.
In questo modo sono stato in qualche maniera preparato al compito che il giorno
16 ottobre 1978 si è presentato davanti a me. Nel momento in cui scrivo
queste parole, l'Anno giubilare del 2000 è già una realtà
in atto. La notte del 24 dicembre 1999 è stata aperta la simbolica
Porta del Grande Giubileo nella Basilica di San Pietro, in seguito quella
di San Giovanni in Laterano, poi di Santa Maria Maggiore - a capodanno, e
il giorno 19 gennaio la Porta della Basilica di San Paolo "fuori le mura".
Quest'ultimo avvenimento, per via del suo carattere ecumenico, è restato
impresso nella memoria in modo particolare.
2. A misura che l'Anno Giubilare 2000 va avanti, di giorno in giorno si chiude
dietro di noi il secolo ventesimo e si apre il secolo ventunesimo. Secondo
i disegni della Provvidenza mi è stato dato di vivere nel difficile
secolo che se ne sta andando nel passato, e ora nell'anno in cui l'età
della mia vita giunge agli anni ottanta ("octogesima adveniens"),
bisogna domandarsi se non sia il tempo di ripetere con il biblico Simeone
"Nunc dimittis".
Nel giorno del 13 maggio 1981, il giorno dell'attentato al Papa durante l'udienza
generale in Piazza San Pietro, la Divina Provvidenza mi ha salvato in modo
miracoloso dalla morte. Colui che è unico Signore della vita e della
morte Lui stesso mi ha prolungato questa vita, in un certo modo me l'ha donata
di nuovo. Da questo momento essa ancora di più appartiene a Lui. Spero
che Egli mi aiuterà a riconoscere fino a quando devo continuare questo
servizio, al quale mi ha chiamato nel giorno 16 ottobre 1978. Gli chiedo di
volermi richiamare quando Egli stesso vorrà. "Nella vita e nella
morte apparteniamo al Signore
siamo del Signore" (cf. Rm 14, 8).
Spero anche che fino a quando mi sarà donato di compiere il servizio
Petrino nella Chiesa, la Misericordia di Dio voglia prestarmi le forze necessarie
per questo servizio.
3. Come ogni anno durante gli esercizi spirituali ho letto il mio testamento
del 6.III.1979. Continuo a mantenere le disposizioni contenute in esso. Quello
che allora, e anche durante i successivi esercizi spirituali è stato
aggiunto costituisce un riflesso della difficile e tesa situazione generale,
che ha marcato gli anni ottanta. Dall'autunno dell'anno 1989 questa situazione
è cambiata. L'ultimo decennio del secolo passato è stato libero
dalle precedenti tensioni; ciò non significa che non abbia portato
con sé nuovi problemi e difficoltà. In modo particolare sia
lode alla Provvidenza Divina per questo, che il periodo della così
detta "guerra fredda" è finito senza il violento conflitto
nucleare, di cui pesava sul mondo il pericolo nel periodo precedente.
4. Stando sulla soglia del terzo millennio "in medio Ecclesiae",
desidero ancora una volta esprimere gratitudine allo Spirito Santo per il
grande dono del Concilio Vaticano II, al quale insieme con l'intera Chiesa
- e soprattutto con l'intero episcopato - mi sento debitore. Sono convinto
che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle
ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito. Come vescovo che
ha partecipato all'evento conciliare dal primo all'ultimo giorno, desidero
affidare questo grande patrimonio a tutti coloro che sono e saranno in futuro
chiamati a realizzarlo. Per parte mia ringrazio l'eterno Pastore che mi ha
permesso di servire questa grandissima causa nel corso di tutti gli anni del
mio pontificato.
"In medio Ecclesiae"
dai primi anni del servizio vescovile
- appunto grazie al Concilio - mi è stato dato di sperimentare la fraterna
comunione dell'Episcopato. Come sacerdote dell'Arcidiocesi di Cracovia avevo
sperimentato che cosa fosse la fraterna comunione del presbiterio - il Concilio
ha aperto una nuova dimensione di questa esperienza.
5. Quante persone dovrei qui elencare! Probabilmente il Signore Dio ha chiamato
a Sé la maggioranza di esse - quanto a coloro che ancora si trovano
da questa parte, le parole di questo testamento li ricordino, tutti e dappertutto,
dovunque si trovino.
Nel corso di più di vent'anni da cui svolgo il servizio Petrino "in
medio Ecclesiae" ho sperimentato la benevola e quanto mai feconda collaborazione
di tanti Cardinali, Arcivescovi e Vescovi, tanti sacerdoti, tante persone
consacrate - Fratelli e Sorelle - infine di tantissime persone laiche, nell'ambiente
curiale, nel Vicariato della Diocesi di Roma, nonché fuori di questi
ambienti.
Come non abbracciare con grata memoria tutti gli Episcopati nel mondo, con
i quali mi sono incontrato nel succedersi delle visite "ad limina Apostolorum"!
Come non ricordare anche tanti Fratelli cristiani - non cattolici! E il rabbino
di Roma e così numerosi rappresentanti delle religioni non cristiane!
E quanti rappresentanti del mondo della cultura, della scienza, della politica,
dei mezzi di comunicazione sociale!
6. A misura che si avvicina il limite della mia vita terrena ritorno con la
memoria all'inizio, ai miei Genitori, al Fratello e alla Sorella (che non
ho conosciuto, perché morì prima della mia nascita), alla parrocchia
di Wadowice, dove sono stato battezzato, a quella città del mio amore,
ai coetanei, compagne e compagni della scuola elementare, del ginnasio, dell'università,
fino ai tempi dell'occupazione, quando lavorai come operaio, e in seguito
alla parrocchia di Niegowi?, a quella cracoviana di S. Floriano, alla pastorale
degli accademici, all'ambiente
a tutti gli ambienti
a Cracovia
e a Roma
alle persone che in modo speciale mi sono state affidate dal
Signore.
A tutti voglio dire uno sola cosa: "Dio vi ricompensi"
"In manus Tuas, Domine, commendo spiritum meum"
A.D. 17.III.2000
OMELIA DEL CARD. JOSEPH RATZINGER
(Durante la Messa esequiale per il defunto Pontefice Giovanni Paolo II, Piazza
San Pietro, Venerdì 8 aprile 2005)
"Seguimi" dice il Signore risorto a Pietro, come sua ultima parola
a questo discepolo, scelto per pascere le sue pecore. "Seguimi"
- questa parola lapidaria di Cristo può essere considerata la chiave
per comprendere il messaggio che viene dalla vita del nostro compianto ed
amato Papa Giovanni Paolo II, le cui spoglie deponiamo oggi nella terra come
seme di immortalità - il cuore pieno di tristezza, ma anche di gioiosa
speranza e di profonda gratitudine.
Questi sono i sentimenti del nostro animo, Fratelli e Sorelle in Cristo, presenti
in Piazza S. Pietro, nelle strade adiacenti e in diversi altri luoghi della
città di Roma, popolata in questi giorni da un'immensa folla silenziosa
ed orante. Tutti saluto cordialmente. A nome anche del Collegio dei Cardinali
desidero rivolgere il mio deferente pensiero ai Capi di Stato, di Governo
e alle delegazioni dei vari Paesi. Saluto le Autorità e i Rappresentanti
delle Chiese e Comunità cristiane, come pure delle diverse religioni.
Saluto poi gli Arcivescovi, i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose
e i fedeli tutti giunti da ogni Continente; in modo speciale i giovani, che
Giovanni Paolo II amava definire futuro e speranza della Chiesa. Il mio saluto
raggiunge, inoltre, quanti in ogni parte del mondo sono a noi uniti attraverso
la radio e la televisione in questa corale partecipazione al solenne rito
di commiato dall'amato Pontefice.
Seguimi - da giovane studente Karol Wojty?a era entusiasta della letteratura,
del teatro, della poesia. Lavorando in una fabbrica chimica, circondato e
minacciato dal terrore nazista, ha sentito la voce del Signore: Seguimi! In
questo contesto molto particolare cominciò a leggere libri di filosofia
e di teologia, entrò poi nel seminario clandestino creato dal Cardinale
Sapieha e dopo la guerra poté completare i suoi studi nella facoltà
teologica dell'Università Jaghellonica di Cracovia. Tante volte nelle
sue lettere ai sacerdoti e nei suoi libri autobiografici ci ha parlato del
suo sacerdozio, al quale fu ordinato il 1° novembre 1946. In questi testi
interpreta il suo sacerdozio in particolare a partire da tre parole del Signore.
Innanzitutto questa: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e
vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto
rimanga" (Gv 15, 16). La seconda parola è: "Il buon pastore
offre la vita per le pecore" (Gv 10, 11). E finalmente: "Come il
Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore"
(Gv 15, 9). In queste tre parole vediamo tutta l'anima del nostro Santo Padre.
E' realmente andato ovunque ed instancabilmente per portare frutto, un frutto
che rimane. "Alzatevi, andiamo!", è il titolo del suo penultimo
libro. "Alzatevi, andiamo!" - con queste parole ci ha risvegliato
da una fede stanca, dal sonno dei discepoli di ieri e di oggi. "Alzatevi,
andiamo!" dice anche oggi a noi. Il Santo Padre è stato poi sacerdote
fino in fondo, perché ha offerto la sua vita a Dio per le sue pecore
e per l'intera famiglia umana, in una donazione quotidiana al servizio della
Chiesa e soprattutto nelle difficili prove degli ultimi mesi. Così
è diventato una sola cosa con Cristo, il buon pastore che ama le sue
pecore. E infine "rimanete nel mio amore": Il Papa che ha cercato
l'incontro con tutti, che ha avuto una capacità di perdono e di apertura
del cuore per tutti, ci dice, anche oggi, con queste parole del Signore: Dimorando
nell'amore di Cristo impariamo, alla scuola di Cristo, l'arte del vero amore.
Seguimi! Nel luglio 1958 comincia per il giovane sacerdote Karol Wojtyla una
nuova tappa nel cammino con il Signore e dietro il Signore. Karol si era recato
come di solito con un gruppo di giovani appassionati di canoa ai laghi Masuri
per una vacanza da vivere insieme. Ma portava con sé una lettera che
lo invitava a presentarsi al Primate di Polonia, Cardinale Wyszy?ski e poteva
indovinare lo scopo dell'incontro: la sua nomina a Vescovo ausiliare di Cracovia.
Lasciare l'insegnamento accademico, lasciare questa stimolante comunione con
i giovani, lasciare il grande agone intellettuale per conoscere ed interpretare
il mistero della creatura uomo, per rendere presente nel mondo di oggi l'interpretazione
cristiana del nostro essere - tutto ciò doveva apparirgli come un perdere
se stesso, perdere proprio quanto era divenuto l'identità umana di
questo giovane sacerdote. Seguimi - Karol Wojty?a accettò, sentendo
nella chiamata della Chiesa la voce di Cristo. E si è poi reso conto
di come è vera la parola del Signore: "Chi cercherà di
salvare la propria vita la perderà, chi invece l'avrà perduta
la salverà" (Lc 17, 33). Il nostro Papa - lo sappiamo tutti -
non ha mai voluto salvare la propria vita, tenerla per sé; ha voluto
dare se stesso senza riserve, fino all'ultimo momento, per Cristo e così
anche per noi. Proprio in tal modo ha potuto sperimentare come tutto quanto
aveva consegnato nelle mani del Signore è ritornato in modo nuovo:
l'amore alla parola, alla poesia, alle lettere fu una parte essenziale della
sua missione pastorale e ha dato nuova freschezza, nuova attualità,
nuova attrazione all'annuncio del Vangelo, proprio anche quando esso è
segno di contraddizione.
Seguimi! Nell'ottobre 1978 il Cardinale Wojty?a ode di nuovo la voce del Signore.
Si rinnova il dialogo con Pietro riportato nel Vangelo di questa celebrazione:
"Simone di Giovanni, mi ami? Pasci le mie pecorelle!" Alla domanda
del Signore: Karol mi ami?, l'Arcivescovo di Cracovia rispose dal profondo
del suo cuore: "Signore, tu sai tutto: Tu sai che ti amo". L'amore
di Cristo fu la forza dominante nel nostro amato Santo Padre; chi lo ha visto
pregare, chi lo ha sentito predicare, lo sa. E così, grazie a questo
profondo radicamento in Cristo ha potuto portare un peso, che va oltre le
forze puramente umane: Essere pastore del gregge di Cristo, della sua Chiesa
universale. Non è qui il momento di parlare dei singoli contenuti di
questo Pontificato così ricco. Vorrei solo leggere due passi della
liturgia di oggi, nei quali appaiono elementi centrali del suo annuncio. Nella
prima lettura dice San Pietro - e dice il Papa con San Pietro - a noi: "In
verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma
chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è
a lui accetto. Questa è la parola che egli ha inviato ai figli d'Israele,
recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che
è Signore di tutti" (Atti 10, 34-36). E, nella seconda lettura,
San Paolo - e con San Paolo il nostro Papa defunto - ci esorta ad alta voce:
"Fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona,
rimanete saldi nel Signore così come avete imparato, carissimi"
(Fil 4, 1).
Seguimi! Insieme al mandato di pascere il suo gregge, Cristo annunciò
a Pietro il suo martirio. Con questa parola conclusiva e riassuntiva del dialogo
sull'amore e sul mandato di pastore universale, il Signore richiama un altro
dialogo, tenuto nel contesto dell'ultima cena. Qui Gesù aveva detto:
"Dove vado io voi non potete venire". Disse Pietro: "Signore,
dove vai?". Gli rispose Gesù: "Dove io vado per ora tu non
puoi seguirmi; mi seguirai più tardi" (Gv 13, 33.36). Gesù
dalla cena va alla croce, va alla risurrezione - entra nel mistero pasquale;
Pietro ancora non lo può seguire. Adesso - dopo la risurrezione - è
venuto questo momento, questo "più tardi". Pascendo il gregge
di Cristo, Pietro entra nel mistero pasquale, va verso la croce e la risurrezione.
Il Signore lo dice con queste parole, "
quando eri più giovane...
andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro
ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi" (Gv
21, 18). Nel primo periodo del suo pontificato il Santo Padre, ancora giovane
e pieno di forze, sotto la guida di Cristo andava fino ai confini del mondo.
Ma poi sempre più è entrato nella comunione delle sofferenze
di Cristo, sempre più ha compreso la verità delle parole: "Un
altro ti cingerà
". E proprio in questa comunione col Signore
sofferente ha instancabilmente e con rinnovata intensità annunciato
il Vangelo, il mistero dell'amore che va fino alla fine (cf Gv 13, 1).
Egli ha interpretato per noi il mistero pasquale come mistero della divina
misericordia. Scrive nel suo ultimo libro: Il limite imposto al male "è
in definitiva la divina misericordia" ("Memoria e identità",
pag. 70). E riflettendo sull'attentato dice: "Cristo, soffrendo per tutti
noi, ha conferito un nuovo senso alla sofferenza; l'ha introdotta in una nuova
dimensione, in un nuovo ordine: quello dell'amore
E' la sofferenza che
brucia e consuma il male con la fiamma dell'amore e trae anche dal peccato
una multiforme fioritura di bene" (pag. 199). Animato da questa visione,
il Papa ha sofferto ed amato in comunione con Cristo e perciò il messaggio
della sua sofferenza e del suo silenzio è stato così eloquente
e fecondo.
Divina Misericordia: Il Santo Padre ha trovato il riflesso più puro
della misericordia di Dio nella Madre di Dio. Lui, che aveva perso in tenera
età la mamma, tanto più ha amato la Madre divina. Ha sentito
le parole del Signore crocifisso come dette proprio a lui personalmente: "Ecco
tua madre!". Ed ha fatto come il discepolo prediletto: l'ha accolta nell'intimo
del suo essere (eis ta idia: Gv 19, 27) - Totus tuus. E dalla madre ha imparato
a conformarsi a Cristo.
Per tutti noi rimane indimenticabile come in questa ultima domenica di Pasqua
della sua vita, il Santo Padre, segnato dalla sofferenza, si è affacciato
ancora una volta alla finestra del Palazzo Apostolico ed un'ultima volta ha
dato la benedizione "Urbi et orbi". Possiamo essere sicuri che il
nostro amato Papa sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci vede e
ci benedice. Sì, ci benedica, Santo Padre. Noi affidiamo la tua cara
anima alla Madre di Dio, tua Madre, che ti ha guidato ogni giorno e ti guiderà
adesso alla gloria eterna del Suo Figlio, Gesù Cristo nostro Signore.
Amen.
MORTE, DEPOSIZIONE E TUMULAZIONE
DI GIOVANNI PAOLO II DI SANTA MEMORIA
(Rogito - scritto in lingua latina, e qui presentato nella traduzione italiana
- deposto nella tomba, accanto alla salma di Giovanni Paolo II)
Nella luce di Cristo risorto dai morti, il 2 aprile dell'anno del Signore
2005, alle 21,37 della sera, mentre volgeva al termine il sabato, ed eravamo
già entrati nel giorno del Signore, Ottava di Pasqua e Domenica della
Divina Misericordia, l'amato Pastore della Chiesa, Giovanni Paolo II, è
passato da questo mondo al Padre. Tutta la Chiesa in preghiera ha accompagnato
il suo transito, specialmente i giovani.
Giovanni Paolo II è stato il 264° Papa. La sua memoria rimane nel
cuore della Chiesa e dell'intera umanità.
Karol Wojty?a, eletto Papa il 16 ottobre 1978, nacque a Wadowice, città
a 50 km da Cracovia, il 18 maggio 1920 e fu battezzato due giorni più
tardi nella Chiesa parrocchiale dal sacerdote Francesco Zak.
A 9 anni ricevette la Prima Comunione e a 18 anni il sacramento della Cresima.
Interrotti gli studi, perché le forze di occupazione naziste avevano
chiusa l'Università, lavorò in una cava e, in seguito, nella
fabbrica chimica Solvay.
A partire dal 1942, sentendosi chiamato al sacerdozio, frequentò i
corsi di formazione del seminario clandestino di Cracovia. Il primo novembre
1946 ricevette l'ordinazione sacerdotale dalle mani del Cardinale Adam Sapieha.
Poi fu mandato a Roma, dove conseguì la licenza e il dottorato in teologia,
con la tesi dal titolo Doctrina de fide apud Sanctum Ioannem a Cruce.
Ritornò poi in Polonia, dove ebbe alcune mansioni pastorali ed insegnò
le sacre discipline. Il 4 luglio 1958, il Papa Pio XII lo nominò Vescovo
Ausiliare di Cracovia. E da Paolo VI nel 1964 fu destinato alla stessa sede
come Arcivescovo. Come tale intervenne al Concilio Vaticano II. Paolo VI lo
creò Cardinale il 26 giugno 1967.
Nel Conclave fu eletto Papa dai Cardinali il 16 ottobre 1978 e prese il nome
di Giovanni Paolo II. Il 22 ottobre, Giorno del Signore, iniziava solennemente
il suo ministero Petrino.
Il pontificato di Giovanni Paolo II è stato uno dei più lunghi
della storia della Chiesa. In tale periodo, sotto vari aspetti, si sono visti
molti mutamenti. Si annovera la caduta di taluni regimi, alla quale egli stesso
contribuì. Allo scopo di annunciare il Vangelo compì molti viaggi
in varie nazioni.
Giovanni Paolo II ha esercitato il ministero Petrino con instancabile spirito
missionario, dedicando tutte le sue energie sospinto dalla sollicitudo omnium
ecclesiarum e dalla carità aperta all'umanità intera. Più
di ogni Predecessore ha incontrato il Popolo di Dio e i Responsabili delle
Nazioni, nelle Celebrazioni, nelle Udienze generali e speciali e nelle Visite
pastorali.
Il suo amore per i giovani lo ha spinto ad iniziare le Giornate Mondiali della
Gioventù, convocando milioni di giovani in varie parti del mondo.
Ha promosso con successo il dialogo con gli ebrei e con i rappresentanti delle
altre religioni, convocandoli talvolta in incontri di preghiera per la pace,
specialmente in Assisi.
Ha notevolmente allargato il Collegio dei Cardinali, creandone 231 (più
uno in pectore). Ha convocato ben 15 Assemblee del Sinodo dei Vescovi, 7 generali
ordinarie e 8 speciali. Ha eretto numerose Diocesi e Circoscrizioni, in particolare
nell'est europeo.
Ha riformato i Codici di Diritto Canonico Occidentale ed Orientale, ha creato
nuove Istituzioni e riordinato la Curia Romana.
Come "sacerdos magnus" ha esercitato il ministero liturgico nella
Diocesi di Roma e in tutto l'orbe, in piena fedeltà al Concilio Vaticano
II. Ha promosso in modo esemplare la vita e la spiritualità liturgica
e la preghiera contemplativa, specialmente l'adorazione eucaristica e la preghiera
del santo Rosario (cfr Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae).
Sotto la sua guida la Chiesa si è avvicinata al terzo millennio e ha
celebrato il Grande Giubileo del 2000, secondo le linee indicate con la Lettera
apostolica Tertio millennio adveniente. Essa poi si è affacciata al
nuovo evo, ricevendone indicazioni nella Lettera apostolica Novo millennio
ineunte, nella quale si mostrava ai fedeli il cammino del tempo futuro.
Con l'Anno della Redenzione, l'Anno Mariano e l'Anno dell'Eucaristia, ha promosso
il rinnovamento spirituale della Chiesa. Ha dato un impulso straordinario
alle canonizzazioni e beatificazioni, per mostrare innumerevoli esempi della
santità di oggi, che fossero di incitamento agli uomini del nostro
tempo. Ha proclamato Dottore della Chiesa santa Teresa di Gesù Bambino.
Il magistero dottrinale di Giovanni Paolo II è molto ricco. Custode
del deposito della fede, egli si è adoperato con sapienza e coraggio
a promuovere la dottrina cattolica, teologica, morale e spirituale, e a contrastare
durante tutto il suo Pontificato tendenze contrarie alla genuina tradizione
della Chiesa.
Tra i documenti principali si annoverano 14 Encicliche, 15 Esortazioni apostoliche,
11 Costituzioni apostoliche, 45 Lettere apostoliche, oltre alle Catechesi
proposte nelle Udienze generali ed alle allocuzioni pronunciate in ogni parte
del mondo. Con il suo insegnamento Giovanni Paolo II ha confermato e illuminato
il Popolo di Dio sulla dottrina teologica (soprattutto nelle prime tre grandi
Encicliche - Redemptor hominis, Dives in misericordia, Dominum et vivificantem),
antropologica e sociale (Encicliche Laborem exercens, Sollicitudo rei socialis,
Centesimus annus), morale (Encicliche Veritatis splendor, Evangelium vitae),
ecumenica (Enciclica Ut unum sint), missiologica (Enciclica Redemptoris missio),
mariologica (Enciclica Redemptoris Mater).
Egli ha promulgato il Catechismo della Chiesa Cattolica, alla luce della Tradizione,
autorevolmente interpretata dal Concilio Vaticano II. Ha pubblicato anche
alcuni volumi come privato Dottore.
Il suo magistero è culminato nell'Enciclica Ecclesia de Eucharistia
e nella Lettera apostolica Mane nobiscum Domine, durante l'Anno dell'Eucaristia.
Giovanni Paolo II ha lasciato a tutti una testimonianza mirabile di pietà,
di vita santa e di paternità universale.
...
(I testimoni delle celebrazioni e della tumulazione
)
CORPUS IOANNIS PAULI II P.M.
VIXIT ANNOS LXXXIV, MENSES X DIES XV
ECCLESIAE UNIVERSAE PRAEFUIT
ANNOS XXVI MENSES V DIES XVII
Semper in Christo vivas, Pater Sancte!
IN MEMORIA JOANNIS PAULI II
(Omelia di don Alberto Franzini durante la messa di suffragio per Giovanni
Paolo II, Duomo di Santo Stefano, Casalmaggiore, mercoledì 6 aprile
2005)
"Non abbiate paura. Cristo sa che cosa è dentro l'uomo. Solo Lui
lo sa!". Queste parole, pronunciate in piazza San Pietro durante la messa
di inaugurazione del suo ministero papale il 22 ottobre 1978, costituiscono
la chiave di volta della testimonianza e dell'insegnamento di Giovanni Paolo
II. Sono parole che vengono da lontano. Vengono dalla sua vocazione al sacerdozio,
dai suoi studi di filosofia e di teologia, dalla sua attività di professore
di etica, dal suo ministero fra i giovani, soprattutto dalla sua partecipazione
ai lavori del Concilio Vaticano II, dove il giovane arcivescovo di Cracovia
contribuì, in misura determinante, alla stesura della Gaudium et spes,
la costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. In questo importante
documento del Concilio, al n. 22, c'è un passo, continuamente citato
in tanti testi e in tanti discorsi del suo pontificato, a partire dalla sua
prima enciclica, la Redemptor Hominis (del marzo 1979), che contiene il programma
e lo stile dell'intero suo ministero successivo: "Solamente nel mistero
del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo
Cristo, rivelando
il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo
e gli fa nota la sua altissima vocazione". Questa è la "forte
antropologia" di Giovanni Paolo II, la quale spiega tutti i suoi gesti,
tutto il suo prezioso insegnamento, tutta la sua coraggiosa testimonianza,
tutto il suo "non aver paura" di alcuna sfida. L'insegnamento fondamentale
di questo Papa è stato proprio la continua, insistente affermazione
della profonda dignità della persona umana, liberandola da ogni manipolazione
ideologica e da ogni strumentalizzazione politica.
La Chiesa, quando il giovane cardinale di Cracovia fu eletto Papa, era impigliata
in una preoccupante crisi spirituale e culturale del mondo occidentale, che
Paolo VI aveva avuto l'ardire di denunciare, con toni perfino drammatici,
ma che non era riuscito ad affrontare. Il Concilio aveva certamente riportato
successi significativi, ma il clima della Chiesa postconciliare era diventato
"aspro e aggressivo", secondo una lucida analisi dell'allora arcivescovo
di Monaco, il card. Ratzinger, diventato poi uno dei collaboratori più
stretti e più fidati di Giovanni Paolo II. Sul piano culturale - si
era negli anni sessanta e settanta - si era passati dall'euforia circa le
illimitate prospettive di progresso alla disillusione e agli entusiasmi rivoluzionari.
Si stava passando dalla "stagione dei valori tradizionali" a quella
del pensiero debole, dell'individualismo radicale, del nichilismo.
E la Chiesa? Il concilio l'aveva spinta, coraggiosamente, sulle strade evangeliche
del dialogo col mondo. Ma o il dialogo con la modernità - appassionatamente
e sinceramente voluto e vissuto da papa Montini - riprendeva la strada della
radicazione nella santità e nella identità cattolica, oppure
la Chiesa era destinata a diventare lo specchio del mondo, risucchiata essa
stessa dallo Zeitgeist, dallo spirito dei tempi che in quel momento era costruito
su un umanesimo autodistruttivo e senza speranza. E fu proprio l'intesa fra
il cinquantunenne bavarese e il cinquantottenne polacco, a dare il via alla
elezione del card. Wojtyla, nel conclave che seguì alla morte di Giovanni
Paolo I. I due cardinali si trovarono istintivamente in sintonia: occorreva
ritrovare - furono le parole stesse di Ratzinger - "l'audacia di accettare,
con cuore gioioso e senza tema di sminuirsi, la follia della verità".
La parola "verità" - che costituisce il titolo di un'importante
enciclica, Veritatis splendor - è un'altra chiave per capire il ministero
di Giovanni Paolo II, o meglio è una dimensione essenziale della sua
"forte antropologia". Proprio perché egli stato sempre dalla
parte della verità, non è sempre stato capito, anzi è
stato spesso osteggiato. Ricordo, soprattutto nei primi anni di pontificato,
con quanta supponenza gli intellettuali, anche cattolici, del nostro Occidente,
guardavano al "Papa polacco": dove l'aggettivo "polacco"
aveva un sapore anche di dispregio. Ma Giovanni Paolo II non si è mai
lasciato intimorire da alcuna critica.
La persona umana è fatta per la verità, non per le opinioni,
non per la menzogna. E solo l'accesso alla verità, che si è
fatta splendore nel Verbo incarnato, può dare all'uomo quella felicità
e quella libertà dalle ideologie e dalle ideolatrie che conducono l'uomo
alla sua pienezza. Questa "verità" piena sull'uomo il Papa
l'ha predicata ai quattro venti, ai potenti e ai semplici, a Roma e sulle
tante contrade del mondo. E' una verità che riguarda tutto l'uomo:
dal suo concepimento nel grembo materno al suo tramonto, nella famiglia, nella
scuola e negli ospedali, nella Chiesa e nella società. Il suo magistero
sulla vita, sulla famiglia, sulla donna, sulla pace, sui poveri è un
prezioso patrimonio che lascia a tutta la Chiesa e che porterà frutti
negli anni a venire. E' difficile trovare, nell'insegnamento di Giovanni Paolo
II, qualche "ramo scoperto". Ogni dimensione della vita umana è
affrontata secondo l'ottica della "verità". Il suo insegnamento
spazia dai problemi sociali e politici, a quelli - attualissimi - delle frontiere
della bioetica e delle biotecnologie; dai problemi filosofici e culturali
- da qui una delle sue encicliche più forti, la Fides et ratio, che
è un canto alla dignità e alla capacità dell'uomo di
guardare al mistero trascendente - a quelli del rinnovamento della vita della
Chiesa, che hanno visto negli anni del suo pontificato alcune pietre miliari,
come il nuovo Codice di Diritto Canonico e il Catechismo della Chiesa cattolica.
La sua lotta contro ogni forma di totalitarismo, di sopraffazione, di degrado
umano, di relativismo morale, la sua ostinata predicazione sulle radici cristiane
dell'Europa (di quell'Europa che egli ha tanto amato, ma dalle cui sedi istituzionali
da tempo non ha mai ricevuto alcun invito), il suo amore alla Tradizione vivente
del deposito apostolico come alla fonte autentica di ogni progresso e di ogni
riforma nella Chiesa non provengono da alcuna ideologia politica, non sono
ascrivibili a nessuna bottega culturale, non nascondono alcuna strumentalizzazione
di parte, ma sgorgano dal suo amore appassionato all'uomo, nel quale risplende
l'immagine di Dio e sul quale si riflette lo splendore di Cristo. Riconosciamolo:
non siamo sempre riusciti a sintonizzare i nostri passi su quelli del Papa.
Lui ci precedeva sempre. E noi non siamo stati sempre capaci di andargli dietro.
Se ci chiediamo - e tanti in questi giorni se lo stanno chiedendo - da dove
Papa Wojtyla ha attinto la forza e il coraggio per un lavoro così immane,
io credo che la risposta sia una sola: dalla sua profonda fede, che quotidianamente
alimentava in una preghiera intensa e perseverante. A me è capitata
la grande fortuna di poter concelebrare la messa con il Papa nella cappella
privata del suo appartamento (era il 13 giugno 1996) insieme al Vescovo Nicolini
e ai miei compagni di ordinazione. Lì ho scoperto il segreto della
personalità di Giovanni Paolo II: il suo amore al Signore Gesù
Cristo e alla Vergine Madre Maria, alla quale si è totalmente donato
("Totus tuus" era il suo motto episcopale).
Il testamento che ci lascia è che non dobbiamo mai vergognarci di essere
cristiani, (come non ricordare quelle parole all'inizio del suo pontificato:
"Non abbiate paura. Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo. Alla sua
salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici
come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo":
che respiro ampio! Il suo cristianesimo non è mai stato un cristianesimo
bigotto, da sagrestia, intimistico o doloristico
), perché solo
così siamo veramente liberi di accogliere e di dialogare con ogni persona,
di qualunque cultura e religione. C'è, piuttosto, da vergognarci di
essere troppo poco cristiani, ossia di chiudere le porte a Cristo: quelle
del nostro cuore e quelle della nostra società. Questo è il
dramma del nostro tempo. E questa è forse anche la malattia più
oscura e più grave, anche perché è la meno percettibile
e la più subdola, della cristianità attuale.
Tantissimi, in questi giorni, giovani (che egli amava e da cui è stato
ricambiato) e meno giovani si sono recati e si stanno recando in pellegrinaggio
a Roma, sfidando anche fatiche e disagi. Perché? Io credo: per una
esigenza di gratitudine, per un bisogno di ricambiare l'amore che questo Papa
ha voluto a tutti noi, a tutta l'umanità. Ma soprattutto perché
vediamo in questo straordinario uomo una vita umana pienamente realizzata:
la sua mai nascosta fede cristiana, dall'inizio alla fine, è stata
un canto alla vita in tutte le sue forme e in tutte le sue dimensioni.
Sì, papa Wojtyla è un grande dono alla Chiesa e all'umanità.
Siamone degni! Che il fascino e il sussulto emotivo di questi giorni non si
spengano con l'attenuarsi e lo spegnersi dell'esposizione mediatica, ma si
spalmino nei passi quotidiani del nostro cammino: per essere, come lui, viandanti
e pellegrini verso l'incontro pieno con il Signore, che è il vero traguardo
della nostra umana avventura. E che il Signore ci doni presto un altro Papa,
che sappia camminare davanti a noi e con noi per indicarci ancora, con la
stessa fermezza ed entusiasmo, le strade autentiche della verità e
della libertà, che sono le strade di sempre, le strade del Vangelo,
le strade degli apostoli, di Maria e dei santi, le strade dei nostri nonni,
dei nostri papà e delle nostre mamme.